Fuori e dentro. Non c’è più differenza. L’aria è una morsa che serra e strangola, un sudario che mi soffoca dall’interno. Non c’è pelle che mi separi da quest’incubo pulsante: ogni respiro mi avvolge, mi ingloba, mi schiaccia. Il mondo si sbriciola attorno a me, pezzo per pezzo, mentre inspiro. Dentro, sempre più dentro.
La scorsa notte il cielo si è aperto in due, una ferita accecante che ha vomitato luce e cenere. E ora, quella luce è dappertutto – negli occhi, nelle narici, nelle vene. Respiriamo i detriti di un’esplosione troppo vasta per comprenderla. Il mondo si è disfatto in polvere, e quella polvere ora si riversa nei nostri corpi, senza tregua, senza pietà. Non c’è scampo. Ogni respiro è una condanna.
Sono pezzi di mia madre, brandelli del suo passato che si depositano nei miei polmoni, la sua nicotina, il suo dolore, la sua vita che ancora infetta la mia carne. E io respiro, respiro la sua fine, la mia fine, un veleno che mi avvelena lentamente, che non posso smettere di inspirare. Non posso. La vita è questa catena d’aria malata, questo spasmo senza redenzione.
Abbiamo perso. Noi, i primi e i soli a vedere la luce che ci ha distrutti. Respiriamo i frammenti di chi amiamo, scintille di plutonio conficcate nei polmoni, ogni respiro è un grido silenzioso che brucia dall’interno. E io amo. Amo questo dolore che non conosce sollievo, amo i resti di ciò che ero, amo ogni atomo di questa distruzione che è tutto ciò che mi è rimasto.
Lasciami respirare. Lascia che anneghi in quest’aria di morte. Lasciami inspirare fino all’ultimo battito, fino all’ultimo rantolo, finché non sarò più niente. Dio, se ci sei, lasciami questo veleno. Lasciami soffocare nella vita, lasciami bruciare un respiro alla volta.
Perché la vita è questo, capisci? Un respiro carico di disperazione, un abisso che inghiotte ogni speranza, un urlo che si spegne senza mai trovare la pace.