Presidente Meloni, mi rivolgo a Lei con un misto di incredulità e amarezza. Non è facile scrivere queste parole, ma credo che sia necessario farlo, perché quanto è accaduto con il suo recente post su Paolo Borsellino non può e non deve passare inosservato. La memoria di uomini come lui non può essere manipolata, non può essere piegata alle logiche della propaganda. Eppure, questo è ciò che sembra accadere.
Quando ho letto, mi sono sentito a disagio. Ha ricordato il compleanno di Paolo Borsellino parlando di lotta alla mafia, di esempio che vive nelle vostre azioni, e ho pensato: ma si rende conto del significato di quelle parole? Si rende conto dell’abisso che separa la figura di Borsellino e il sacrificio che ha fatto dalle politiche che il suo governo porta avanti? Oppure, e questa è la domanda più inquietante, queste frasi sono state scelte volutamente per appropriarsi di una memoria che non vi appartiene, nel tentativo di legittimare azioni che con quella memoria non hanno nulla a che fare?
Lei parla di lotta alla mafia, Presidente, ma mi chiedo cosa significhi davvero per lei. Perché la lotta alla mafia non è solo una questione di retorica, di commemorazioni, di eventi ufficiali. Non si combatte la mafia solo con i discorsi: si combatte con le azioni, con le scelte politiche, con le priorità che un governo decide di mettere al centro della propria agenda. E qui sta il problema: quali sono le azioni che il suo governo può rivendicare come ispirate dall’esempio di Paolo Borsellino?
Forse si riferisce alla scelta di togliere il reddito di cittadinanza a milioni di persone in difficoltà, lasciandole senza alcun sostegno economico? È questa una misura degna di Paolo Borsellino, che ha sempre lottato per un’Italia più giusta e solidale? Oppure intende il rifiuto di introdurre un salario minimo dignitoso, che continua a condannare milioni di lavoratori a condizioni di sfruttamento e precarietà? È questa l’eredità morale che lei intende portare avanti?
E che dire del trattamento riservato ai pensionati, a cui viene concessa la miseria di pochi euro al mese in più, mentre si continuano a favorire le banche, le multinazionali, i fondi speculativi? È questa l’Italia che sognava Borsellino, un Paese in cui i deboli sono sempre più deboli e i potenti sempre più potenti?
Ma il problema non sono solo le politiche, Presidente. Il problema è anche la compagnia che lei e il suo governo scegliete di frequentare. Guardiamo agli uomini e alle donne che fanno parte della sua coalizione: parliamo di Berlusconi, il cui operato politico è stato segnato da una sistematica difesa degli interessi personali a scapito del bene comune. Parliamo di Marcello Dell’Utri, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, e di Totò Cuffaro, che distribuiva cannoli ai mafiosi. Parliamo di Raffaele Lombardo, di Augusta Montaruli, di Roberto Formigoni, di Daniela Santanchè: nomi che evocano scandali, condanne, privilegi ingiustificati.
E poi ci sono i gesti simbolici, che parlano più forte di qualsiasi parola. Come dimenticare Claudio Durigon, che proponeva di cancellare un parco dedicato a Falcone e Borsellino per intitolarlo al fratello di Mussolini? O i giovani militanti di Fratelli d’Italia che non nascondono le loro simpatie per movimenti neofascisti come CasaPound e Forza Nuova? O ancora, i tanti episodi in cui esponenti della sua area politica hanno cercato di riscrivere la storia, minimizzando o addirittura giustificando eventi e ideologie che rappresentano il contrario dei valori per cui Falcone e Borsellino hanno dato la vita?
Presidente, la memoria di Paolo Borsellino non può essere trattata come una bandiera da sventolare a piacimento. Non può essere usata come strumento di propaganda, soprattutto quando le azioni di chi la rivendica vanno in direzione opposta a ciò che Borsellino rappresentava. La lotta alla mafia non è un argomento da usare per compiacere i propri elettori o per costruire consenso. È una responsabilità, un impegno che richiede coerenza, sacrificio, coraggio.
E allora, mi permetta di chiederle: dov’è il coraggio del suo governo? Dov’è la coerenza? Dov’è la volontà di sacrificare qualcosa per il bene comune? Perché finora ciò che abbiamo visto è un governo che non ha esitato a sacrificare i più deboli, i più vulnerabili, pur di tutelare gli interessi di pochi privilegiati. Un governo che si è dimostrato più attento alle esigenze delle élite che a quelle dei cittadini comuni. Un governo che, invece di combattere le disuguaglianze, le ha amplificate.
Onorare Paolo Borsellino significa fare scelte diverse. Significa mettere al centro della propria azione politica la giustizia sociale, l’equità, la dignità delle persone. Significa investire in istruzione, cultura, lavoro, perché solo così si può combattere veramente la mafia: togliendole il terreno su cui cresce, che è fatto di ignoranza, povertà, mancanza di opportunità. Significa difendere i diritti dei lavoratori, garantire un salario equo, proteggere i più deboli. Significa, in altre parole, costruire un’Italia più giusta, più solidale, più umana.
E invece, Presidente, ciò che vediamo è il contrario. Vediamo un governo che parla di legalità, ma poi sostiene chi ha usato il potere per arricchirsi illegalmente. Vediamo un governo che parla di giustizia, ma poi si oppone a qualsiasi misura che possa ridurre le disuguaglianze. Vediamo un governo che parla di lotta alla mafia, ma poi fa scelte che rischiano di rafforzarla, perché indeboliscono le istituzioni, penalizzano la scuola, lasciano soli i cittadini.
Presidente, le sue parole su Paolo Borsellino sono state un insulto alla sua memoria. E se vuole davvero onorarlo, deve fare di più. Deve dimostrare, con i fatti, che il suo governo è dalla parte della giustizia, della verità, del bene comune. Deve smettere di usare la retorica e cominciare a lavorare per costruire l’Italia che Borsellino sognava. Perché le parole contano, ma i fatti contano di più. E fino a quando i fatti del suo governo continueranno a tradire le sue parole, non ci sarà post commemorativo che potrà cancellare questa contraddizione.
Per rispetto di Paolo Borsellino, Presidente, le chiedo: non confonda più l’oro con l’indifferenziata. Non usi più il suo nome a sproposito. Non parli più di esempio e di azioni, se queste non sono all’altezza del sacrificio che lui ha fatto. Perché Borsellino non è un nome qualsiasi: è un simbolo, un faro, un esempio di ciò che l’Italia può essere, se ha il coraggio di lottare per ciò che è giusto. E lei, Presidente, ha il dovere morale di rispettarlo.