Cadi nella carta, amore, cadi con tutta la grazia delle farfalle ubriache di luna. Traccia due righe, no, due sussurri, con mani che tremano come fili d’erba al vento cosmico. Anche se il cuore danza sul filo del rasoio e i nervi sono orchestre stonate. Ogni giorno, Fabio, ogni giorno. Schiaccia le parole tra i denti come caramelle amare, sputale pure, anche se non hanno senso, se sono scarabocchi d’un sogno fuggito.
Scrivere... oh, la più meravigliosa delle fandonie, la più gloriosa delle beffe! Ci illudiamo di scolpire l’eterno, di domare l’infinito, mentre disegniamo serpenti neri su fogli d’assenza. Ma questo è il gioco della sorte, l’unico spettacolo in cui ti sei trovato attore senza copione. E allora scrivi, amore mio, scrivi come se dovessi estrarre dall’inchiostro una chiave d’argento, l’unica che forse aprirà quella porta segreta tra le stelle e la polvere.
Tra cumuli di carta morta, una linea, una, potrebbe risplendere come un miraggio in questo deserto di parole.