A dargli tutto quel tempo che gli occorre, Skeeen è davvero capace di provare e d’impartire l’estasi esattamente lungo tutto quanto il locale… Skeeen non può proprio celarlo nemmeno a se stesso: a mala pena domina l’ansia che in quest’attimo l’assale, allorché, sospinto dal suo stesso interesse si risolve a trascrivere soltanto mentalmente – ma accuratamente, ma molto al di sopra di enigmatiche parole, come fosse una cosa attigua a carceri questo pensamento, come fosse suo remoto parente questo strazio straziante che strazia ma come costretto fosse a conviverci, come fosse un orizzonte velato e oscuro, come fosse un piano secolare, come fosse un mandamento ma orrendamente divino -, la copia affrettata, come fosse, di tutti quanti gli avvenimenti passati e anche futuri della sua vita… e via, e via, e via… ma proprio alcuni di questi avvenimenti, già da molto prima d’incominciare, hanno animo – muto forse, silenziosissimo ma simile a tifone grandissimo – adulto e fanciullo insieme: terra e melma e paura brulla e quasi mancamento e ancora lontananza da primissimo desiderio sono questi avvenimenti. niente d’altro da aggiungere, niente d’altro da dire:
A dargli tempo, quindi, Skeeen è proprio capace d’inebriarsi, d’ubriacarsi nel cuore stesso dell’inferno abissale de El Horno: “il nome del posto è di per sé già strano, è come meraviglioso presagio, non tanto allettante ma come non cedere alla tentazione”, dice nella sua mente Skeeen, “al disarmo totale che prevede un luogo come questo: le luci appena visibili colpiscono in tutta la loro vera crudeltà: una poesia del trasalimento” e via, e via, e via,...
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