Guarda dal suo corpo. Previene la stanchezza, s'avvicina e s'avvia e sgorga parole e dice più di quanto non sia necessario. In realtà, non c'è - simulato, con tanta facilità, è il suo piccolo e povero essere e il suo trionfo nudo - è tutte quante le forme dell'amore.
Tiene in mano gli svolazzi dei colori, sorridendo. Costringendo il respiro, lo trattiene e lo fa nascere, prega, senz'altro trova aperti dei pezzi di sussurri, amalgama il proprio brillìo al folto della tappezzeria.
Rimane qui, non è facile. Durante il ritorno (oh disperazione! La parete è architettura del mio incantamento: alla fine, col sentimento, tutto è perduto!) nel baluginìo "ti annoio?". In certi giorni giochiamo fino a rimane senza fiato, completamente, per tutto il pomeriggio.
Sconvolge. Suona. Parla con un'amica - anima buona, investigazione di sassi - senza sentire la necessità di chiamarsi alla porta.
Il resto orribile, spoglio, depredato. Cerca l'aria sempre nello stesso modo. Godendo, nel dire. In questo bar non c'è.
[Fabio Galli, Caròla, Crocetti Editore 1991]