sabato 19 ottobre 2024

Pasolini Giovannetti Cefis

Il caso del capitolo mancante di Petrolio, il romanzo incompiuto di Pier Paolo Pasolini, è una di quelle storie che ci fa pensare a quanto l'Italia sappia essere un mix di misteri, politica e, ovviamente, cospirazioni degne di un thriller da Oscar.

Giovanni Giovannetti, fotografo e giornalista, si è inserito nel dibattito con dichiarazioni abbastanza esplosive. Secondo lui, quel famoso capitolo mancante non sarebbe altro che l'"Appunto 21," un tassello chiave del libro che tratta dei legami tra il potere economico e quello politico, con riferimenti alla strage di Piazza Fontana e ai misteri di Stato. Ma questo capitolo non è stato semplicemente dimenticato in qualche cassetto. No, qui si parla di un deliberato occultamento.

Giovannetti afferma che il capitolo non è sparito per caso: sarebbe stato rubato da mani che sapevano benissimo quanto fosse scottante quel materiale. L'idea che un'opera come Petrolio, che già di per sé rappresenta una feroce critica ai giochi di potere, abbia subito questo "trattamento speciale" non è poi così assurda, considerando il contesto dell'Italia degli anni ’70 e il clima di tensione politico-sociale dell'epoca.

Secondo alcune teorie, proprio quel capitolo mancante avrebbe messo a nudo non solo personaggi di spicco dell'economia, ma anche collegamenti tra politica e servizi segreti, quegli intrecci che oggi chiameremmo "deep state". Ecco perché, a detta di Giovannetti, quel capitolo era scomodo. Non è difficile immaginare perché qualcuno avrebbe preferito che non vedesse mai la luce.

Insomma, la vicenda del capitolo mancante di Petrolio è un perfetto esempio di come Pasolini non solo sia stato un intellettuale di rottura, ma anche di quanto il suo lavoro fosse pericoloso per chi deteneva il potere. Pasolini ci ha lasciato una traccia del puzzle, ma forse qualcuno ha deciso che quel pezzo finale fosse troppo esplosivo per essere messo insieme.

Giovanni Giovannetti non si è trattenuto dal fare nomi quando si è trattato di chi avrebbe potuto essere coinvolto nel furto del capitolo mancante di Petrolio. Ha infatti puntato il dito contro ambienti specifici: in particolare, ha indicato nomi legati all'ex dirigente dell'Eni, Eugenio Cefis, una figura chiave della politica industriale italiana dell'epoca, nonché uomo di potere con connessioni ai vertici dello Stato e dei servizi segreti.

Cefis, secondo Giovannetti, sarebbe stato uno dei principali bersagli delle denunce pasoliniane, poiché incarnava quel connubio fra affari, politica e misteri di Stato che Pasolini voleva smascherare. Proprio in relazione a Cefis, Pasolini nel suo capitolo mancante avrebbe raccontato di giochi di potere che legavano l'Eni a ombre ben più fitte e oscure, coinvolgendo anche eventi come la strage di Piazza Fontana.

Giovannetti ha collegato il furto del capitolo proprio a queste denunce esplosive. Non solo: ha suggerito che i servizi segreti italiani o elementi affini al potere economico-politico avrebbero agito per far sparire questo tassello imbarazzante. Il silenzio su certe questioni, la sparizione di documenti, e la morte di Pasolini nel 1975, per molti versi ancora avvolta nel mistero, rendono tutto questo non solo plausibile, ma una cospirazione che sembra uscita da un noir politico.

Insomma, i sospetti di Giovannetti non sono rivolti solo a dei "ladri" di capitoli, ma a figure potenti che volevano preservare il loro status eliminando prove compromettenti, e facendo in modo che certe verità non venissero mai rivelate.