martedì 21 gennaio 2025

Non importa quanto il mercato del libro si faccia grande...

Non importa quanto il mercato del libro si faccia grande, quanto crescano le sue strutture e quanto affinino le sue strategie di controllo e dominio, la vera letteratura non può mai e poi mai piegarsi alle sue logiche. La letteratura è un’arte ribelle per definizione, un atto che sfugge alle categorizzazioni, ai compromessi, alle regole dettate da interessi economici o da mode passeggere. Essa appartiene a un altro regno, un regno fatto di libertà, di intuizione, di esplorazione. Finché è il mercato a seguire la letteratura, a lasciarsi ispirare dalla sua forza creativa e dalla sua energia inesauribile, entrambi possono convivere, crescere, prosperare e dare vita a una relazione in cui uno alimenta l’altro. Tuttavia, non appena le regole si ribaltano, non appena la letteratura inizia a sottomettersi alla folle logica del profitto e dell’omologazione, il suo destino diventa segnato: la sua fine, inevitabile e immediata, non tarderà ad arrivare.

È in quel preciso momento che le parole perdono il loro significato autentico, la loro capacità di farsi carico della verità, di raccontare l’indicibile, di scuotere nel profondo. Le parole, che un tempo erano scintille capaci di accendere le menti e i cuori, diventano meri strumenti per soddisfare la domanda di mercato. La loro misura non è più la bellezza o la profondità, ma la loro vendibilità, la loro capacità di essere trasformate in merce da consumare. La scrittura, spogliata della sua forza primigenia, ridotta a semplice oggetto commerciale, cessa di essere un atto creativo, una ribellione contro l’ordine costituito, per trasformarsi in un prodotto fabbricato in serie, omogeneo e privo di anima. Il rischio di questa trasformazione è terribilmente concreto: una letteratura che si riduce a seguire le leggi del mercato finisce per perdere se stessa, per tradire la sua missione più profonda. E in questo tradimento, ciò che va perduto non è solo la letteratura in sé, ma anche tutto ciò che essa rappresenta: il pensiero critico, la libertà d’espressione, la capacità di immaginare mondi alternativi.

La scrittura, però, non è nata per compiacere, non è nata per seguire le regole di un sistema che tutto uniforma e tutto rende digeribile. Al contrario, la scrittura è nata per rompere, per sfidare, per dire ciò che non si può dire. È un’arte che non accetta gabbie, che rifiuta i compromessi, che si alimenta di margini, di crepe, di ombre. Quando viene costretta ad adeguarsi, a scendere a patti, perde la sua ragion d’essere, smarrisce la sua natura più autentica. La letteratura, quella vera, quella che dura nel tempo, non nasce per assecondare il presente, ma per aprire strade verso il futuro.

La sua forza risiede proprio qui, nella sua capacità di opporsi, di resistere, di non piegarsi alle esigenze di un mercato che tutto pretende, tutto consuma, tutto riduce a un’esperienza rapida e superficiale. La vera letteratura non si consuma, non si esaurisce in un battito di ciglia. È un atto di resistenza, un baluardo contro l’omologazione, un gesto di ribellione contro la superficialità che domina il nostro tempo. Ogni parola scritta, ogni frase costruita, è un territorio che chiede di essere esplorato, un viaggio che richiede attenzione, dedizione, pazienza. Ma queste sono qualità che il mercato, con la sua ossessione per l’immediatezza, non è in grado di tollerare. E così la letteratura, troppo spesso, si ritrova ai margini, esclusa dal grande spettacolo del consumo di massa.

Eppure, anche nei margini, anche nascosta sotto strati di cemento e pubblicità, la letteratura sopravvive. Lo fa in modi sotterranei, nascosta nelle pieghe del sistema, come un fiume invisibile che continua a scorrere, portando con sé la sua carica di energia e di significato. La letteratura resiste perché è nella sua natura farlo. Resiste perché non può fare altrimenti, perché tradire se stessa significherebbe cessare di esistere. Resiste, e in questa resistenza trova la sua forza, la sua ragion d’essere.

Mentre il mercato si nutre di tendenze effimere, di mode costruite a tavolino, la letteratura affonda le sue radici in terreni difficili, profondi, oscuri. Non importa quante difficoltà incontri: essa non smette di crescere. Le opere che rifiutano di conformarsi alle logiche del mercato, che non cercano il successo immediato, sono quelle che, nel tempo, trovano la loro vera forza. Sono opere che non si limitano a intrattenere, ma che scuotono, che provocano, che aprono nuove prospettive. Sono opere che pongono domande, che rifiutano risposte facili, che costringono a pensare.

E queste opere, pur non avendo un cammino garantito, pur affrontando mille ostacoli, rappresentano la speranza della letteratura. In un mondo che spinge verso la superficialità, la letteratura rimane un atto di protesta, un invito alla complessità, alla riflessione, al dubbio. La vera letteratura non teme le difficoltà, perché sa che solo attraverso la lotta può continuare a esistere. Essa è, e sempre sarà, una promessa di resistenza, una forza che non si spezza, un richiamo all’essenza più profonda della condizione umana. Finché ci sarà qualcuno disposto a scrivere senza compromessi, a leggere con passione, a cercare nella letteratura qualcosa di più di un semplice passatempo, essa continuerà a vivere.