Mirko Basaldella è una delle personalità più rilevanti della scultura italiana del Novecento, un artista che ha saputo incrociare il rigore della tradizione con l'energia della modernità, creando un linguaggio plastico che non ha smesso di interrogare le possibilità espressive della materia. Nato a Udine nel 1910, Mirko si avvicina all'arte fin da giovane, crescendo in un ambiente che stimola la cultura e l'apprendimento artistico. Il suo percorso formativo lo vede inizialmente frequentare l'Accademia di Belle Arti di Firenze, dove entra in contatto con un ambiente ricco di storia e di insegnamenti legati alla tradizione figurativa italiana. Successivamente, si iscrive alla Scuola di Arti Applicate di Monza, dove l'incontro con Arturo Martini rivela essere determinante per la sua evoluzione artistica. Martini, scultore di grande talento, trasmette a Basaldella una passione per il mito e una visione dell'arte come strumento di espressione profonda, capace di spingersi oltre le convenzioni tradizionali. Il legame con Martini segna una delle fasi formative più importanti per Basaldella, che assorbe l'insegnamento del maestro, ma al contempo sviluppa un linguaggio scultoreo del tutto personale.
Il periodo di studi e formazione, tuttavia, non rappresenta un semplice processo di imitazione della tradizione. Per Basaldella, l’arte è un continuo processo di ricerca e di sperimentazione, dove la figura umana, il mito e la natura sono trasfigurati attraverso una lente originale e innovativa. Questo approccio si rivela fondamentale quando, nel 1934, l'artista si trasferisce a Roma, città che, all'epoca, è un crogiolo di stimoli culturali e intellettuali. La capitale rappresenta per Basaldella un'opportunità unica per confrontarsi con il panorama artistico internazionale e per immergersi in un contesto dove si intrecciano tradizione e innovazione. Qui, Roma diventa la città ideale per il suo percorso di ricerca, che si allontana dalle rigidezze della scultura accademica per abbracciare un linguaggio espressivo che attinge a fonti antiche ma con uno sguardo profondamente moderno.
Durante questo periodo romano, Basaldella sviluppa un linguaggio scultoreo che diventa, negli anni, sempre più personale. Le sue sculture si orientano inizialmente verso una ricerca di volumi primordiali e di una sintesi formale che potremmo definire "arcaica", dove la potenza della materia è al centro dell’opera. Le forme che emergono dalla sua ricerca sono divenute presto espressioni di un'esplosiva energia interiore, capace di comunicare un'emotività profonda. La sua arte si distingue per un approccio che potremmo definire "espressionista", con una forte carica emotiva che si riflette nel modo in cui trattava la materia. Il contrasto tra l'energia e la bellezza formale diventa uno dei temi principali della sua scultura. Tuttavia, pur essendo una scultura dalle forti connotazioni espressionistiche, le sue opere non si limitano alla pura espressività, ma cominciano a integrarsi anche con un classicismo che si distacca dalla tradizione. Questo percorso artistico lo porta a una sintesi unica che attinge dal passato ma che esprime anche un'incredibile libertà creativa.
Il suo passaggio dall'arcaismo iniziale a una forma di classicismo più maturo e sofisticato si concretizza nella realizzazione di una delle sue opere più celebri: il David del 1938. Quest'opera in bronzo rappresenta una sintesi perfetta tra la lezione rinascimentale e una visione moderna e personale della bellezza. In questo capolavoro, la potenza espressiva delle sculture giovanili sembra placarsi, lasciando spazio a una maggiore eleganza formale. La figura del giovane eroe biblico, pur essendo figlia di una tradizione lontana nel tempo, riesce a comunicare una modernità, sia nel gesto che nella bellezza del corpo, che rendono l'opera senza tempo, classica ma intrisa di un'energia tutta novecentesca.
Durante gli anni che vanno dal 1939 al 1945, il linguaggio di Basaldella si arricchisce ulteriormente, e il suo lavoro riflette un ampliamento delle sue influenze artistiche. Oltre ai riferimenti quattrocenteschi, come quelli di Donatello e Pollaiolo, si fanno strada anche echi della scultura ellenistica e michelangiolesca, e persino contaminazioni con forme esotiche, come quelle delle sculture azteche. La sua scultura si fa sempre più complessa, con richiami che spaziano dalla tradizione occidentale alla più lontana espressione della cultura precolombiana. Le sue sculture diventano un punto di fusione tra diversi linguaggi, creando un ponte tra passato e presente, tra le tradizioni artistiche dell’Occidente e le più lontane esperienze culturali.
Nel periodo che va dal 1948 al 1952, Basaldella è protagonista di numerose mostre personali, che lo vedono esporre a Roma, Milano e New York, ma anche di opere monumentali che definiscono ulteriormente la sua identità artistica. La sua ricerca non si limita al singolo oggetto scultoreo, ma si estende a grandi realizzazioni pubbliche, come il Cancello del Mausoleo delle Fosse Ardeatine (1949-1951), un'opera che esprime la sua personale riflessione sulla memoria e sul sacrificio. L'opera, come molte altre di Basaldella, si distingue per la forza emotiva e il desiderio di esplorare la dimensione simbolica della scultura. Le sue sculture monumentali si caratterizzano per la loro capacità di trasformare lo spazio, di intrecciare forma e luce, creando una relazione dinamica con l'ambiente circostante.
Il suo impegno non si ferma all'ambito italiano. Nel 1957, Basaldella riceve la nomina a direttore del Laboratorio di Design presso la Harvard University, una posizione che gli consente di esplorare nuove frontiere della scultura monumentale. In America, il suo stile si evolve ulteriormente, diventando un punto di riferimento per la scultura contemporanea. Le sue opere cominciano a circolare in tutto il mondo, e nel 1954 espone alla Biennale di Venezia, dove la gallerista Peggy Guggenheim acquista alcune delle sue sculture per la sua collezione personale. Questo riconoscimento internazionale consolida la sua fama e ne segna la definitiva affermazione nel panorama artistico mondiale.
Nel corso della sua carriera, Basaldella riceve numerosi premi e riconoscimenti. Nel 1959, l'Accademia Nazionale dei Lincei gli conferisce il premio per la scultura, nel 1962 viene eletto membro dell’Academy of Arts and Sciences, e nel 1966 vince il primo premio alla Quadriennale di Roma, uno dei più prestigiosi premi per un artista italiano. La sua arte viene riconosciuta non solo in Italia ma anche all’estero, come una delle espressioni più raffinate della scultura del Novecento.
La morte prematura di Basaldella, avvenuta il 24 settembre 1969 a Cambridge, Massachusetts, lascia un vuoto nel panorama artistico internazionale. Tuttavia, la sua eredità continua a vivere attraverso le sue opere, che sono oggi esposte in musei e collezioni di tutto il mondo, testimoniando la sua grandezza e la sua capacità di rinnovare continuamente il linguaggio scultoreo. L'arte di Basaldella è un faro per le generazioni future, un esempio di come la scultura possa essere al contempo un atto di riflessione sul mondo e una ricerca continua di forme nuove ed espressive.
Crocifissione (1947)
Una delle opere che meglio rappresenta il momento di maggiore intensità emotiva e spirituale nella produzione di Mirko Basaldella è la Crocifissione del 1947, realizzata in collaborazione con il fratello Afro, pittore e scultore di grande talento. Quest'opera segna un passaggio importante nella carriera dell'artista, poiché, pur trattando un tema classico e profondamente radicato nella tradizione religiosa, Basaldella riesce a rielaborarlo con una visione moderna e fortemente espressiva. La Crocifissione non si limita a rappresentare un momento della passione di Cristo, ma diventa una riflessione universale sulla sofferenza, sulla redenzione e sul sacrificio.
La scultura si distingue per l'intensità e la drammaticità dei suoi volumi. La figura di Cristo, rappresentata con un'intensa carica emotiva, è sollevata dal tradizionale modello di dolcezza e grazia, tipico di altre interpretazioni, per assumere un aspetto più robusto e tragico. La tensione formale si fa protagonista, accentuando la drammaticità dell'atto del sacrificio. La composizione dinamica e il contrasto tra luce e ombra esprimono la lotta tra la vita e la morte, un tema che pervade tutta l'opera di Basaldella e che ritorna spesso nella sua ricerca artistica.
Questa scultura, realizzata in bronzo, rappresenta uno dei momenti più alti della sua produzione e riflette la sua capacità di trasformare un soggetto religioso in un'arte che trascende i confini della tradizione per diventare un messaggio universale. La Crocifissione di Basaldella è un’opera che non solo affonda le radici nel passato, ma che allo stesso tempo proietta lo spettatore verso una riflessione sul presente e sul futuro.
L'opera è oggi custodita presso la Casa Cavazzini di Udine, un museo d'arte moderna che fa parte della collezione della Fondazione Friuli, già Fondazione CRUP. Nel 2020, la Crocifissione è stata data in comodato al museo cittadino, dove continua ad attrarre l'attenzione dei visitatori per la sua potenza espressiva e la sua capacità di comunicare emozioni universali. La presenza dell'opera nel cuore di Udine è una testimonianza della straordinaria qualità artistica di Mirko Basaldella e della sua importanza nella storia della scultura moderna.