La poesia non si lascia dominare dalla linearità del tempo, né si riduce a un ingombro passatista da archiviare nel regno dell’oblio. Essa sfida l'idea stessa di morte, essendo perpetuamente risorta e più viva che mai, ma sempre celata, sottratta agli sguardi più distratti. Si nasconde negli angoli più segreti, nei recessi più impervi della psiche umana, lì dove la ragione cede il passo alla follia, dove l’ossessione non è mai solo tormento ma anche rivelazione. Non si fa catturare né dai dogmi né dai luoghi comuni: rifiuta la normalità, la prevedibilità, l’ordine rassicurante. La poesia è come il battito di un cuore invisibile che pulsa in un silenzio rumoroso, una vibrazione che attraversa le cose senza mai toccarle realmente. Non può essere posseduta, non può essere domata, perché è la figlia della libertà e della disobbedienza, l’incarnazione di un desiderio inestinguibile di fuggire da qualsiasi forma di costrizione.
È una danza che si svolge nell’oscurità, un movimento che non si ferma mai, che si piega e si contorce in mille direzioni senza mai perdere la sua essenza. Non appartiene a un luogo definito, ma fluttua tra le pieghe del mondo, tra il tempo e lo spazio, tra il sogno e la realtà. È come un fiume sotterraneo che scorre invisibile sotto la superficie delle cose, attraversando terre remote, toccando luoghi che non esistono su alcuna mappa. Quando meno te lo aspetti, sboccia in un angolo inaspettato, come una pianta velenosa che cresce senza chiedere il permesso, senza bisogno di giustificarsi. Essa si alimenta di solitudine, di inquietudine, di tutti quegli elementi che la società cerca di soffocare sotto il peso della convenzione. Non ha bisogno di essere compresa, perché è il linguaggio dell’inaspettato, del non detto, del sublime che scivola tra le crepe della realtà.
La poesia è un’alchimia che trasforma il dolore in bellezza, la miseria in arte, la paura in espressione. Si nutre di quelle verità scomode che la maggior parte degli esseri umani si rifiuta di vedere, dei frammenti più oscuri dell’esistenza, dei desideri segreti, dei sogni non realizzati. È la voce di chi è stato dimenticato, la parola di chi non ha mai avuto una voce, il canto degli angeli caduti che non hanno mai smesso di sperare. Non si arrende mai alla logica, alla ragione, ma la sfida continuamente, interrogando ogni cosa con uno sguardo di sfida che non si accontenta di risposte facili. La poesia è come una ferita che non guarisce mai, ma che continua a sanguinare, generando, nel suo flusso incessante, una nuova vita, una nuova percezione del mondo. Essa non è mai chiara, mai definitiva: è il fluire delle emozioni in un mare di ambiguità, di contraddizioni, di domande senza risposta.
Resiste alla banalità del quotidiano, alla morte del pensiero critico, alla tirannia dell’apparenza. Non si lascia invischiare dalle logiche di mercato, né dal desiderio di essere capita da tutti. La poesia è elitista per natura, riservata a chi sa guardare oltre l’orizzonte, a chi non ha paura di affrontare il caos per trovare una verità nascosta, a chi è disposto a cercare nelle macerie qualcosa di splendente. È il lusso di pochi, un dono che viene dato solo a chi è in grado di comprenderlo nel suo più profondo significato, a chi è disposto a seguirla nei suoi sentieri tortuosi, tra le sue ombre e luci. La poesia non si fa mai schiava dei tempi che viviamo: piuttosto, si fa testimone di una realtà che sfugge, che si nasconde dietro le apparenze, che si sottrae alle categorie della ragione.
Ogni sua parola è un grido che scardina le mura dell’ovvio, una mano tesa a strappare il velo di silenzio che avvolge il mondo. Essa è il respiro degli esclusi, dei non detti, dei marginali. È il pianto di chi ha conosciuto il tradimento, la gioia di chi ha toccato l’infinito, la solitudine che genera il bisogno di farsi ascoltare. La poesia è il linguaggio di chi si è arreso alla realtà, ma non ha mai cessato di sognare. È la luce che scivola tra le crepe dell’oscurità, la voce che non ha paura di gridare il suo nome, anche quando nessuno è pronto ad ascoltarla. La poesia non ha paura del vuoto, della morte, della solitudine, perché è proprio nel vuoto che trova la sua origine, nella morte che si rigenera, nella solitudine che si esprime con tutta la sua forza.
È l’arte della resistenza, il canto di una lotta che non finisce mai, che non cede mai alla rassegnazione. La poesia vive, cresce e si trasforma continuamente, ma sempre nello stesso modo: sfuggendo, nascondendosi, per poi riemergere con una forza inaspettata, capace di distruggere le illusioni, di scuotere le fondamenta della realtà, di riaccendere la speranza nei cuori che sembrano morti. La poesia è il tormento che non cessa mai, ma che genera la bellezza, la scintilla che si accende nel buio più profondo, la verità che sfida tutte le menzogne del mondo. Non è mai un rifugio, ma un’esplosione di vita che si diffonde nei luoghi più impensati, che scava nel cuore umano senza pietà, per scoprire cosa c’è di veramente essenziale, di autentico, di immortale. La poesia non morirà mai, perché non è fatta per essere compresa, ma per essere vissuta, sentita, amata in tutta la sua fragilità e in tutta la sua immensità.