L'immoralista (1902) di André Gide ci trasporta nella vita tortuosa e conturbante di Michel, un giovane parigino raffinato, di intelligenza penetrante e sensibilità nascosta, il quale, tra le terre misteriose e seducenti dell’Algeria, scopre un lato di sé che fino ad allora non aveva osato immaginare. Il romanzo, immerso in un’ambientazione calda e lussuriosa, prende avvio da un viaggio di nozze che avrebbe dovuto essere un idillio convenzionale ma si trasforma, invece, in un viaggio iniziatico verso l’auto-rivelazione e il proibito.
Michel, appena sposato, è in viaggio per Tunisi con la sua giovane moglie, nella speranza di trovare sollievo per la sua salute minata da una tubercolosi debilitante. Ma è proprio da questo declino fisico, quasi come in un rito di passaggio tra vita e morte, che inizia a sbocciare una metamorfosi inaspettata. Man mano che si ristabilisce, Michel si rende conto di quanto, fino a quel momento, la sua esistenza sia stata imprigionata in una teca di doveri sociali e aspettative borghesi. Ora che sente di poter tornare a vivere, una nuova sete di piacere e libertà lo assale, scardinando tutte le certezze di un tempo.
In questa rinascita quasi febbrile, Michel inizia a vivere ogni istante come se fosse il primo, con un’intensità che lo porta a riscoprire il piacere di percepire il proprio corpo, di sentire il calore del sole sulla pelle e di osservare, rapito, i movimenti agili e sinuosi di una serie di giovani algerini che incontra lungo il suo cammino. Eccoli lì, simboli viventi della libertà e della bellezza, figure dal fascino esotico e provocante che incarnano una vitalità cruda e selvaggia. Sono la chiave che gli spalanca porte che lui stesso non sapeva di voler aprire: una rivelazione di desideri che fino ad allora aveva represso, quasi dimenticato.
Ma Parigi lo richiama a sé, con la sua fredda morsa di convenzioni e aspettative. Il Michel che ritorna, però, non è più l’uomo di prima: dentro di lui arde una fiamma nuova, una ribellione sotterranea. Annoiato e frustrato dal grigiore cittadino, decide di trasferirsi in Normandia, in una fattoria lontana dagli occhi e dalle regole dei suoi vecchi compagni di università. Qui, in questo rifugio rurale, Michel si illude di aver trovato pace, specialmente quando inizia a passare lunghe giornate in compagnia di un giovane del posto, Charles, la cui presenza fresca e vigorosa alimenta in lui una gioia ritrovata. Tuttavia, come tutte le illusioni, anche questa non può durare.
Richiamato di nuovo a Parigi, Michel si ritrova davanti a un bivio: continuare a indossare la maschera rispettabile del professore e marito devoto, o abbandonare tutto per seguire la sua natura ribelle? È durante una delle sue lezioni che incontra Ménalque, un uomo già considerato uno scandalo vivente, che ha abbracciato senza riserve una vita di libertà assoluta. In Ménalque, Michel vede un riflesso di sé, una proiezione di ciò che potrebbe diventare se solo avesse il coraggio di lasciare ogni cosa dietro di sé.
La tentazione è irresistibile. Michel si spinge sempre più a Sud, fino a ritrovarsi, metaforicamente e letteralmente, sperduto in un mare di sabbia, senza punti di riferimento se non quelli tracciati dal suo stesso desiderio. È lì, tra le dune del deserto, che Michel trova una sorta di pace, anche se forse una pace spaventosa, una libertà che equivale a una condanna. Qui, lontano da tutto, Michel si perde e si trova, in un gioco perpetuo tra dannazione e estasi.
La storia di Michel è l'emblema di una ribellione contro ogni norma imposta. Gide, il suo creatore, scrittore complesso e profondo, non ha temuto di affrontare i desideri e le ombre della psiche umana, esplorando territori che altri non osavano nemmeno sfiorare. Nel suo diario, Gide scrive con disarmante sincerità della distinzione che vedeva tra “sodomiti,” attratti da uomini maturi, e “pederasti,” coloro che, come lui, sentivano attrazione per ragazzi giovani. "Chiamo pederasta l’uomo che si innamora di ragazzi giovani," annotava, "sodomita colui che desidera uomini maturi."
Per Gide, questo tipo di amore era più che una semplice inclinazione: era una forma di esaltazione e di sfida, un modo per infrangere la gabbia delle convenzioni. “Che tali amori possano nascere… non mi basta dire che ciò è naturale; sostengo che è un bene. Ciascuno dei due trova in essi esaltazione, protezione, una sfida…”
L'immoralista, quindi, non è solo la storia di Michel, ma un grido di libertà, un inno a chiunque abbia il coraggio di cercare il proprio io autentico, qualunque sia il prezzo da pagare.