La retrospettiva "Caspar David Friedrich: The Soul of Nature", ospitata dal Metropolitan Museum of Art di New York dall’8 febbraio all’11 maggio 2025, è un evento che non ha precedenti per il pubblico americano. Per la prima volta, il genio di Caspar David Friedrich – una delle figure più emblematiche del Romanticismo – viene celebrato su larga scala negli Stati Uniti, offrendo un’occasione unica per scoprire (o riscoprire) l’opera di un artista che ha saputo trasformare la pittura di paesaggio in una riflessione sull’anima e sull’infinito.
Per capire l’importanza di questa retrospettiva, è essenziale contestualizzare Friedrich all’interno del movimento romantico. Siamo tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, in un’Europa sconvolta dai cambiamenti politici, sociali e culturali. È il tempo della Rivoluzione francese, di Napoleone, del Risorgimento, ma è anche l’epoca in cui gli artisti iniziano a guardare dentro di sé, trovando nella natura una risposta alle grandi domande esistenziali. Il Romanticismo non è solo un movimento artistico, è un modo di vivere, di percepire il mondo: una celebrazione dell’individuo, delle emozioni, e di tutto ciò che è sublime, misterioso, irraggiungibile.
In questo panorama, Caspar David Friedrich emerge come una figura quasi mistica. Nato nel 1774 a Greifswald, città affacciata sul Mar Baltico, Friedrich cresce circondato da un paesaggio che sembra già predestinato a ispirare la sua poetica: coste rocciose, cieli immensi, foreste profonde. Ma la sua vita è segnata anche da eventi tragici che influenzeranno profondamente la sua arte: la perdita di diversi familiari, tra cui un fratello maggiore annegato davanti ai suoi occhi, imprime nella sua sensibilità un senso del tragico e della mortalità che non lo abbandonerà mai.
La retrospettiva del Met non è solo un’esposizione di dipinti, è un viaggio emozionale e intellettuale attraverso il mondo di Friedrich. La mostra è suddivisa in sezioni tematiche, ciascuna dedicata a un aspetto della sua poetica.
Friedrich non dipinge semplicemente la natura: la vive, la contempla, la trasforma in un simbolo. Nei suoi quadri, il paesaggio non è mai neutrale. Alberi spogli, mari tempestosi, montagne innevate: ogni elemento è carico di significati, come se il mondo naturale fosse una metafora della condizione umana. Prendiamo ad esempio "Il viandante sul mare di nebbia": quel personaggio solitario, in piedi su una roccia, non sta solo guardando un mare di nebbia. Sta guardando se stesso, sta cercando risposte alle domande più profonde sull’esistenza.
La parola "sublime" è fondamentale per capire Friedrich. Non si tratta solo di bellezza: il sublime è quella sensazione di meraviglia e paura che proviamo di fronte all’immensità della natura. E Friedrich è un maestro nel catturare questa emozione. In opere come "Il monaco in riva al mare", il contrasto tra la piccola figura umana e l’infinità del cielo e del mare ci fa sentire minuscoli, ma al tempo stesso parte di qualcosa di più grande.
Friedrich è profondamente affascinato dal passare del tempo e dalla fragilità della vita. Molti dei suoi dipinti includono rovine gotiche, croci solitarie, cimiteri. Ma queste immagini non sono mai completamente cupe: c’è sempre una luce, un cielo, un orizzonte che suggeriscono la possibilità di trascendenza. "Abbazia nel querceto" ne è un esempio perfetto: le rovine di una chiesa gotica, avvolte dalla nebbia e circondate da alberi spogli, sembrano parlare della fine, ma anche di una continuità spirituale.
Una delle sorprese della retrospettiva è la presenza di numerosi disegni e schizzi preparatori, che ci permettono di entrare nel laboratorio creativo di Friedrich. Nonostante il risultato finale sembri quasi mistico, Friedrich lavorava con una precisione quasi scientifica. I suoi schizzi della natura sono dettagliati, minuziosi, e mostrano un’osservazione attenta del mondo reale. Eppure, quando questi elementi vengono combinati nei suoi dipinti, il realismo lascia spazio alla visione.
Organizzare una mostra di questa portata non è stato semplice. Molte delle opere di Friedrich sono considerate tesori nazionali in Germania e raramente lasciano il paese. Ma grazie alla collaborazione con istituzioni come l’Alte Nationalgalerie di Berlino, gli Staatliche Kunstsammlungen di Dresda e l’Hamburger Kunsthalle, il Met è riuscito a ottenere prestiti eccezionali. Oltre a questi, ci sono opere provenienti da collezioni private e da musei americani che possiedono lavori meno noti di Friedrich.
La mostra sarà accompagnata da un catalogo illustrato, che includerà saggi di alcuni dei maggiori esperti internazionali sull’arte romantica. Ma il Met non si ferma qui. Durante i mesi della retrospettiva, il museo organizzerà una serie di eventi collaterali, tra cui conferenze, laboratori artistici e proiezioni cinematografiche, per approfondire il legame tra Friedrich e la cultura moderna.
Un aspetto particolarmente interessante è il parallelo che molti critici stanno tracciando tra l’arte di Friedrich e le sfide contemporanee legate alla crisi ambientale. I suoi paesaggi, con la loro bellezza fragile e il loro senso di rispetto per la natura, sembrano quasi un monito per il nostro tempo. In un’epoca in cui il mondo naturale è minacciato, Friedrich ci ricorda che la natura non è solo uno sfondo, ma un protagonista.
Alla fine, il messaggio di Friedrich è universale. I suoi dipinti parlano di solitudine, di bellezza, di eternità. Ci invitano a fermarci, a guardare il mondo con occhi diversi, a vedere la natura non come qualcosa da sfruttare, ma come qualcosa da rispettare e ammirare. In un mondo che corre sempre più veloce, Friedrich ci invita a rallentare, a contemplare, a riflettere. E forse, proprio per questo, la sua arte non è mai stata così attuale.