martedì 30 maggio 2023

il poeta impotente


Fabio Galli 09 fiore

 

il poeta impotente che maledice il suo genio

attraverso un deserto sterile di dolori

 

è un’apertura che dovevo a questo post, si tratta di Mallarmé che è tornato prepotentemente fra le mie letture in queso periodo. Vecchi innamoramenti. Poeti che da tanto non riprendevo.

Adolescenza di ritorno. Le ore spese di fronte al foglio bianco, in una impotenza creativa che rasenta l’ostinato mutismo, con emozioni che un rumore esterno fa svanire e che una voce di casa, invece, richiama, la lampada accesa, il silenzio della notte, la convinzione che a poco a poco si viene maturando – con un senso di pena e di disfatta – che sia necessario eliminare ogni scoria comunicativa non meno che ogni consolazione e che la vera essenza della poesia vada ricercata al di là, molto oltre le cose, in quel limbo ineffabile dell’incomprensibile che del concreto ne suggerisce soltanto una nozione purificata o la vaga impressione del dire che riusciamo a subirne.

È forse tutto questo una scelta? Le parole si sostituscono e sostituiscono ogni senso. Esse sono come immerse, in preda ad una forza non concatenata entro la quale l’impotenza del poeta e del suo stesso poetare si sommano. Esse sono una presenza illusoria preda e dominatrice a un tempo della materia, immerse nella materialità assoluta.

Voci che vanno raccote e filtrate, filtrate prima di essere raccolte.

La poesia esiste già? E se esiste, dove può essere cercata?

Le parole scritte sono, forse, crisi il cui il punto di approdo è la scrittura stessa, là dove vive l’uomo che non viene a patto coi tempi ed è costretto dalle incontaminata purezza del proprio atto a scuotersi, sia pure involontariamente, di dosso ogni grossolanità della cronaca e della storia.

La poesia è uno stato di attesa, di parcheggio, al cospetto degli accessori più vani e deludenti dell’uomo.

La poesia non è soltanto un punto di arrivo ma un eterno punto di partenza.

(19 aprile 2016)