venerdì 3 gennaio 2025

dialogo

– Sai qual è il nostro vero compito in questo mondo?

– Quale? Sopravvivere a questa frana che non smette mai di avanzare, che inghiotte ogni passo che facciamo, che ci lascia sempre più piccoli, sempre più fragili, come se fossimo solo polvere dispersa in un vento che non smette mai di soffiare? Navigare tra le rovine di ciò che eravamo, come dei naufraghi su un mare che non conosce approdi? Ogni respiro, ogni movimento, ogni gesto sembra essere un atto di resistenza contro un mondo che non ha più posto per noi. Il nostro corpo è una prigione che non cessa di deteriorarsi, ogni giorno che passa è un nuovo tradimento, un abbandono che si consuma lentamente. Eppure, non ci fermiamo. Perché non ci fermiamo? Cosa ci spinge a continuare? Forse la convinzione che, prima o poi, tutto ciò finirà. Ma finirà mai? O forse la vera natura del nostro essere è quella di essere intrappolati in una spirale infinita, senza alcuna speranza di trovare una via d'uscita? La morte è solo l'idea che ci permette di sfuggire al peso insopportabile della vita, ma è una via che non ci è permessa, non ancora. Eppure, sembra che ogni passo che facciamo sia un tentativo di dimenticare ciò che siamo diventati, di nascondere la nostra condizione, di creare una maschera che ci faccia sembrare vivi, mentre in realtà siamo solo ombre di noi stessi.

– No. Non sopravvivere. Fallire. E farlo senza l'illusione che, prima o poi, troveremo un modo per riscattarci, per superare il buio che ci circonda. Il nostro compito, l'unico compito che ci è concesso, è fallire. E farlo senza speranza di redenzione, senza la pretesa che ci sia una luce alla fine di questo tunnel che non ha fine. Non c'è un punto in cui la sofferenza si ferma, non c'è una fine che giustifichi il cammino. Solo la caduta, sempre più profonda, sempre più irreversibile. E ogni volta che pensiamo di essere arrivati a fondo, scopriremo che il fondo non esiste. Non c'è mai un punto d'arrivo. Solo un continuo scivolare nell'abisso, un movimento che ci porta via da noi stessi. La nostra esistenza è fatta di una serie infinita di fallimenti. Eppure, nessuno di noi ha il coraggio di guardare in faccia questa verità. Ogni tentativo di sollevarci è solo una forma di resistenza, una piccola illusione che ci consente di continuare a vivere. Ma se fossimo onesti con noi stessi, ammetteremmo che la nostra vita è fatta solo di una lunga serie di sconfitte, che ogni speranza che abbiamo è destinata a svanire nel nulla. Non c'è nessuna grande missione che dobbiamo compiere, nessun ideale per cui vale la pena combattere. L'unica verità che possiamo accogliere senza paura è il nostro fallimento, e quando lo accetteremo completamente, smetteremo di cercare di fuggirne.

– Fallire… È come una cicatrice che non scompare mai, un marchio che ci accompagna ovunque andiamo. Ogni volta che sentiamo quella parola, è come se venissero rivelate le nostre colpe più profonde, quelle che neanche noi avevamo il coraggio di guardare. Non abbiamo forse già fallito abbastanza, tu non pensi? Ogni giorno che passiamo, ogni passo che facciamo, è un passo più vicino alla nostra rovina, un passo più vicino a una fine che non arriva mai. Non è questa la definizione di fallimento? Non è forse questa la nostra realtà? Non è forse questo il nostro destino, la nostra condanna? Siamo destinati a vivere in un mondo che non ha più posto per noi, in cui le nostre azioni non hanno più significato, in cui i nostri desideri e le nostre ambizioni sono solo fumi che svaniscono nel nulla. La verità è che siamo già morti, ma non lo sappiamo. La vita che stiamo vivendo è solo un'estensione di una morte che ci precede e che ci segue, un cammino che percorriamo senza consapevolezza, senza speranza, senza futuro. E ogni volta che pensiamo di essere vivi, stiamo solo cercando di riempire un vuoto che non si può colmare. Non è forse questa la definizione di fallimento? Eppure, ci ostiniamo a respirare, a muoverci, a sperare, come se avessimo ancora qualcosa da guadagnare.

– Non basta mai. Non importa quanto cerchiamo di rialzarci, di alzarci in piedi, di dare un senso a ciò che facciamo. Non importa quanto ci illudiamo di poter cambiare le cose. Il fallimento non è una semplice parentesi nella nostra vita, è l'unica costante che possiamo trovare. Non possiamo sfuggirgli. È dentro di noi, e ogni volta che proviamo a rifiutarlo, lo abbracciamo ancora di più. È la nostra verità, la nostra essenza. Ogni volta che pensiamo di essere arrivati a un punto di cambiamento, scopriremo che siamo ancora più persi di quanto avessimo immaginato. Non c'è redenzione, non c'è soluzione. Non c'è niente da fare. Ogni volta che ci illudiamo di avere il controllo, di poter scrivere la nostra storia, siamo solo vittime di un destino che non possiamo cambiare. È la schiavitù più subdola, quella della mente, che ci convince di poter fare qualcosa, quando in realtà siamo solo puppets in mano a forze che non possiamo vedere. Eppure, nonostante tutto, resistiamo. Ci aggrappiamo a ciò che ci resta, anche se non è nulla. Ogni nostro atto di resistenza è un atto di sottomissione, ma non possiamo fare a meno di farlo. Ogni volta che pensiamo di essere liberi, scopriremo che siamo prigionieri di un sistema che non ha alcun interesse per noi.

– E allora cosa ci resta, quando tutto sembra svanire? Se il nostro mondo si sgretola sotto i nostri piedi, se ogni legame che avevamo, ogni sogno che coltivavamo, si dissolve come sabbia tra le dita, cosa ci resta? Non sarebbe più onesto fermarsi, abbandonare tutto, arrendersi alla realtà così com'è, senza cercare di lottare, senza illudersi che ci sia una via di uscita? Non sarebbe più semplice cedere, mollare, e smettere di soffrire per qualcosa che non esiste? Ma anche la resa è solo un'altra forma di lotta, una lotta contro noi stessi. La nostra esistenza non ci permette di fermarci, perché ogni respiro è una continua affermazione del nostro essere, anche quando vorremmo negarlo. Eppure, nonostante tutto, ci ostiniamo a lottare contro il destino che ci è stato assegnato, come se ci fosse una possibilità di vittoria. Ma non c'è. Non c'è una via d'uscita, e nessuna gloria ci aspetta alla fine del nostro cammino. La morte stessa non è altro che una continuazione del nostro errore.

– Nulla. Non c'è nulla che ci appartenga più. Non c'è più una speranza che possa risollevarci, non c'è un sogno che non sia stato infranto. Non c'è niente che possa restituirci ciò che abbiamo perduto. Eppure, la cosa più paradossale è che non possiamo fermarci. La nostra vita è diventata una corsa continua, senza alcuna direzione, ma non possiamo farne a meno. Non possiamo fermarci, non possiamo trovare pace, perché la pace non esiste. Il vuoto che ci circonda è così grande che non possiamo più vedere la fine. Ogni passo che facciamo è un passo verso l'abisso, ma non c'è mai un impatto. Non c'è mai una conclusione. Solo il movimento perpetuo, solo la discesa. Ogni giorno è solo un altro giorno in cui il nostro spirito si indebolisce, ma non possiamo fermarci. L'unica cosa che ci resta da fare è camminare, anche se sappiamo che ogni passo è un passo verso la nostra fine. Ma cosa faremo quando non avremo più la forza di camminare? Cosa accadrà quando saremo troppo stanchi per andare avanti? Sarà la fine? O semplicemente l'inizio di un'altra caduta?

– Eppure camminiamo, come se ci fosse un senso in tutto ciò. Come se avessimo ancora una meta da raggiungere. Ogni passo è come una piccola resistenza contro l'ineluttabilità, ma non ci accorgiamo che stiamo solo camminando verso il nulla. Non c'è nessuna salvezza, nessuna speranza, ma continuiamo a cercarla, come se fosse ancora possibile trovarla. Perché? Perché siamo così attaccati a questa illusione? Perché, nonostante tutto, non riusciamo a lasciarla andare? Perché ci aggrappiamo a una speranza che sappiamo non può mai concretizzarsi? La verità è che non possiamo fare a meno di sperare, perché la speranza è l'unica cosa che ci tiene in vita, anche quando tutto il resto ci abbandona. Ma, alla fine, la speranza è solo un altro modo di ingannare noi stessi, un altro tentativo di nascondere la realtà dietro una maschera.

– Non c'è speranza. Non c'è alcuna via d'uscita. Ma c'è un impulso che ci spinge a continuare. È la stessa forza che ci fa alzare ogni mattina, che ci costringe a muoverci, a cercare un significato dove non ce n'è. È una forza cieca, priva di ragione, ma che non ci lascia mai. Come una corrente sotterranea che ci trascina verso il basso, che non ci permette di fermarci. È un destino che non possiamo sfuggire. Non possiamo scegliere di fermarci. Non possiamo scegliere di liberarci da questo fardello. Perché, anche quando pensiamo di aver trovato una via per uscire, ci rendiamo conto che non esiste alcuna via d'uscita. Il nostro destino è quello di muoverci, di vivere, di sopravvivere, ma senza mai trovare un motivo per farlo. E ogni volta che pensiamo di poter rompere il ciclo, scopriamo che il ciclo è inarrestabile, che non possiamo fare altro che seguire il suo flusso. E, nonostante tutto, continuiamo a resistere. Ogni nostro tentativo di ribellarci è solo un altro atto di sottomissione.

– Eppure, nonostante tutto, resistiamo. Ci aggrappiamo a ciò che ci resta, anche se non è nulla. Ogni nostro atto di resistenza è un atto di sottomissione, ma non possiamo fare a meno di farlo. Ogni volta che pensiamo di essere liberi, scopriremo che siamo prigionieri di un sistema che non ha alcun interesse per noi. Siamo ingranaggi di una macchina che non smette mai di girare, ma che non ci porta da nessuna parte. Ogni nostra azione, ogni nostra parola, è solo un piccolo pezzo di un puzzle che non avrà mai una soluzione. Non possiamo scappare. Non possiamo cambiare nulla. La nostra resistenza è solo un altro modo di accettare il nostro destino.

– E se non possiamo cambiare nulla, se tutto è predestinato, se ogni nostro sforzo è inutile, allora cosa ci resta?

– Resta il fallimento. L'unica verità che possiamo abbracciare. Il nostro fallimento è la nostra unica costante, la nostra unica certezza. Il fallimento è la nostra ombra, la nostra compagna di viaggio. E, forse, alla fine, è tutto ciò che meritiamo. Non c'è una fine. Non c'è una conclusione. C'è solo la continua discesa, la continua caduta, in un abisso che non smette mai di inghiottirci. Ogni passo che facciamo ci avvicina sempre di più a una fine che non arriva mai. Non c'è redenzione, non c'è salvezza. C'è solo il nostro fallimento, che ci accompagnerà fino all'ultimo respiro.