martedì 4 febbraio 2025

Quando la satira sbaglia bersaglio: il caso Zoolander 2 e il pentimento di Benedict Cumberbatch


Il cinema ha sempre avuto il potere di far ridere, riflettere e, talvolta, indignare. Le commedie, in particolare, giocano con gli stereotipi, esagerandoli fino all’assurdo per smascherare le contraddizioni della società. Ma cosa succede quando la risata non colpisce chi detiene il potere, bensì chi è già marginalizzato? Quando la satira, invece di mettere in discussione i pregiudizi, finisce per alimentarli?

Nel 2016, il film Zoolander 2, sequel della celebre commedia del 2001 diretta e interpretata da Ben Stiller, si trovò al centro di un acceso dibattito sulla rappresentazione delle identità di genere. La pellicola, che avrebbe dovuto replicare il successo del primo capitolo con la sua comicità surreale e le sue parodie sul mondo della moda, finì invece per sollevare un’ondata di critiche e proteste.

Il motivo? Il personaggio di All, una modella non binaria interpretata da Benedict Cumberbatch, che per molti spettatori risultò una caricatura offensiva delle persone di genere non conforme.

A distanza di anni, lo stesso Cumberbatch ha riconosciuto che accettare quel ruolo fu un errore. «Infastidire il pubblico con la mia performance è stato un errore che oggi non ripeterei», ha dichiarato in un’intervista recente. Le sue parole riflettono un cambiamento significativo nell’industria cinematografica e nella sensibilità del pubblico: ciò che nel 2016 poteva ancora essere tollerato (seppur con polemiche), oggi sarebbe probabilmente considerato inaccettabile.

Ma per comprendere pienamente il caso Zoolander 2, è necessario analizzarlo nel contesto del suo tempo, esaminando la reazione del pubblico, le conseguenze per il film e, soprattutto, il modo in cui ha segnato un punto di svolta per Hollywood nella rappresentazione delle minoranze.


Il personaggio di All: una parodia che ha fallito

All’apparenza, il personaggio di All doveva incarnare la stravaganza del mondo della moda, un universo dove l’identità e l’estetica sono spesso fluide e sopra le righe. Nella scena incriminata, Zoolander (Stiller) e Hansel (Owen Wilson), due modelli tanto belli quanto ingenui, incontrano All e, confusi dalla sua apparenza androgina, le pongono una domanda diretta: «Sei un maschio o una femmina?».

La risposta del personaggio, «Tutto è fluido», voleva essere una battuta sulla mentalità limitata dei due protagonisti, ma venne percepita come una ridicolizzazione delle identità di genere non binarie.

Il problema principale non risiedeva solo nelle parole, ma nella messa in scena complessiva: All veniva presentata come una figura bizzarra, quasi aliena, e il suo aspetto volutamente esagerato sembrava più una parodia che un tentativo di rappresentazione autentica. Inoltre, la scelta di far interpretare il ruolo a un attore cisgender come Cumberbatch fu vista come un’ennesima conferma della tendenza di Hollywood a escludere le persone queer dalla narrazione delle proprie storie.

Quella che poteva essere un’occasione per affrontare il tema con intelligenza e ironia si trasformò in un boomerang: invece di prendere in giro il pregiudizio dei protagonisti, il film sembrava confermarlo.


L’indignazione del pubblico e il boicottaggio

Già alla pubblicazione del primo trailer, le critiche sui social media furono feroci. Molti spettatori accusarono il film di scarsa sensibilità, sostenendo che la rappresentazione di All rafforzava stereotipi dannosi anziché combatterli.

La protesta assunse rapidamente una forma più organizzata: una petizione online chiese il boicottaggio del film, raccogliendo migliaia di firme nel giro di pochi giorni. Nel testo della petizione si leggeva:

«Il personaggio interpretato da Benedict Cumberbatch è palesemente una caricatura delle persone non binarie e di genere non conforme. Questa rappresentazione è dannosa e perpetua stereotipi negativi su una comunità già spesso marginalizzata. Hollywood deve smettere di trattare le identità di genere come uno scherzo e iniziare a dare spazio a narrazioni autentiche».

Ben Stiller e la produzione cercarono di difendersi, sostenendo che la satira era diretta all’ignoranza dei personaggi principali e non alle persone non binarie. Ma le spiegazioni non bastarono: il danno era fatto e il film venne etichettato come un esempio di transfobia nel cinema mainstream.

Il risultato? Un flop al botteghino. Nonostante un budget di circa 50 milioni di dollari e un cast di star, Zoolander 2 incassò solo 56 milioni a livello globale, ben al di sotto delle aspettative dello studio. La critica non fu più clemente: molte recensioni definirono il film datato, insensibile e, cosa ancora peggiore per una commedia, poco divertente.


Benedict Cumberbatch e il mea culpa postumo

Negli anni successivi, Hollywood ha visto un cambiamento significativo nella rappresentazione delle minoranze, e anche gli attori coinvolti in episodi controversi hanno iniziato a rivedere le proprie scelte passate.

Benedict Cumberbatch, noto per ruoli complessi in film come The Imitation Game (dove interpretava il matematico omosessuale Alan Turing) e nei film Marvel come Doctor Strange, ha recentemente ammesso di essersi pentito della sua interpretazione in Zoolander 2.

«Guardando indietro, mi rendo conto di quanto sia cambiata la sensibilità collettiva su questi temi», ha dichiarato. «All’epoca non compresi appieno l’impatto che una rappresentazione del genere poteva avere. Oggi non accetterei un ruolo simile».

Le sue parole riflettono una consapevolezza crescente nel mondo dello spettacolo: la comicità può essere tagliente e irriverente, ma deve anche essere responsabile.


Il lascito di Zoolander 2: una Hollywood più attenta?

A distanza di anni, il caso Zoolander 2 rappresenta un momento chiave nella trasformazione dell’industria cinematografica. Se un tempo Hollywood trattava la diversità di genere come un elemento esotico o comico, oggi il pubblico richiede una rappresentazione più autentica e rispettosa.

Film e serie come Pose, Euphoria, Heartstopper ed Everything Everywhere All at Once hanno dimostrato che la rappresentazione delle identità non binarie e transgender può essere non solo accurata, ma anche di grande successo.

Al tempo stesso, il dibattito sulla satira continua: c’è chi teme che Hollywood stia diventando troppo cauta, sacrificando l’irriverenza in nome della correttezza politica. Ma la verità è che una comicità intelligente non ha bisogno di ridicolizzare le minoranze per essere efficace.

Il fallimento di Zoolander 2 ha dimostrato che il pubblico non è più disposto a ridere di chi è già ai margini, ma vuole una comicità che sappia far ridere tutti, senza escludere nessuno.

Il cinema ha il potere di cambiare le percezioni e di dare voce a chi è stato a lungo invisibile. Ed è proprio questa la lezione più importante che Hollywood, e gli artisti che ne fanno parte, devono imparare: l’inclusione non è una moda passeggera, ma una responsabilità che non può più essere ignorata.