di lontano - la distanza è
data dall'aria e dal mare -,
dal copriletto a fiori dopo
un momento mutato, di verità
in verità, a un lato del letto
risuona "ti toccherò le gambe,
e il piede, poi e saprai apprezzarlo"
leggermente preso da timidezza
"ah!, dio mio!, sarà per la signora
il mio prossimo seme scaglioso!"
la realtà, la perfetta pace
di questo buon incontro mattutino,
assume un tono rassegnato
e le sue ore divengono il Verbo,
la buona coscienza, la libera
stella arbitrale, prossima a svanire
nella parte inferiore del suo passare
naturale, non bello, nell'esistere
più tardi, il tono rossastro e cupo
una consacrazione arriva a dargli
qualcosa di inesprimibile - i suoi
strangolati cedimenti di semenza
al mio canale - per ore intere
immobile nella mia casa è lo schiocco
della lingua e del membro in trista rima
i suoi begli
occhi a fargli congedare, terrorizzati,
i minacciamenti delle possibilità
in padiglioni abbandonati
la stanza ridotta, per un istante,
in improvvisata stazione,
una spinta assai forte, avvoltolata
nelle lenzuola scoppiate e soddisfatte
[Fabio Galli, Caròla, Crocetti Editore 1991, collana Aryballos 28]