venerdì 3 gennaio 2025

Quando i Lanzichenecchi lasciarono il segno: il graffito che racconta il Sacco di Roma alla Villa Farnesina

Durante i recenti restauri della Villa Farnesina, uno dei capolavori del Rinascimento italiano incastonato nel quartiere di Trastevere a Roma, è riemersa una testimonianza straordinaria e inaspettata del passato turbolento della città. Nascosta tra le colonne della celebre sala delle Prospettive, magnificamente affrescata da Baldassarre Peruzzi, è stata scoperta un’iscrizione in lingua tedesca, incisa con caratteri gotici e datata 1528.

La frase, intrisa di sarcasmo e ironia, recita: "Perché io scrittore non dovrei ridere: i Lanzichenecchi hanno fatto correre il Papa."
Questa breve e pungente nota, quasi una burla vergata nella pietra, non è solo la traccia di un passaggio, ma un eco lontano del drammatico Sacco di Roma del 1527, uno degli episodi più violenti e umilianti della storia della città. I Lanzichenecchi, mercenari tedeschi al servizio dell’imperatore Carlo V, calarono su Roma con furia devastatrice, seminando morte, distruzione e saccheggi per mesi.

L’iscrizione probabilmente fu lasciata da uno di quei soldati, parte di un esercito che, spinto dalla fame, dall’avidità e dalla rabbia per il mancato pagamento, si riversò nella città eterna come un’orda inarrestabile. La frase tradisce non solo lo spirito di scherno nei confronti del Papa, costretto a rifugiarsi disperatamente in Castel Sant’Angelo per sfuggire all’assedio, ma anche un senso di grottesca soddisfazione per aver umiliato la massima autorità religiosa del tempo.

Ciò che rende questo graffito così prezioso è la sua natura diretta e spontanea, come una voce dal passato che si leva senza filtri attraverso i secoli. È un documento di storia non ufficiale, quella che sfugge ai cronisti e che si nasconde nei dettagli più inaspettati delle architetture sopravvissute. In un certo senso, l’incisione rappresenta la contro-narrazione di un’epoca, lo sguardo cinico di chi non scrisse la storia nei libri, ma sulle pareti e tra le rovine.

La sala delle Prospettive, con i suoi affreschi illusionistici che aprono l’architettura verso vedute immaginarie, funge quasi da cornice perfetta per questo insolito reperto. Proprio tra quelle colonne dipinte, che simulano aperture verso paesaggi idilliaci e architetture classiche, si annida il graffito, a ricordare che dietro la bellezza e la gloria del Rinascimento si celava anche la fragilità di Roma e la sua vulnerabilità agli eventi bellici.

La Villa Farnesina, originariamente dimora del ricchissimo banchiere Agostino Chigi, progettata per essere una residenza di delizia, divenne suo malgrado testimone silenziosa di uno dei periodi più bui per la città papale. E se gli affreschi raffigurano scene mitologiche e visioni di un mondo perfetto e armonico, l’incisione lascia affiorare l’altra faccia della medaglia: la storia non è fatta solo di arte e mecenatismo, ma anche di violenza, saccheggi e cicatrici che riaffiorano nei momenti più impensati.

Questa scoperta aggiunge un ulteriore strato di significato alla Villa Farnesina, rendendola non solo uno scrigno di arte e architettura rinascimentale, ma anche un luogo di memoria, capace di raccontare la storia di Roma nelle sue molteplici sfaccettature, dalle glorie alle sue più profonde ferite.