Stefano Dal Bianco rappresenta una delle figure più complesse e rilevanti della poesia italiana contemporanea, non solo per il valore della sua opera poetica, ma anche per il suo ruolo di critico, teorico e docente. Nato a Padova il 3 marzo 1961, ha attraversato negli ultimi decenni un percorso che lo ha portato a confrontarsi con le maggiori correnti della poesia italiana, rielaborandole in una direzione del tutto personale. La sua scrittura si caratterizza per una continua tensione tra il rigore formale e la ricerca espressiva, tra la consapevolezza della tradizione e la necessità di un rinnovamento del linguaggio. Il suo approccio alla poesia si nutre di una profondità filosofica e di una consapevolezza linguistica che lo distinguono nel panorama letterario italiano.
Fin dagli anni universitari, la sua attenzione si concentra sulla parola poetica non solo come strumento di espressione, ma anche come veicolo di conoscenza. La sua formazione avviene all’Università di Padova, dove si laurea in Storia della Lingua Italiana con una tesi dedicata ad Andrea Zanzotto, poeta che diventerà un riferimento imprescindibile per la sua ricerca. Il legame con Zanzotto non è semplicemente un rapporto di studio, ma una sorta di dialogo a distanza, in cui Dal Bianco raccoglie l’eredità linguistica e concettuale del maestro, rielaborandola in modo autonomo. Zanzotto, con la sua riflessione sulla lingua come spazio di crisi e possibilità, offre a Dal Bianco una chiave di lettura del contemporaneo che si tradurrà in una scrittura sempre in bilico tra disincanto e tensione conoscitiva.
L’attività critica e il ruolo nella poesia italiana
Parallelamente all’attività poetica, Dal Bianco si è distinto come critico letterario e curatore. Negli anni Ottanta fonda e dirige la rivista Scarto minimo, uno spazio di riflessione sulla poesia contemporanea che diventa un punto di riferimento per le nuove generazioni di poeti e studiosi. La rivista nasce con l’intento di superare le contrapposizioni ideologiche e di proporre un confronto aperto tra diverse poetiche, ponendo al centro l’indagine sulla forma e sulla funzione della poesia nel mondo contemporaneo. Attraverso Scarto minimo, Dal Bianco contribuisce a definire un nuovo canone della poesia italiana, aperto alle innovazioni linguistiche ma sempre attento alla qualità formale del testo.
Negli anni Novanta entra a far parte della redazione della rivista Poesia, una delle più autorevoli in Italia, e attraverso questa esperienza consolida il suo ruolo nel panorama poetico nazionale. In questo periodo, oltre a pubblicare recensioni e saggi critici, partecipa attivamente ai dibattiti sulla poesia italiana, portando avanti una visione della poesia come luogo di sperimentazione ma anche di resistenza alle derive della comunicazione di massa. La sua riflessione si concentra sul rapporto tra poesia e realtà, sulla capacità del linguaggio poetico di interrogare il presente senza cedere alla superficialità della cronaca.
Dal Bianco non si è limitato alla sola attività critica, ma ha lavorato anche come curatore di opere poetiche. Un contributo fondamentale è stato il suo lavoro su Andrea Zanzotto, culminato nell’edizione critica di alcuni suoi testi e in saggi che ne approfondiscono la poetica. Questo impegno filologico testimonia il suo interesse per la tradizione come elemento vivo, da interrogare e reinterpretare continuamente.
La poetica: memoria, paesaggio e coscienza linguistica
Dal Bianco esordisce come poeta con La bella mano (1991, Crocetti), un’opera che già contiene i temi centrali della sua poetica: il rapporto con la memoria, l’indagine sulla forma poetica, la tensione tra ordine e disordine. In questa raccolta, la poesia si fa strumento di esplorazione dell’identità individuale e collettiva, in un continuo confronto con il passato e con la fragilità del presente. Il titolo stesso, La bella mano, suggerisce un’ambivalenza: da un lato l’idea della bellezza formale, dall’altro la consapevolezza della precarietà di ogni costruzione umana.
Con Stanze del gusto cattivo (1991, Guerini e Associati), Dal Bianco approfondisce la dimensione più intima e riflessiva della sua poesia. In questa raccolta, il linguaggio si fa più essenziale e spoglio, con una ricerca quasi ascetica della parola giusta. Il “gusto cattivo” del titolo allude a una coscienza critica che attraversa tutto il libro, una sfiducia nei confronti delle certezze estetiche e morali che caratterizza molta della poesia contemporanea.
L’opera Ritorno a Planaval (2001, Mondadori) segna un momento di svolta nella sua produzione. Il paesaggio alpino di Planaval diventa metafora di una condizione esistenziale: la montagna è al tempo stesso luogo di contemplazione e di isolamento, simbolo di una tensione tra desiderio di assoluto e limite della realtà. La poesia di Dal Bianco si fa qui più narrativa, ma senza rinunciare alla precisione formale che caratterizza la sua scrittura.
Con Prove di libertà (2012, Mondadori), Dal Bianco affronta il tema della libertà in modo radicale. La raccolta si interroga su cosa significhi essere liberi in un’epoca segnata da condizionamenti culturali e politici sempre più pervasivi. La poesia diventa qui un atto di resistenza, un tentativo di affermare uno spazio di autenticità in un mondo dominato dalla retorica e dall’omologazione.
L’ultima raccolta, Paradiso (2024), segna un ulteriore passo avanti nella ricerca poetica di Dal Bianco. Il titolo suggerisce un’aspirazione alla trascendenza, ma il paradiso evocato non è mai un luogo di consolazione: è piuttosto uno spazio di domanda, di attesa, di sospensione. La poesia si fa qui più rarefatta, quasi mistica, ma sempre radicata nell’esperienza concreta.
L’insegnamento e l’impegno accademico
Oltre alla sua attività di poeta e critico, Dal Bianco ha svolto un ruolo fondamentale nella formazione di nuove generazioni di poeti e studiosi. Attualmente insegna Poetica e Stilistica all’Università di Siena, dove ha portato avanti una ricerca che intreccia teoria e pratica della scrittura poetica. Il suo metodo didattico si basa su un’idea della poesia come disciplina rigorosa, che richiede studio, esercizio e consapevolezza storica.
Nel suo insegnamento, Dal Bianco insiste sull’importanza della lettura dei classici, ma anche sulla necessità di confrontarsi con le sfide del presente. La sua visione della poesia non è mai nostalgica o puramente estetizzante: al contrario, si tratta di un’arte che deve interrogare il reale, cercando nuove forme di espressione senza perdere di vista il valore della tradizione.
Conclusione
Stefano Dal Bianco si impone come una delle figure più significative della poesia italiana contemporanea, capace di coniugare ricerca linguistica e impegno critico. La sua opera rappresenta un punto di incontro tra tradizione e innovazione, tra rigore formale e apertura al mondo. In un’epoca in cui la poesia rischia di essere relegata ai margini del discorso culturale, la sua voce si distingue per la profondità della riflessione e per la qualità della scrittura. Con il suo lavoro, Dal Bianco dimostra che la poesia può ancora essere uno strumento di conoscenza e di trasformazione, capace di dare forma al pensiero e di aprire nuove prospettive sul mondo.