martedì 20 giugno 2023

la poesia numerica di Mario Merz


INFORMARE

“Ma si può fare informazione sull’arte, e però né arte, né informazione sull’arte esistono senza aggettivi.” – Mario Merz

1. già da qualche anno queste forme vengono messe in discussione nella linearità stessa dei loro procedimenti (“Non basterebbero decine di pagine a riassumere e riepiogare i tanti tentativi che […] sono stati messi in atto per cercare di far coincidere, o almeno assimilare, certe strutture artistiche e certe strutture scientifiche: ho già ossevato, più di una volta, che le elucubrazioni attorno al Numero Aureo, alla serie fibonacciana, alle regola armoniche si erano rivelate come deludenti e inattendibili” – Gillo Dorfles, in “L’Arte, la Scienza”)

2. c’è da dire, invece, che in alcuni artisti.. per Merz, piuttosto, si dovrebbe parlare di una risemantizzazione, a vari livelli, di questo spazio che alcuni sperimentalismi avevano lasciato vuoto. Lo spazio di Merz è spazio di produzione di spazio. Tautologia, invero: la sapienza dello spazio, la sapienza dell’Arte

3. pensiamo a “sentiero per qui”, Triennale di Milano, 1986. Tutto nella sua opera – e ogni opera d’artista è summa dell’opera intiera dell’artista – attraverso tautologie concettuali (cfr Luciano Fabro per il senso di Tautologia) al movimento dinamico quasi a indicazione che ogni opera d’arte è fulcro di creazione energetica: costituisce il centro del mondo. L’igloo non è che assoluto spazio delimitato da materiale non trasparente (legno) come volontà d’isolamento e pure da materiale trasparente (vetro) che è relazione visuale con l’interno

ENERGIA

“i numeri vivi danno delle visioni” – Mario Merz

1. il numero come eccitante, rivelazione d’energia, quantità dinamica che induce verso una creazione di realtà, il numero come un atto di evoluzione che dia realtà a qualcosa altrimenti inconsistente: “i numeri sono un determinato e quindi conoscibile grado di organizzazione di energia”

2. Merz, sostanziato da una simile conoscenza, ha nel numero (nel suo accrescimento esploso, naturale e viscerale) la sua peculiarità, disegnando immagini e pensieri in un continuum abilmente orchestrato in sequenze naturali col risultato di produrre un lavoro mimeticamente esposto “per un maggior potenziale di energia”

3. materiali fragili e micidiali: immagini esposte. Merz li manovra con disinvoltura, sorprendendosi nel loro pericoloso fascino ma pure senza lasciarsi irretire nelle loro secche o esporsi a un canto ambiguo, affidandosi a un canto senza meraviglie e senza favole ma nella piena coscienza di natura

LA GERMINAZIONE DELLA COSA

“il cartello di foglie è un’architettura ideale” – Mario Merz

1. occorre riconoscere che la “casa tra gli alberi” è una tesi intrigante. Merz ci offre un referente se non addirittura il luogo fisico seppure sconosciuto e decentrato ma perfettamente rintracciabile. Non è poco. È un atto qualificato quanto coraggioso, quello dell’artista, che si produce già in sede di prefazione, di composizione poi
2.  ci si accorge del vuoto dell’igloo-casa: vuoto mobile, secondo Fibonacci (numerazione naturale) che apre la misura dell’interesse: l’alloggio, con sapienza e documento dell’artefice, pone all’interno e interpreta quel vuoto come silenzio in cui chiamare, a dispetto, le voci a tutto campo. Pertanto inizia, a tutto campo, il percorso

3. c’è altro: “la sua è un’arte dell’abitare e dell’insediamento antropometrico? Così parrebbe” (Tommaso Trini). Ma pure la figura di casa genera la novità – quasi un gesto etico e forse proprio quello – del pensiero quale “oggetto” che significa e dona aurea all’odissea del percorso: la puntualità dell’evento. La casa di foglie germina, crea e disperde: si muove e concentra

[nota: a metà anni ’80 progettai un testo di un centinaio di pagine “la poesia numerica di Mario Merz” a proposito del volume di Mario Merz “voglio fare subito un libro”. Quel mio testo andava a cercare di decifrare il fare poetico nella scrittura di Merz. Ci fu un confronto, per quel mio testo che mai vide luce editoriale per mia incuria, con Jole De Sanna, un’intesa di intenti che mi portò a una lunga amicizia con la critica d’arte militante di Jole. A lei dedico]