"The Last Showgirl" è un film che si muove con eleganza e profondità tra i temi della femminilità, della memoria, della perdita e della rinascita. Diretto da Gia Coppola, si impone come un’opera di grande spessore emotivo e sociale, capace di affrontare con uno sguardo maturo e senza filtri la realtà di un’industria che celebra la bellezza e la sensualità, ma che non concede spazio a chi invecchia.
Pamela Anderson, con una delle interpretazioni più intense della sua carriera, dà vita a Shelly Gardner, una donna che per decenni ha calcato i palcoscenici di Las Vegas con orgoglio e dedizione, incarnando l’ideale della showgirl americana. Il suo è un volto che ha affascinato generazioni, una figura che per anni ha fatto parte di un mondo costruito sulla fascinazione del pubblico, sulla capacità di essere desiderabile, attraente, magnetica. Tuttavia, quando il suo spettacolo, Le Razzle Dazzle, viene cancellato all’improvviso, la sua vita subisce un brusco cambiamento: all’improvviso, Shelly si ritrova priva di un ruolo, di un’identità ben definita, di un senso di appartenenza.
Shelly si trova così a dover affrontare non solo la perdita del lavoro, ma anche una crisi più profonda, che riguarda la sua stessa percezione di sé. Per anni è stata abituata a vedersi attraverso gli occhi degli altri, attraverso lo sguardo ammirato del pubblico, degli impresari, degli uomini che la desideravano e delle donne che sognavano di essere come lei. Ma ora che quella luce si è spenta, chi è davvero Shelly Gardner? La sua immagine, un tempo esaltata e celebrata, sembra non avere più posto nel mondo che l’ha resa famosa. È un’esperienza destabilizzante, che la porta a ripercorrere il proprio passato, a interrogarsi sulle scelte fatte, sui sacrifici compiuti e sulle opportunità perse.
Un’esplorazione profonda della condizione femminile nell’intrattenimento
La pellicola affronta senza timore il problema della sessualizzazione del corpo femminile nel mondo dello spettacolo, un fenomeno che si nutre dell’illusione dell’eterna giovinezza e che condanna all’oblio chi non risponde più agli standard estetici imposti. Shelly ha costruito il suo intero percorso professionale sulla sua immagine, sulla capacità di sedurre il pubblico con la sua grazia e la sua presenza scenica. Ma cosa succede quando il pubblico smette di guardarti? Cosa resta di te quando l’industria decide che il tuo tempo è scaduto?
Shelly non è solo una vittima di questo sistema, ma anche una donna che, per molti anni, ha accettato di giocare secondo le regole imposte. Ha vissuto in un mondo fatto di lustrini, di applausi, di notti luminose che sembravano eterne. Ora, però, si trova di fronte a una realtà ben diversa: il tempo è passato, il pubblico ha nuove icone a cui dedicare la propria attenzione e il mondo dell’intrattenimento non ha pietà per chi non riesce a stare al passo con la sua continua ricerca di novità.
Shelly si scontra con la realtà di un’industria che non perdona e che impone una rapida obsolescenza a chi ha costruito la propria carriera sull’immagine. Ma se il cinema e la televisione hanno sempre imposto standard rigidi sulla bellezza femminile, il mondo delle showgirl è ancora più crudele: qui l’età non è solo un numero, ma un verdetto inappellabile. La giovinezza è la moneta di scambio per il successo, e quando essa svanisce, anche le opportunità lavorative si dissolvono.
Un viaggio emotivo e relazionale
Uno degli aspetti più toccanti del film è il rapporto tra Shelly e sua figlia Hannah, interpretata da Billie Lourd. Hannah è cresciuta sentendosi trascurata, lontana da una madre che sembrava più impegnata a mantenere il proprio mito che a costruire un legame familiare autentico. Ora, con il tempo che si fa sentire su entrambi i fronti, Shelly cerca di riconnettersi con lei, di riparare ciò che è stato spezzato.
Le loro interazioni sono cariche di tensione, di incomprensione, ma anche di un amore che fatica a emergere sotto il peso di anni di distanza emotiva. Hannah non ha mai voluto seguire le orme della madre, ha sempre cercato di distinguersi da quel mondo fatto di spettacolo e apparenza, ma allo stesso tempo è impossibile per lei ignorare l’eredità di Shelly, il modo in cui il passato della madre ha influenzato anche la sua vita.
Il loro rapporto è costruito su un equilibrio precario, tra il bisogno di riconciliazione e il risentimento per le assenze passate. Ciò che rende il film ancora più struggente è il fatto che Shelly, pur cercando di ricostruire il legame con la figlia, si trova spesso a dover lottare contro se stessa, contro l’immagine che ha sempre dato al mondo e che ora fatica a lasciarsi alle spalle.
Il confronto generazionale e la ricerca di un nuovo ruolo
Nel corso della narrazione, Shelly incontra Annette, un’ex showgirl interpretata con straordinaria sensibilità da Jamie Lee Curtis. Annette ha già affrontato la tempesta che ora travolge Shelly: ha visto il proprio nome sbiadire sui cartelloni pubblicitari, ha vissuto il momento in cui il telefono smette di squillare, in cui le opportunità svaniscono senza preavviso.
A differenza di Shelly, però, Annette ha trovato un modo per adattarsi, per sopravvivere in un mondo che non offre seconde possibilità con facilità. Il loro incontro diventa uno specchio per la protagonista, un’occasione per riflettere sul proprio destino e sulle possibilità che ancora le restano.
Il ruolo dell’industria e il personaggio di Eddie
In questo percorso di riflessione e cambiamento si inserisce anche Eddie, il produttore dello show, interpretato da Dave Bautista. Il suo personaggio rappresenta l’industria dell’intrattenimento con tutte le sue ambiguità: non è un uomo spietato o senza scrupoli, ma è parte di un sistema che si muove con regole precise, che segue una logica in cui le persone sono spesso considerate prodotti da sostituire quando non sono più redditizie.
Eddie ha sempre rispettato Shelly, ha creduto nel suo talento, ma ora deve prendere atto del fatto che lo spettacolo deve rinnovarsi, che il pubblico chiede volti nuovi. Il loro rapporto è carico di tensione, di affetto non detto, di un rimpianto che emerge in piccoli gesti e sguardi fugaci.
Un film necessario e attuale
Oltre a essere un dramma personale, The Last Showgirl si inserisce in un dibattito più ampio sulla rappresentazione delle donne nell’industria cinematografica e dell’intrattenimento. Il film denuncia senza bisogno di proclami la discriminazione legata all’età, la difficoltà per le donne di mantenere un ruolo significativo man mano che gli anni avanzano.
Gia Coppola costruisce un’opera che non si limita a raccontare la storia di Shelly, ma che si fa portavoce di una realtà ancora troppo diffusa. Il film invita lo spettatore a riflettere su quanto valore venga dato all’esperienza, al talento e alla personalità delle donne, al di là della loro immagine esteriore.