Non hai ancora il gelo che spacca,
il pugno che ferma sul cammino del Tempo.
Ma chi saprebbe restare, senza il veleno
che ti spinge a farti avanti,
quella febbre che corrode e inganna
già nei giorni acerbi?
È un fantasma stanco, la tua giovinezza,
una risata che svanisce;
ma chi osa urlare, ammettere
che non era altro che un delirio,
lo zelo cieco d’invecchiare?
Nello specchio un teatro si riflette,
una farsa di credulità, di maschere volgari,
cenere, resti d’inganni,
miserabili menzogne consumate.
Vorresti strapparla,
lasciarla andare, la giovinezza vuota.
Che ti muoia addosso, che fugga senza voltarsi,
e tu, saldo, guardarla spegnersi da lontano:
un’ombra nuda,
finta gloria all’altra sponda del Tempo.
Finalmente, vedere.
Cosa resta: delle cose, della gente.