"Ti dirò, Godz, tutto il mondo soffre per aver perduto la religione. Lo percepisci, vero? È un peso che ci schiaccia tutti, anche se fingiamo di non sentirlo."
"Skeeen, sei sempre così teatrale. Ma forse hai un punto. Anche se, spiegami: cosa intendi per "perduto"? Perché a me sembra che non ci sia mai stato un tempo in cui la religione fosse davvero di tutti. È stata spesso una gabbia, non una luce."
"Può darsi, ma quella gabbia dava un senso di ordine, di appartenenza. Ora siamo come naufraghi senza mappa. Per secoli, la religione era l’asse del mondo, un filo che legava il cielo alla terra. Ora quel filo si è spezzato, e noi cadiamo senza fine."
"Vedi tutto così tragico. Ma non pensi che, in un certo senso, sia liberatorio? Liberarsi di quel filo significa anche poter camminare da soli, senza un destino già scritto. Certo, c’è il vuoto. Ma il vuoto non è anche uno spazio da riempire?"
"Ah, sempre il tuo ottimismo incrollabile. Il vuoto è una condanna, Godz, non una promessa. E lo sai anche tu. Guarda la poesia di oggi: non è altro che un pianto inconsolabile per questa perdita."
"Dici? Io vedo piuttosto una ricerca, un’ossessione per qualcosa che va oltre. I poeti non piangono un dio perduto, ma cercano di costruirne uno nuovo, a loro immagine e somiglianza."
"È proprio qui che ti sbagli. Quello che cercano di costruire è un’illusione, un simulacro. Scrivono come se parlassero a un dio, ma sanno che non c’è nessuno ad ascoltare. È un gioco tragico, una finzione per non guardare il vuoto negli occhi."
"E se invece fosse proprio questo il compito della poesia? Non negare il vuoto, ma danzare intorno ad esso? Trasformare la perdita in un nuovo linguaggio? Non abbiamo bisogno di un altare, Skeeen, ma di parole che brillino come fuoco nella notte."
"Parole, fuoco... sono metafore, nient’altro. Senza una religione, le nostre parole sono cenere, non fiamme. Pensa alla poesia di un tempo: ogni verso era un ponte tra l’umano e il divino. Ora scriviamo per parlare a noi stessi, ma ci troviamo più soli che mai."
"Forse è questa la nuova sfida. La religione era una struttura che ci rassicurava, ma anche ci limitava. Adesso abbiamo la libertà di creare qualcosa di completamente diverso. Non sarà un dio sopra di noi, ma una spiritualità che nasce da dentro."
"E tu credi davvero che "qualcosa dentro di noi" possa sostituire ciò che abbiamo perso? Guarda la storia: ogni civiltà ha avuto bisogno di un dio, di un punto fermo che desse senso al caos. Senza di esso, ci ritroviamo smarriti, frammentati."
"Eppure, il caos non è il nostro destino? Forse l’errore è pensare che ci sia un senso predefinito. Forse dobbiamo abbracciare l’incertezza, accettare che la vita non abbia uno scopo al di là di quello che noi scegliamo di darle."
"Sei troppo razionale, Godz. L’uomo non è fatto per il caos. Abbiamo bisogno di credere, di un’idea che ci trascenda. Senza di essa, siamo solo macchine che si illudono di essere vive."
"Ma credere in cosa, Skeeen? In un dio che non risponde? In un passato che non ritorna? Io preferisco credere nel potere della creazione. Ogni poeta, ogni artista, ogni essere umano che cerca di dare un senso al mondo è un dio in miniatura."
"È una bella immagine, ma illusoria. Anche i poeti, con tutta la loro ispirazione, non fanno che rincorrere ombre. Ombre di qualcosa che non possono più afferrare."
"Forse è vero. Ma anche le ombre hanno la loro bellezza, no? E se il nostro compito fosse imparare a danzare con quelle ombre? Trasformare la nostalgia in arte, il vuoto in possibilità."
"Forse, ma non posso fare a meno di sentire la mancanza di quella luce che una volta illuminava tutto. È come vivere in un tramonto eterno, senza mai vedere l’alba.'
"Ma pensa, Skeeen: il tramonto è anche un momento di passaggio, non di fine. E se invece dell’alba aspettassimo qualcos’altro? Una luce che non abbiamo mai visto prima?"
"Sei un sognatore, Godz. Ma forse hai ragione. Forse la poesia non è la nostalgia di un dio perduto, ma il tentativo di immaginare quello che potrebbe venire dopo."
"Esattamente, Skeeen. Forse la nostra fede non deve essere nel passato, ma nel futuro. E in ciò che possiamo costruire, anche partendo da quel vuoto che tanto temi."