venerdì 2 giugno 2023

scrivere come dio, l’ammissibilità assoluta


Bo Summer's Toy

 

Egregio Signore,

vorrei, a costo di essere inopportuno, sottoporre alla sua visione un mio lavoro: El fistolo de l’Inferno.

Nella mia scrittura c’è il moltiplicarsi dell’immagine nei suoi elementi visivi, nei suoi tasselli costitutivi. È come prendere in mano le cose da lontano, da molto lontano: molto lontano dalla loro agitazione ma per sentirsene più in fondo, e fino in fondo, responsabile. Lì c’è la parola come intenzione iniziale e quindi, anche, come finzione conseguente, impossibilità latente, evento irrisolvibile. Ma, proprio per questo, nascita irripetibile, fuoco che brucia [davvero], trance controllata, epigrafe. Scatta accecante, in quel momento, il silenzio, vuole – e non potrebbe altrimenti – creare il silenzio: tutto dovrebbe passarvi per provocare questa cesura immaginaria, e questa tutura nell’aria ferita che è silenzio, quello almeno che l’uomo può ascoltare, sempre provocato da un accadimento, da un incidente, che appunto è tale in quanto incide nel silenzio, lo rende percepibile, il silenzio come infinito, provocato attraverso la parola [o la sua mancanza] che diviene silenziosa invece che comparato attraverso la voce.

La mia domanda è questa: sono ammissibili questi miei scritti? Parlo, sia chiaro, della loro ammissibiltà assoluta, della loro esistenza letteraria. Sono qualcosa che deve restare solo mia o può venire inserita in un contesto più ampio?

Propongo dunque questi versi all’esistenza. Questo è ciò che domando: possono esistere?

 

 

Inviai questa lettera ad Antonio Porta a metà degli anni80. Mi rispose, al telefono, la sua voce [pensai ad uno scherzo, all’inizio] che mi prometteva una vicina pubblicazione sulla rivista Alfabeta. Avvenne.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(28 dicembre 2015)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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