Mario Mieli. Filosofo, scrittore, teorico gender e, soprattutto, pioniere della rivoluzione omosessuale, uno dei fondatori di quel movimento che voleva aprire nuove prospettive su cosa significhi davvero essere liberi, dentro e fuori dal letto.
Ma la parabola di Mieli non è solo quella di un’utopia gay multicolore e gioiosa. Quando i collettivi hanno smesso di brillare e le bandiere arcobaleno cominciavano a scolorirsi, lui ha preso le distanze da quel movimento omosessuale che non gli somigliava più. Un’attenzione sempre più fervente per ecologismo, antiatomica e… alchimia, sì, con le sue sfumature coprofaghe che gettavano ombre oscure sul già tormentato paesaggio politico. Il suicidio, il 12 marzo 1983, è stato l’ultimo, grandioso atto: un narcisismo estremo o un sublime masochismo? Scelta vostra. Ma per Mieli, era soprattutto un atto politico, una sfida all’eteronorma, quella bestia sociale che ci tiene tutti in gabbia.
A quella Norma, Mario rispondeva con forza e perversione, con la trasgressione come strumento di liberazione. Altro che caselle di genere o preferenze sessuali preconfezionate. Per Mieli, il sesso è un universo vasto e sfaccettato, una tavolozza di colori impossibili da ridurre ai toni bianco e nero dell’eterosessualità obbligatoria. Le perversioni? Fasi necessarie sul sentiero dell’Eros liberatore. Ecco perché la sua provocazione più famosa – l’apologia della coprofagia – è stata una vera performance alchemica. Dal piacere del "buco del culo" al culto della merda, c’è stata una logica: una provocazione radicale che si snodava tra Freud, Sade e Paracelso, culminando in quella sublime equazione tra merda e oro. Eh già, caro lettore, la cacca è oro – e come Mieli ben sapeva, questa formula era letale per una società che finge di non vedere il legame inestricabile tra Eros e quotidianità. Non mi credi? Guarda il caso di Piero Manzoni, che nel ’61 sigillava le proprie feci in barattoli, con lo stesso silenzio incomprensivo che Mieli ha ricevuto.
E poi, c’è la sua tesi shock: l’erotismo puro e trasversale del bambino. Spesso liquidata con un’orribile accusa di "pedofilia", la visione di Mieli va ben oltre: è il riconoscimento di un Eros primordiale, una sessualità infantile, non ancora incatenata dai tabù dell’adulto. In questa medievale società che sembra adorare la repressione, la paura della pedofilia è diventata una caccia alle streghe queer da bruciare sul rogo. Ma Mieli ci avverte: reprimere la sessualità infantile non fa che generare mostri – omofobia, violenza, femminicidi.
Parliamoci chiaro: la coprofagia per Mieli non era solo uno shock. Era gioco erotico, rito iniziatico, provocazione artistica e rivoluzione personale. Ma ovviamente, i suoi detrattori hanno preferito ridurla a uno squallido hobby sessuale. E mentre l’amico poeta Dario Bellezza faceva battute acide ("A Mario è rimasto solo mangiar merda per far parlare di sé"), Mieli non si lasciava turbare da queste frecciatine. Il vero problema era la nostra società cattolica, incapace di accettare l’uomo che deve fare i conti con il frocio e la donna repressi dentro di lui.
E qui Mieli ci dà la chiave dorata: l’elogio della merda come simbolo di liberazione, come comunione suprema. Una "nozze alchemiche" con il suo fidanzato, celebrate con un pane fatto in casa di... beh, ingredienti piuttosto personali, a sancire un rituale magico-erotico. Se vi sembra folle, aspettate di conoscere il mondo che Mieli sognava: un’era di armonia sessuale in cui l’Eros, se liberato dalle catene, poteva davvero trasformare la società.
Ma torniamo alla sua militanza. Londra, anni ’70, F.U.O.R.I., il primo vero tentativo di unire i gay italiani sotto una bandiera politica comune. Mieli ne è uno degli eroi fondatori, ma non si ferma lì: dalla politica ai collettivi, dalle droghe all’en travesti, la sua vita è un teatro di provocazioni, una critica feroce alla società eterosessuale e anche a quella omosessuale. Perché, per Mieli, ridurre il desiderio a una sola casella sessuale è repressione pura.
Il pensiero di Mieli è ancora oggi esplosivo. Ogni uomo, etero o gay, deve affrontare il frocio e la donna repressi dentro di sé. Questo è il passaggio fondamentale per una vera liberazione sessuale e, in definitiva, sociale. La sua visione, in cui transessualità e femminilità sono celebrate come poteri trasformativi, è ancora lontana dall’essere compresa – persino da molti gay che preferiscono conformarsi alla Norma.
Mieli era, ed è ancora, una mina vagante per il pensiero dominante. E mentre la società eteronormativa resta padrona delle nostre vite, Mieli ci invita, provocatoriamente e dolcemente, a fare i conti con quel frocio e quella donna repressi dentro di noi. Perché lì, in quella repressione, risiede la vera rivoluzione.