domenica 2 novembre 2025

Il Terzo Paradiso di Michelangelo Pistoletto alla Villa Reale di Monza

Un segno d’infinito per riconciliare natura, arte e responsabilità umana


A Monza, la Villa Reale riapre i suoi giardini al dialogo fra arte e mondo. Non si tratta di un semplice allestimento, ma di un gesto che ambisce a riscrivere la relazione tra spazio pubblico, paesaggio e coscienza collettiva. Dal 1° novembre 2025, Michelangelo Pistoletto ha portato nel cuore verde del complesso neoclassico progettato da Giuseppe Piermarini una nuova incarnazione del suo Terzo Paradiso: un simbolo planetario di equilibrio, composto qui da cento panchine in plastica riciclata che, disposte secondo il disegno dell’infinito riformulato, ridisegnano l’orizzonte dei Giardini Reali.

La mostra in cui l’opera si inserisce, intitolata “UR-RA – Unity of Religions – Responsibility of Art”, è più di un’antologica: è una dichiarazione di poetica e di fede nell’arte come linguaggio etico, come forma di pace preventiva. Curata da Francesco Monico, l’esposizione si snoda tra le sale nobili della Villa — con opere storiche che raccontano il cammino di Pistoletto dal 1957 a oggi, dai Quadri specchianti alla Venere degli stracci — per poi aprirsi, fisicamente e concettualmente, sul paesaggio esterno, dove il Terzo Paradiso prende corpo nella materia stessa del quotidiano.


Un infinito di panchine

La scelta delle panchine, e non di una scultura monumentale, è significativa: il gesto artistico si fa infrastruttura civica, oggetto d’uso, luogo d’incontro. L’opera non invita a contemplare, ma a sedersi, a sostare, a condividere. In questo senso, Pistoletto continua la sua esplorazione della relazione tra arte e vita, avviata fin dagli anni Sessanta con la Cittadellarte di Biella — laboratorio e comunità dedicata a fondere creatività e responsabilità sociale.
Le cento panchine, realizzate in materiale completamente riciclato, disegnano una figura che può essere colta pienamente solo dall’alto, o da una certa distanza: tre cerchi intrecciati che trasformano il segno matematico dell’infinito in un’icona antropologica. Il Terzo Paradiso, nella definizione dello stesso Pistoletto, è il luogo di congiunzione tra il primo paradiso — quello naturale, incontaminato — e il secondo — quello artificiale, dominato dalla tecnologia e dal consumo. L’artista ne fa il simbolo di una terza fase dell’umanità, in cui natura e artificio non si elidono ma si riconciliano, generando un nuovo equilibrio planetario.

A Monza, questa riconciliazione prende forma attraverso un gesto urbano: la panchina come segno della socialità ritrovata, come possibilità di sostare nel mondo invece di attraversarlo distrattamente. Ogni panchina è un invito alla relazione, e la loro disposizione in un disegno armonico trasforma la sosta individuale in un atto collettivo, un rito laico della convivenza.


Il dialogo con la Villa Reale

Collocato nei giardini della Villa, il Terzo Paradiso di Monza instaura un dialogo complesso con l’architettura e la storia del luogo. L’edificio, voluto dagli Asburgo nel XVIII secolo come residenza di villeggiatura, rappresenta una delle vette del neoclassicismo lombardo. La sua geometria perfetta, i volumi chiari e razionali, trovano un’eco nel disegno dell’opera, che dal terreno ridefinisce le proporzioni del paesaggio.
Visto dall’alto, il simbolo appare come una riscrittura del giardino all’italiana: un nuovo asse di simmetria, non più dedicato al potere o alla rappresentazione della natura dominata, ma alla costruzione di un’armonia possibile tra uomo e ambiente. Le panchine, bianche e leggere, si inseriscono nel verde come una costellazione terrena, un disegno vivente che muta con la luce e le stagioni.

Pistoletto sembra voler restituire alla Villa la sua funzione originaria: quella di un luogo di meditazione e di piacere visivo, ma anche di dialogo tra arte e natura. Solo che oggi il contesto è radicalmente mutato. Dove un tempo il giardino era spazio di controllo, di misura e di ordine, ora diventa simbolo di rigenerazione e di sostenibilità. Il gesto artistico, in questo senso, è profondamente politico: non si limita a esporre, ma propone un modello di comportamento, un modo di abitare poeticamente il pianeta.


Un’opera tra arte, ecologia e spiritualità

Con UR-RA, Pistoletto non si limita a esporre, ma rilancia una visione del mondo. “Unity of Religions – Responsibility of Art” non è uno slogan, ma un manifesto: la convinzione che l’arte possa farsi linguaggio comune, capace di tenere insieme la diversità delle culture e la necessità di una responsabilità condivisa verso la Terra.
Il Terzo Paradiso diventa così una forma di preghiera laica, una mandorla luminosa che unisce simboli religiosi e valori civici. Il cerchio centrale, spesso interpretato come grembo materno o cellula generativa, rappresenta l’atto creativo stesso: il punto in cui gli opposti trovano conciliazione, dove l’umano e il naturale, il sacro e il tecnologico si toccano senza annullarsi.

L’uso del materiale riciclato — panchine nate da scarti — non è un vezzo ecologista ma una scelta concettuale coerente. È la materia stessa a raccontare la possibilità di un ciclo vitale rinnovato, di un’economia che non distrugge ma reintegra. Il Terzo Paradiso non è solo un simbolo, ma un processo, un modo di intendere l’arte come gesto trasformativo.


Un simbolo in continua metamorfosi

Dal 2003, anno in cui Pistoletto ideò il Terzo Paradiso, il simbolo ha assunto infinite declinazioni: tracciato con pietre sull’altopiano di Bordeaux, disegnato con le zolle nel deserto del Sahara, composto di rifiuti elettronici, di piante, di luci, persino di corpi umani disposti in cerchio. Ogni volta, l’opera diventa luogo di incontro e di meditazione collettiva.
A Monza, la sua forma di panchine conferisce al progetto una dimensione domestica e civile: è l’arte che si fa quotidianità, spazio di conversazione e di riposo, architettura minima che include e accoglie. In un’epoca segnata da isolamento, da conflitti e da emergenze ambientali, Pistoletto affida al gesto dell’artista una funzione di cura. “Il Terzo Paradiso — ha dichiarato — è la formula della vita, un simbolo che genera futuro”.


Dall’arte alla comunità

La mostra alla Villa Reale non si chiude dentro la logica dell’esposizione museale: è un dispositivo di partecipazione. Ogni visitatore, sedendosi su una panchina, diventa parte del disegno. Ogni sosta, ogni conversazione, ogni sguardo condiviso contribuisce a ricreare il senso dell’opera, che esiste solo nella relazione.
L’artista, del resto, ha sempre concepito il pubblico come co-autore. Già con i Quadri specchianti degli anni Sessanta, Pistoletto aveva trasformato l’osservatore in protagonista, riflettendolo dentro l’opera. Oggi quel principio si amplifica nello spazio reale: la superficie specchiante si è espansa fino a comprendere il mondo stesso.

A Monza, dunque, il Terzo Paradiso non è solo un’installazione, ma un gesto di ricucitura: tra estetica e etica, tra individuale e collettivo, tra passato e futuro. Nei giardini che un tempo furono emblema del potere dinastico, ora cresce un segno d’infinito fatto di plastica riciclata, di sedute comuni, di silenzio e di respiro. È l’arte che si siede accanto a noi e ci invita a fermarci un istante — a pensare, a guardare, a sperare.


Un infinito da abitare

Chi osserva l’opera dall’alto delle finestre della Villa percepisce il disegno completo: il simbolo dell’infinito dilatato, che racchiude la promessa di un’umanità rigenerata. Ma chi cammina tra le panchine ne coglie la scala umana, l’intimità del gesto. Questa doppia prospettiva — cosmica e quotidiana — è forse la chiave del Terzo Paradiso: un’invocazione a vivere il mondo come un’opera d’arte collettiva.

Il visitatore che attraversa i giardini non entra in un museo all’aperto, ma in un organismo vivente. Ogni panchina è un tassello del pensiero di Pistoletto, ma anche una soglia verso l’altro, un piccolo atto di responsabilità. Sedersi, in questo caso, è un gesto politico. E quando, nel silenzio del parco, si coglie la forma che tutto unisce — la curva dolce dell’infinito che si fa respiro terrestre —, allora si intuisce che il Terzo Paradiso non è solo un’opera d’arte, ma un modo di guardare al mondo con occhi rinnovati.