mercoledì 10 maggio 2023

[PERCORSI DEL SENSO: LA POESIA NUMERICA DI MARIO MERZ]

INFORMARE

“Ma si può fare informazione sull’arte, e però né arte, né informazione sull’arte esistono senza aggettivi.” – Mario Merz

1. già da qualche anno queste forme vengono messe in discussione nella linearità stessa dei loro procedimenti (“Non basterebbero decine di pagine a riassumere e riepilogare i tanti tentativi che […] sono stati messi in atto per cercare di far coincidere, o almeno assimilare, certe strutture artistiche e certe strutture scientifiche: ho già osservato, più di una volta, che le elucubrazioni attorno al Numero Aureo, alla serie fibonacciana, alle regola armoniche si erano rivelate come deludenti e inattendibili” – Gillo Dorfles, in “L’Arte, la Scienza”)

2. c’è da dire, invece, che in alcuni artisti.. per Merz, piuttosto, si dovrebbe parlare di una risemantizzazione, a vari livelli, di questo spazio che alcuni sperimentalismi avevano lasciato vuoto. Lo spazio di Merz è spazio di produzione di spazio. Tautologia, invero: la sapienza dello spazio, la sapienza dell’Arte

3. pensiamo a “sentiero per qui”, Triennale di Milano, 1986. Tutto nella sua opera – e ogni opera d’artista è summa dell’opera intiera dell’artista – attraverso tautologie concettuali (cfr Luciano Fabro per il senso di Tautologia) al movimento dinamico quasi a indicazione che ogni opera d’arte è fulcro di creazione energetica: costituisce il centro del mondo. L’igloo non è che assoluto spazio delimitato da materiale non trasparente (legno) come volontà d’isolamento e pure da materiale trasparente (vetro) che è relazione visuale con l’interno

ENERGIA

“i numeri vivi danno delle visioni” – Mario Merz

1. il numero come eccitante, rivelazione d’energia, quantità dinamica che induce verso una creazione di realtà, il numero come un atto di evoluzione che dia realtà a qualcosa altrienti inconsistente: “i numeri sono un determinato e quindi conoscibile grado di organizzazione di energia”

2. Merz, sostanziato da una simile conoscenza, ha nel numero (nel suo accrescimento esploso, naturale e viscerale) la sua peculiarità, disegnando immagini e pensieri in un continuum abilmente orchestrato in sequenze naturali col risultato di produrre un lavoro mimetiamente esposto “per un maggior potenziale di energia”)

3. materiali fragili e micidiali: immagini esposte. Merz li manovra con disinvoltura, sorprendendosi nel loro pericoloso fascino ma pure senza lasciarsi irretire nelle loro secche o esporsi a un canto ambiguo, affidandosi a un canto senza meraviglie e senza favole ma nella piena coscienza di natura

LA GERMINAZIONE DELLA COSA

“il cartello di foglie è un’architettura ideale” – Mario Merz

1. occorre riconoscere che la “casa tra gli alberi” è una tesi intrigante. Merz ci offre un referente se non addirittura il luogo fisico seppure sconosciuto e decentrato ma perfettamente rintracciabile. Non è poco. È un atto qualificato quanto coraggioso, quello dell’artista, che si produce già in sede di prefazione, di composizione poi

2. ci si accorge del vuoto dell’igloo-casa: vuoto mobile, secondo Fibonacci (numerazione naturale) che apre la misura dell’interesse: l’alloggio, con sapienza e documento dell’artefice, pone all’interno e interpreta quel vuoto come silenzio in cui chiamare, a dispetto, le voci a tutto campo. Pertanto inizia, a tutto campo, il percorso

3. c’è altro: “la sua è un’arte dell’abitare e dell’insediamento antropometrico? Così parrebbe” (Tommaso Trini). Ma pure la figura di casa genera la novità – quasi un gesto etico e forse proprio quello – del pensiero quale “oggetto” che significa e dona aurea all’odissea del percorso: la puntualità dell’evento. La casa di foglie germina, crea e disperde: si muove e concentra

[nota: a metà anni ’80 progettai un testo di un centinaio di pagine “la poesia numerica di Mario Merz” a proposito del volume di Mario Merz “voglio fare subito un libro”. Quel mio testo andava a cercare di decifrare il fare poetico nella scrittura di Merz. Ci fu un confronto, per quel mio testo, con Jole De Sanna, un’intesa di intenti che mi portò a una lunga amicizia con la critica d’arte militante di Jole. A lei dedico.
Per le cronache future: quel mio testo è ancora inedito per mia disattenzione tranne questa prefazione che è stata pubblicata qui