Per chi non lo sapesse, Fabio Galli, dalla seconda metà degli anni ’80 ai primi anni ’90, è stato redattore della rivista Poesia presso Crocetti Editore ed in seguito ha lavorato come redattore esterno per il gruppo Elemond, poi, in qualità di direttore responsabile, alla rivista Mix, viaggiare attraverso le culture, di C&A edizioni, Monza.
Durante questo periodo Galli ha pubblicato numerose poesie, talvolta servendosi di diversi pseudonimi. Suoi versi sono apparsi sulle riviste Alfabeta (con una presentazione di Antonio Porta), Poesia (fondata da Nicola Crocetti), Tracce, Via Lattea, Offerta Speciale. Sulla rivista Poesia del gennaio 1993 (n°58) ne I poeti di trent’anni Milo De Angelis selezionò una serie di componimenti e prose poetiche di Fabio Galli tratti da da Cani d’amore.
Attualmente, con lo pseudonimo di Bo Summer’s, collabora al quotidiano digitale www.gaiaitalia.com, dove, alla sezione cultura, cura una rubrica, La pagina dello zio Bo. Nella stessa pagina ha gestito piccole sottorubriche Recensenda (critica letteraria), e Memoranda (riletture e riproposizioni di autori che ha amato). Ora con Riesumanda propone suoi vecchi testi che si perderebbero nel vuoto pneumatico della dimenticanza.
All’edizione del 2014 del Teatro Festival promosso da www.gaiaitalia con la collaborazione del Teatro Studio Uno di Roma, Fabio Galli ha partecipato con una conferenza dal titolo La cultura come diritto umano fondamentale. Recentemente l’autore ha pubblicato, in formato e-book, due libri: Storie, una raccolta di racconti di Bo Summer’s (pseudonimo dell’autore) e Soufiane El Khayat , e il romanzo El Horno, alla stesura del quale ha lavorato per dieci anni.
Il 3 ottobre sarà presente ai #weekendleterarifest nel Comune di Casalgrande (RE)
quasi a spregio di tutto quello che sta accadendo intorno al mio nome, vi ricordo questo:
Florilegio
si rialzò, guardò le fotografie che coprivano le pareti e riconobbe alcuni di quei visi. Tornarono lentamente, a piedi, verso la casa dove gli era stata preparata la camera. Il giovane tremava di gioia in presenza di quella grande anima venuta da tanto lontano, per portargli le parole. Ma perché ricordava ora il ritorno per la campagna addormentata? Si stupi del piacere che avvertiva in quelle corrispondenze. Una sera si sorprese a baciare la fotografia. In ginocchio, davanti alla finestra aperta che inquadrava il liquido. “Allora, vuoi essere mio amico?” Fuori, nelle vie deserte alle dieci, poterono parlare. Alla porta dell’albergo dovette lasciarsi. “Ebbene, gra noi è per la vita e per la morte caro!”
[da Poesie su Antologia Trame della parola a cura di Antonio Spagnuolo, edizioni Tracce, 1985]
avevano dovuto smettere di discutere perché là essa si era fermata: affannata, lucente, di vertita, battendo le lunghe ciglia del sorriso. I vetri neri risplendevano. Le pareti, con un rumore assordante, sparirono. Sorgeva improvvisamente al di sopra di quei gruppi: adorava Baal e declamava, imprecava, vagava a grandi passi, le mani levate al cielo. Correva lungo le tavole imbandite per la festa. Sotto le sue catene arrugginite si accatastavono i loro corpi, vaste vallate si aprivano rovesciandosi in ampie fiumane rosse. La festa, quella vera, doveva ancora iniziare
[da Impura, edizioni Tracce, collana I campi magnetici, 1986]
le ombre vanno dalla parte dei lanci. Un minuto, magnificamente, si fermano davanti a me, così vicine da assumere il ruolo di chiassosi lumi e guizzi incarnati all’aorlo della soddisfazione. Poi le loro parole di marmo rosa “tu che ami”. Io lascio guardare all’interno della disperazione – per quanto possibile – è una specie di llarme prematuro. Accanto a me – come ideale delle Foreze delle Diaboliche Visitazioni – c’è un messaggio. Le parole di fuoco sono “non si possono confondere, per quanti videro queste cose, col fracasso dei sassi, queste voci!”
[da Caròla, Crocetti editore, 1992]
ancora non è vittima a nulla. Di verde e di rosa è mite. Per i visceri suoi non è più in crescita. Non sarebbe ben buona educazione spalancare il suo balcone – non vi pare? – non ama alcuno e perciò. Grande Agitazione. “Madonna che allegria!” lì a ripetere svoltando fra il vecchio rosso ottenuto all’estate, gettao su di una sedia. Consulto al parlo, la voce che s’aggrotta rivolge al sottomettersi, al guardiano del luogo: tremano al vincersi. Di nuovo al bosco, al territorio d’acqua che non è nulla – se non acqua sobria all’ascolto e un maggio viene ad adescare, signore!, al possesso che può essere esercitato. Lì, come a vedere eguale allo stesso genere
[da Prima, nella storia, ancora, Bandecchi e Vivaldi editore, 1995]
bene. Queste cose venivano prese in considerazione, forse era un altro Mondo o forse sono di un altro Mondo io, non saprei…
(28 settembre 2015)
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