Sulla banchina della metro,
tra i rumori assordanti e la calca d’indifferenza,
lo guardavo, quell’uomo bellissimo,
occhi che tagliavano il buio.
Ma la paura mi serrò la gola,
un silenzio vigliacco che si fece condanna.
Una volta, alla fermata dell’autobus,
ebbi l’ardire di avvicinarmi a uno sconosciuto,
sperando di spezzare il gelo di questa città,
eppure finì tutto in rovine,
nel disprezzo e nel fallimento.
Oggi, il primo amore è polvere,
lasciato a marcire in un angolo di memoria.
Resto qui, circondato da fantasmi,
la vita si rivela un oltraggio,
una genesi di veleno e menzogne,
concepito da mani che non meritarono pietà.
Nessun perdono a chi mi generò,
nessuna redenzione per il mio esilio.
Sono l’opera di una crudeltà celata,
un sigillo infranto, un patto maledetto.