Le cose, sotto sigillo, creano un’atmosfera di sordo dolore. Limitata al mondo, tremenda. E queste sono le mie contrade incerte. La mia scrittura ne è una prova, un altrui che sboccia in gesti terribili.
Ma l’unicità di un atto può avere una propria efficacia. Nel corso della sua esistenza, questa scrittura,nella sua ingenuità e approssimatezza, per un tragico destino, il mio, riuscirà a chiamarsi valore. Prima o poi. o mai. Ma anche diverrà un tempo oltre, un proseguimento insomma.
Forse non vi è più molto di presente, di questo presente, se non intenzionalmente il mio rifugiarmi altrove, in un tempo altrove. Nel rigore. Ma è giusto che sia così.
Mi è ignoto tutto il resto se chi scrive, quando scrive, non genera smarrimento. Questo non essere nel non presente. Ci si allontana, prudenti, da un’esperienza che è essa stessa grido.
Chissà se l’identità di questo mio lavoro sulla scrittura riuscirà ad imbrigliarla a poco a poco questa lingua, lentamente in un’impalpabile polvere grigia, nell’oblio del mio stesso pensamento di non scrivere più. Prima o poi.
(7 marzo 2015)
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