Col nickname “Bo Summer’s” ho raccontato un mondo a parte. Un minuscolo e miserrimo universo parallelo. Tutte le voci, le intenzioni, gli intendimenti, le parodie sono state come remixate in un piccolissimo e annoiatissimo teatro di volti rifratti, con la nenia romanzesca di un poetucolo minore, ormai scordato dal mondo letterario e mai entrato decisamente a farne parte veramente, che narrava, inascoltato quasi, ogni volta, con suono querulo e petulante, obbedendo esclusivamente e caparbiamente all’ispirazione della sua sessualità disinvolta e mai tradita e poi ancora s’arrabattava a confessare con affanno, quasi masochisticamente, al primo lettore che mai gli capitasse a tiro, il proprio sesso felicissimo, le proprie depravazioni risolte, le proprie trasognate avventure erotiche, a volte addirittura rocambolescamente realizzate, le livide striature del suo corpo e del suo animo divelti che sono come marchi d’una fin troppo assaporata e privilegiata cattiveria desiderata.
E poi ancora e ancora chiacchiere, quasi come miasmi frenetici e famelici avventori di un locale estremo che sempre più assomiglia ad un rutilante e perpetuo vortice dell’inutilità e del provvisorio, sguardi senza estetismi o bovarismi, trabocchi urticanti di parole non si sa se realmente ascoltate e veramente dette da qualcuno, e poi ancora quasi sogni d’incubo, allucinazioni verbali, risate chiassose, racconti esilaranti di sesso con sconosciuti e vero sesso XXX RATED, e in tutto questo carnaio d’approssimazioni ci sono le roboanti e imperdibili RECENSENDA e MEMORANDA, che paiono scritte da un seguace di un’irriverentissima religione aliena quasi dimenticata dall’intero universo e lasciata lì a marcire sepolta – per propria volontà, parrebbe – tra corpi seminudi, traslucidi, rivestiti di pelle o gomma, in una realtà che declina verso l’estrema finzione, nello sfumare tra la grazia e la sapienza di una tribù che persiste nella propria sopravvivenza in una fisicità da deserto delirante e assoluto fino all’estrema unzione.
Ma #ElHorno è stato l’evento che ha scatenato la narrazione. Con una scrittura e volte senza fiato, senza punteggiatura, come quando si inala eccessivo popper, si narra delle acrobazie mentali di Skeeen per giustificare una sessualità fuori dal pregiudizio. Una festa terribilmente Anni ’80, dove il timore e la credenza che l’AIDS siano una invenzione del nemico, danno il la alla più estrema concezione del sesso per il sesso. Tutto viene giustificato e incasellato, in questo libro, con teorie sessualmente scorrette che rasentano il barbaro tentativo di una sublimazione celeste. Combattere la morale contraddittoria che da un lato spinge alla vergogna e dell’altro mercifica il sesso e traspone i corpi come meglio crede, come più gli comoda, li banalizza rendendoli accettabili “con la nostra mostra invece proponiamo, come un antidoto, ironia, disubbidienza, piacere, desideri e un bel ’ffanculo a tutti”.
E ancora il concetto, tipico di quegli anni, all’inizio del contagio dell’AIDS: “questa malattia che è una invenzione dei media per attaccarci e non lasciarci la nostra libertà animale… e via, e via, i casi sono rari, non è come la descrivono la situazione in America, non è vero che la gente muore, io guardo prima una persona, si capisce se uno sta male o no”, dice e affonda. Si racconta della prima dichiarazione d’amore per Godz “adesso ho come la certezza che la vergogna non mi spingerà più a barcollare come contro la mia volontà, a stendermi per terra, con il viso nascosto nella neve, oppure osando a malapena guardare il cielo: Godz lo amo”. E se in una mente turpe nascesse un sentimento? Qui se ne sonda il concetto con una consapevolissima affabulazione soporifera ed ipnotica. Le continue visione dell’uomo appeso alla sling e la voceincorsivo di Nina Hagen che parla ad ogni fist che parte. È un atto d’amore e anche noi, quando cerchiamo d’imparare che cosa significhi amare, non finiamo per perderci nella riflessione che pensa intorno all’amore? non perdiamo tempo pensando di amare invece di amare? Un loop continuo, un fist infinito sulle nostre sling mentali? Ma sul nostro cammino cade lenta, costantemente, una luce che illumina il nostro amore. Dalla festa alla descrizione dello stupro. Passo breve, “come colpito da un flashback. Da credere che l’uomo è come circondato… e via, e via, più che picchiarlo sembra che voglia fargli sentire proprio il contatto del suo corpo, delle sue mani, dei suoi palmi caldi contro la pelle chiara del viso”.
Bo Summer ha narrato la nascita del fetish, il voyeurismo, il trimmer, goldenshower… e di altre amenità.
Si è tentata una narrazione “forte”, stratificata, scritta solo per anime sensibili… ma la realtà spesso supera la fantasia. Diviene così una qualche logica, il vero, ciò che è possibile, le virgole di rosata luce che caricano il pianto, l’incantato discorrere, gli stessi fatti preoccupanti, la malattia incombente e l’incombente amore, il sesso estremo e l’estremo razionalizzare il pensamento del protagonista: le cose prendono forma, anche distrattamente ma prendono una forma: tutto serve per grazia o per volontà, smette d’essere sapienza, storia o profezia. Smette d’essere scrittura. E smette di scrivere.
In mezzo a tutto questo, sesso a dispersione, come un colpo al cuore, come se la malattia non esistesse, come se l’AIDS fosse solo una tremenda immaginazione, un fatto di scimmie e San Francisco. Pieni Anni ’80.
E poi ancora le frasi profetiche che nessuno ha letto: ma se mi lascio trascinare dallo zelo del fedele sguardo del mio raccontare, finisco con l’accusarmi di secondi fini, che non ho, per darmi l’apparenza dell’uomo sincero che certo non cerca di risparmiarsi le umiliazioni: non è quindi per il piacere di intrattenerti su me stesso che parlo, e neppure per esibire le belle nottate di una volta, il gran sipario della mia mestissima follia! Di questo solo beandomi placidamente. È proprio vero che, seppure illuminato dalla bellezza, io ho pronunciato un voto per il quale ero tenuto da quel momento ad osservare un mesto e dignitoso silenzio. Sono dunque una specie di tristo spergiuro?
E in tutto ciò sono cominciate le mie narrazioni visionarie.
Questo luogo dello scrivere, dal quale un pubblico deluso si è allontanato da molto tempo alzando le spalle. Già mi sento chiedere come negli anni si sia potuto dimenticare di trascrivere proprio quello che è più significativo o comunque più piccante in questo luogo, ovvero il brusio di nomi d’arte e di battaglia… ne avreste trovati tantissimi, se solo mi si fosse letto, uno spassosissimo elenco. Un nemmeno occultato omaggio a Jean Genet.
Mentre balli o ti aggiri, incontri sempre qualcuno che ti chiede “stai bene?”, a risposta affermativa tira un sospiro di sollievo, ti sorride o ti abbraccia e si ferma a chiacchierare un po’, non hai bisogno di essere uno strafigo per poter partecipare all’empatia generale, dopo un po’ tutte le endorfine si stimolano da sole al ritmo dei corpi che si palpano anche del tutto senza rendersene conto, gli americani l’hanno chiamata AIDS (Aquired Immune Deficiency Sindrome) ed è un flagello che sta sterminando morti da un capo all’altro del continente, rilevata per la prima volta in un gruppo di omosessuali di Los Angeles è stata battezzata cancer gay, in realtà il cancer gay è stato poi scoperto anche ad Haiti e poi è approdato in Europa e non solo fra i gay, ma ancora nessuno ci crede: “Hei!, creatura!!, non crederai alle notizie delle tele!”.
Tutto si dipana nel convincimento dell’enorme differenza e nell’aver trovato giusto motivo di esaltarsi per quanti sacrifici vengano poi consumati in nome della scrittura e quanto orrore e fretta e castigo poi e punizione nella felicità e negli incontri di luce ma non altro pare potrebbe giustificare tutti i comportamenti e le manie e le estenuanti ricerche.
Nel mezzo del vasto fiume delle cose, non far nulla, imparare a vedere ed ascoltare. Nel mezzo della strada vuota del non fare più nulla, una linea bianca va rimpicciolendo in fondo, sulla superficie livida e ghiacciata dell’asfalto di una vita dissoluta, zebrata da chiazze di neve di sperma.
“Scusa non potresti rimetterti quel copricapo da tartaro che avevi prima? Ma non l’ho più, è andato via, l’ho disfatto, non ti guardare sempre indietro, la vita cambia continuamente, guarda quanti altri bei copricapi ho”. Perché anche i poeti, a un certo punto della loro esistenza, scrivono narrazioni? Il corpo fatale di tutti quanti gli orgasmi è in tutte le storie diventa primario e disturbante. E ci siete anche voi, a modo vostro, naturalmente. Col vostro “chissenefrega”. Andarsene non è sfuggire: il desiderio sia luce nel corpo di tutti. Chi ricorda certe crudeltà espresse, qui troverà pane per i suoi denti, qualcosa che ormai non esiste più nelle attuali quotidianità. Il pane delle parole, appunto, il prezzo dato ai pensieri di cui si ha bisogno, di cui avete ancora necessità, anche a costo di strappi e colpi, viaggi imbarazzanti, descrizioni di bellezze sessuali su cui ci si può eccitare senza temere alcun pericolo. Il pericolo congenito degli eventi, intendo.
È come vivere in un paesaggio dell’emozione, una regione superiore dell’amore definitivo, proprio dove si scavano sepolcri eternamente vuoti, quando la metamorfosi fisica finale conferisce qualche tratto di nobiltà. Questa è la vera passione: scrivere, per sempre, anche inascoltati, non pubblicati. Ognuno può scrivere, bene o male, può scrivere: bella e nobilissima concezione della sessualità!, quindi perdere l’equilibrio, cadere faccia avanti e non poter fare altro, quindi taccio, adesso, taccio perché sono sfinito da un tale eccesso: queste parole, queste parole, tutte quante queste parole, senza vita, che sembrano perdere perfino il senso del loro suono spento.
Se è vero che la loquacità cresce fino alla più folle esaltazione davanti al consenso o alla contraddizione, essa resiste però molto onorevolmente anche di fronte all’indifferenza e alla noia.
Tanto io sono un uomo reale? O un’ombra? Oppure nulla, assolutamente nulla? Ho acquistato spessore per il solo fatto di avervi parlato a lungo? Mi immaginate dotato di altri organi oltre alla lingua? Vi è possibile identificarmi con il proprietario della mano destra che sta per toccarvi il capezzolo sinistro con la punta delle dita? Come saperlo? Non aspettatevi che denunci da solo chi sono io.Tutto vuoto intorno rimane lo scenario.
Della mia storia passata di scrivente, pochi sanno, pochi sapevano e pochi sapranno. Ma ora qualcosa di tutto questo mio scrivere passato e presente è ritornato come a dire: Signore e Signori sono ancora qui. È stato un buon tempo, questo, per questa mia narrazione che in tutto il periodo della sua stesura, che è durata 10 anni quasi, ha avuto non poche difficoltà e rifiuti. E qui chiude. Altre cose ho già in cantiere, troppo silenzio ho subito.
Uno grazie speciale a chi ha creduto che questa mia storia fosse possibile renderla pubblica con questa edizione e che mi ha ospitato nemmeno pensandoci un attimo, su di un portale che stimo, mettendoci la faccia, dandomi ancora voce.
Grazie alla pazienza di Max, e alla silenziosa presenza del Capo. Non mi hanno mai censurato un solo rigo. Mai. Probabilmente mi sono più censurato da solo di quanto non lo abbiano fatto loro.
Gaiaitalia.com mi ha dato una seconda occasione di esistere con Bo Summer, la terza non l’avrò.
Un grazie a chi mi ha letto ma anche a chi proprio non mi ha preso, nemmeno minimamente, in considerazione spiegandomi, sottilmente, che di talune cose si può fare tranquillamente senza e sopravvivere in un’orgia di voci più quotidiane.
Ricordo a tutti che, a nome di Bo Summer, non ho fatto soltanto narrativa ma ho cercato di fare critica costruttiva interna al movimento LGBT. Ma “chissenefrega”, appunto.
Un grazie a tutti. E a Ymo.
bo summer’s
Fabio Galli, curatore dell’opera omnia di Bo Summer, è stato redattore della rivista “Poesia” (Crocetti editore). Ha pubblicato: prima, nella storia, ancora, Bandecchi e Vivaldi editori, 1995;
Balli e Canti, edizioni Pulcinoelefante, 1993; Caròla, Crocetti editore, 1992; Impura, edizioni Tracce, collana I campi magnetici, 1986; Melancholia, versione da Paul Verlaine, edizioni l’Obliquo, 1992 (ripubblicata con una nota introduttiva da www.gaiaitalia.com qui e qui; Il saggio Di una lettura di The Waste Land, è apparso su Post scriptum, Aprile 1988 (ripubblicato da www.gaiaitalia.com qui.
Suoi versi sono apparsi, con vari pseudonimi, tra la metà degli anni’80 e gli anni’90, su riviste quali Alfabeta (con presentazione di Antonio Porta), Poesia (antologizzato da Milo De Angelis in “I poeti di trent’anni”), Tracce, Via Lattea, Offerta Speciale.
Alcune poesie sono incluse nell’antologia Trame della parola (la nuova poesia degli anni ’80) a cura di Antonio Spagnuolo, edizioni Tracce, 1985 e nel volume A Marino per Moretti, casa Moretti, 2000.
A metà degli Anni ’90 è stato direttore responsabile della rivista “Mix, viaggiare attraverso altre culture”, C&A edizioni, Monza.
Di lui non si sa più nulla
(6 luglio 2014)
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