(È durissimo non esistere più, non essere più in qualcosa. Da anni. Che paiono secoli.
Il vero dolore consite nel sentire il proprio pensiero spostarsi dentro di sé. Ma il pensiero, come un’ombra, non è certo una sofferenza.
No, in ogni estirpamento corporeo, ogni diminuzone dell’attività fisica, il luogo da cui più si torna indietro, questo fastidio che si percepisce impercepito che si ha sentendosi dipendere nel proprio corpo autorale inesistente, e questo stesso corpo autorale carico di marmo e disteso su un legno scadente o su dell’acqua immobile.
Non uguagliamo la pena che si ha sapendosi privati dalla scienza fisica del pensiero e dal senso del proprio equilibrio interno.)
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