domenica 24 agosto 2025

Il problema dell’empatia di Edith Stein


C’è un’aura di intensità nella copertina di Il problema dell’empatia di Edith Stein: lo sfondo azzurro, tranquillo e sobrio, contrasta con il bianco e nero della fotografia centrale, quasi a suggerire la tensione tra ciò che appare e ciò che si nasconde. L’immagine della filosofa è di una semplicità disarmante, eppure lo sguardo interrogativo, il volto appoggiato al pugno in un gesto pensoso, parla di una mente in moto perpetuo, di una donna che non si accontenta di guardare il mondo, ma vuole penetrarlo fino alle sue fondamenta.

Il libro, edito da Studium e curato da Elio Costantini ed Erika Schulze Costantini, con una preziosa prefazione di Angela Ales Bello, è un’opera che si colloca al crocevia tra filosofia, fenomenologia e spiritualità. Non è un testo che si lascia addomesticare facilmente: le sue pagine chiedono al lettore non solo attenzione, ma anche partecipazione. È, in fondo, una riflessione sulla natura del vivere con gli altri, ma questa riflessione si innesta in un panorama concettuale tanto rigoroso quanto profondo.

Stein, che fu allieva del grande Edmund Husserl, porta avanti il pensiero fenomenologico spingendolo in territori inaspettati. L’empatia, per lei, non è semplicemente un sentimento o una capacità psicologica, ma un fenomeno complesso che sfugge a ogni semplificazione. È il ponte invisibile che ci permette di entrare in contatto con l’esperienza dell’altro senza annullare la sua alterità. È, in altre parole, un atto di apertura radicale, che ci chiama a uscire da noi stessi per accogliere l’altrui vissuto.

Nelle sue pagine, Stein scompone il concetto di empatia con precisione analitica, svelandone i diversi livelli: dalla percezione immediata delle emozioni altrui, fino alla comprensione più profonda del loro mondo interiore. Ma ciò che rende la sua analisi unica è la capacità di coniugare il rigore accademico con una sensibilità umana che emerge quasi di nascosto, tra le righe. Non si ha mai l’impressione di leggere un manuale freddo e distaccato: ogni concetto è impregnato di un senso del vissuto, di un’esperienza che Stein stessa ha attraversato e meditato.

La prefazione di Angela Ales Bello è un vero gioiello. Non solo introduce il lettore al contesto storico e filosofico dell’opera, ma mette in luce la rilevanza attuale del pensiero di Stein. In un mondo spesso frammentato, in cui l’individualismo sembra prevalere su ogni altra forma di relazione, l’empatia steiniana si presenta come un antidoto. Non una risposta semplice, ma una strada faticosa, che richiede coraggio e vulnerabilità.

Le pagine di Il problema dell’empatia si leggono come un invito a ripensare la nostra relazione con gli altri. Cosa significa davvero comprendere qualcuno? Possiamo mai dire di aver davvero condiviso il dolore, la gioia, l’esistenza di un altro essere umano? Stein non offre risposte definitive, ma illumina le domande con una luce nuova, che sfida e al tempo stesso consola.

È impossibile non riflettere anche sulla vita dell’autrice mentre si legge questo libro. Edith Stein non era solo una filosofa, ma anche una donna che ha attraversato le turbolenze del Novecento con una straordinaria coerenza interiore. Ebrea convertita al cattolicesimo, monaca carmelitana, martire ad Auschwitz: la sua biografia stessa è un esempio di empatia vissuta fino alle estreme conseguenze. E questa tensione verso l’altro, questa apertura al dolore e alla gioia altrui, pervade ogni pagina del suo scritto.

Chi prende in mano questo libro si troverà davanti a una sfida. Non è un testo per chi cerca risposte facili o consolazioni immediate. Ma per chi è disposto a immergersi in una riflessione profonda e trasformativa, Il problema dell’empatia può diventare una guida, un compagno di viaggio. È un libro che lascia il segno, non solo sulla mente, ma anche sul cuore.