lunedì 20 gennaio 2025

Il pazzo (bozza)

Il pazzo è il condannato della luce, il martire di un sole invisibile che non riscalda e che sembra sorto solo per bruciare i più fragili. Egli porta sul volto l’ombra di un dolore antico, come una maschera tragica che nessuno osa rimuovere, perché dietro di essa si cela la verità più terribile: il mondo è un carcere dorato, una prigione il cui splendore non è che una menzogna. La sua follia è il grido di un’anima ribelle, un’eco che si perde nelle vastità di un abisso che gli altri scelgono di non vedere, o che fingono di non udire. Il pazzo è il testimone di una colpa collettiva, un capro espiatorio che la società ha elevato a simbolo della propria ipocrisia. E mentre egli cammina, solo, avvolto in un sudario di tenebre che gli aderisce alla pelle come una seconda carne, il mondo lo osserva con il terrore del colpevole che vede riflessa la propria condanna.

Nelle sue vene non scorre semplice sangue, ma un veleno che il mondo ha chiamato delirio per non doverlo riconoscere per ciò che è davvero: l’essenza stessa della verità. Una verità pura, ma corrosiva, che brucia chiunque osi avvicinarsi. Egli ha bevuto dalla coppa dell’orrore e ha visto ciò che nessuno avrebbe dovuto vedere: il cuore nero dell’umanità, la marcescenza nascosta sotto le dorature del progresso, il fetore di un ordine che si erge su montagne di cadaveri e menzogne. Ma il prezzo di questa visione è stato altissimo. Come un novello Prometeo, egli è stato incatenato non alla roccia, ma alla sua stessa mente, che si è fatta prigione e carnefice. Le mura del manicomio, fredde e mute, non sono altro che l’estensione di questo supplizio, una tomba in cui il pazzo è sepolto vivo, costretto a divorare i brandelli della propria anima per non essere divorato dall’oscurità.

Eppure, nel paradosso di questa sofferenza, il pazzo è forse più libero degli uomini che lo condannano. Egli non si trascina più dietro il fardello della complicità, non si inchina più davanti agli idoli di un mondo falso. La sua follia è una ribellione sublime, un’esplosione di libertà che i potenti cercano disperatamente di contenere, come un incendio che si tenta di soffocare con un alito di vento. Ma il fuoco non si spegne, e come un fiume in piena, il pazzo scorre nelle tenebre, trascinando con sé i detriti di un’umanità perduta. Egli è un’ombra che vaga tra i vivi, il muto custode di una verità che nessuno osa pronunciare, il fantasma che infesta le notti dei suoi carnefici.

Il pazzo non è solo un escluso, ma un eletto, un profeta dannato che porta sulle spalle il peso di una rivelazione che gli altri non vogliono vedere. Il suo sguardo, anche quando appare smarrito, è una lama che squarcia il velo dell’illusione, un abisso in cui si riflettono le miserie del mondo. Nei suoi occhi si annida una luce crudele, una luce che non consola ma ferisce, che non illumina ma brucia. E nel suo silenzio, in quel grido soffocato che non trova voce, si cela il giudizio di un’epoca intera, una condanna che il mondo non può evitare.

Eppure, il pazzo non appartiene a questo mondo, e proprio per questo lo sovrasta. Egli è il re della notte, il signore di un regno fatto di macerie e ombre. È il poeta dell’abisso, colui che danza tra le rovine di un’umanità che ha scelto di accecarsi pur di non affrontare la propria mostruosità. Mentre i suoi carnefici si affannano a cancellarlo, egli persiste, come un’eco che risuona nel tempo, come un veleno che si insinua nelle vene della storia. È il seme di un’inquietudine eterna, una fiamma che arde anche quando tutto sembra spento, un fuoco che consuma ma che non si estingue.

La sua presenza è un monito incessante, un segno indelebile che non può essere cancellato. Egli è la memoria vivente di una colpa collettiva, un testimone che non può essere zittito. Ogni suo gesto, ogni sua parola, ogni suo silenzio è un’accusa, un riflesso di quella verità che il mondo tenta di nascondere. E mentre il mondo si agita, cercando di dimenticarlo, il pazzo continua a vivere, a bruciare, a ricordare. È il fantasma di un’umanità che ha osato dimenticare se stessa, che ha scelto di uccidere ciò che di più puro avrebbe potuto redimerla.

E così, il pazzo, pur escluso, domina il tempo e lo spazio. È il re degli scarti, il profeta ignorato che annuncia un futuro di ceneri. Ma nel suo tormento brilla una scintilla di eternità, un fuoco sacro che né le tenebre né il silenzio potranno mai spegnere. Egli è il poeta maledetto, il custode di una verità che non può essere distrutta, il testimone che cammina tra le ombre, portando con sé la condanna di un mondo che ha scelto di dimenticare la luce per paura di essere visto.