lunedì 3 febbraio 2025

Lady Shalott: rompere specchi e maledizioni con stile

Un aspetto interessante di Lady Shalott è che, al di là del suo tragico destino, la sua storia si presta a mille riletture. La torre in cui è rinchiusa diventa simbolo di tutte quelle prigioni che ci costruiamo da soli: la paura di fallire, l’ansia del giudizio altrui, o magari semplicemente la pigrizia di chi si adagia nel tepore del quotidiano, preferendo non rischiare.

Il punto è che Lady Shalott, con il suo sguardo sul mondo attraverso uno specchio, ci ricorda quanto sia illusorio pensare di poter vivere senza davvero sporcarsi le mani. Guardare senza partecipare, osservare senza coinvolgersi, ci trasforma in spettatori passivi, in una sorta di spettro che vaga per le stanze della propria esistenza. Ed è proprio questo il cuore della maledizione: non un incantesimo lanciato da una strega cattiva, ma l’auto-esclusione dal mondo, la paura di affrontarlo con tutte le sue incertezze.

Quando Elaine spezza lo specchio e guarda Lancillotto direttamente, non sta solo infrangendo un tabù; sta compiendo un gesto di ribellione, anche se tardivo. La sua decisione di mettersi sulla barca per Camelot, pur consapevole delle conseguenze, diventa un atto di coraggio, un tentativo estremo di affermare sé stessa. E forse è proprio questo il vero dramma: Lady Shalott si risveglia solo quando è troppo tardi.

I Preraffaelliti, con il loro gusto per il simbolismo e l'estetismo malinconico, colgono perfettamente questa tensione. Nelle tele di Waterhouse, l’acqua scura che avvolge la barca diventa una sorta di confine tra il mondo dei vivi e quello dei morti, ma anche tra il sogno e la realtà. C’è una dolcezza infinita nei dettagli: le pieghe del vestito, il movimento leggero delle candele che rischiarano appena il cammino, il tappeto che scivola a sfiorare l’acqua come se stesse salutando il mondo per l’ultima volta.

Eppure, nonostante la cupezza del tema, c’è qualcosa di profondamente liberatorio in questa immagine. Lady Shalott non si nasconde più. Ha scelto di affrontare il rischio, di vivere un ultimo slancio di passione e autenticità. E se ci pensi bene, questo è l’aspetto che rende immortale il suo mito.

Forse Lady Shalott non è altro che una delle prime eroine della storia a insegnarci che è meglio sbagliare che restare immobili, meglio soffrire che guardare la vita scorrere da una finestra. E se l’arte, con i suoi dipinti e le sue poesie, ce la restituisce sempre giovane e bellissima nella sua veste bianca, è solo per ricordarci che c’è sempre tempo per ribellarsi, per rompere specchi e torri, e per salpare verso la nostra personale Camelot – possibilmente senza affogare, ma con un bel brindisi di vittoria.