venerdì 16 giugno 2023

di Bach e Pasolini, di Amore e Morte

Non intendo, in poche righe, voler rendere ragione né, da un lato, della divergenza dell’intero corpus delle opere pasoliniane, né, dall’altro, delle molte facce della sua disegno “mitologico”, attraverso una molteplicità di metodi che potrei affrontare, ma non è lo spazio o il luogo, questo. Sarebbe impossibile. Come sempre, cerco di instillare curiosità, o altro.

Di Bach, Pasolini sonda, soprattutto, l’aspetto eccelso ma anche ossimorico: la musica di Bach è un’immagine conflittuale, luogo di uno scontro disperante, di un conflitto fra Carne e Cielo… una lotta, cantata infinitamente, tra alcune note basse, velate, calde e alcune note stridule, terse, astratte.

La sua fine è stata al tempo stesso simile alla sua opera e dissimile da lui. Simile perché egli ne aveva già descritto, nella sua opera, le modalità squallide e atroci, dissimile perché egli non era uno dei suoi personaggi, bensì una figura centrale della nostra cultura, un poeta che aveva segnato un’epoca, un regista geniale, un saggista inesauribile. Dirà Alberto Moravia, io, timidamente, avrei da eccepire su questo luogo comune [come già ebbi a scrivere nella mia breve e sentita presentazione al volume Frocio e basta che su questa preziosa piattaforma venne presa in considerazione], ad esempio sull’immagine del martirio erotico della sua morte, che fonti ben note declinano e che io appoggio caldamente. Se posso.

Pier Paolo Pasolini 00

A tanti anni dalla sua scomparsa, ma a me paiono ancora troppo pochi, la tragedia mi è ben presente, leggere ancora uno scritto, seppur breve quanto questo mio, su Pasolini potrebbe sembrare un’impresa ardua e non giustificata a causa della gigantesca mole della sua produzione cinematografica e letteraria e dell’eccessiva trattazione biografica e saggistica sull’autore esistente. Invece, dietro queste poche righe, c’è un lavoro di grande fatica, che un giorno renderò noto, che pubblicherò, se potrò, e che approfondisce interessanti temi cari all’indimenticabile intellettuale e artista.

I suoi versi profetici continuano ad introdurre il mio senso estetico verso un autore amato e controverso, mai compianto abbastanza, attualissimo, la cui aura e carica comunicativa hanno contribuito a renderlo mito “nazional-popolare”. Proprio lui che incarnava lo spirito eversivo e critico rispetto alla cultura dell’epoca, e odierna, alla comunità intellettuale e alla stessa sinistra, alla quale aderiva da sempre e dalla quale veniva espulso. Proprio lui sempre teso ad essere impopolare. Beffardo destino. Lui il catto-comunista.

In un debole lezzo di macello / vedo l’immagine del mio corpo: / seminudo, ignorato, quasi morto. / È così che mi volevo crocifisso, / con una vampa di tenero orrore, / da bambino, già automa del mio amore.

L’eccessivo barocchismo e i toni melanconici del suo stesso classicismo si alternano maniacalmente in una dialettica fra sacro e profano che accompagnerà tutta la vita di Pier Paolo Pasolini fino a far divenire la musica di Johann Sebastian Bach il luogo reale ed isolato in cui il conflitto diviene finalmente catarsi.

Ma la tortura di Cristo è offrirsi, è un dono (come del resto si è sempre donato Pasolini al suo pubblico): Cristo si spoglia della propria soprannaturalità per far entrare la divinità nella materia e abbandonarsi all’oblio della pienezza della carne. Tutti sappiamo che Pasolini era affascinato dall’esposizione del corpo di Cristo sulla croce: le ferite sono aperte e bruciano sotto lo sguardo. Si identifica nelle opere di Bach, e al Cristo sulla croce, poiché vi scorge emotivamente una lotta che si fa tremenda anche sul piano stilistico, una lotta interiore che appartiene a entrambi e che coinvolge il regista e poeta al punto di definirle come altezze disperate.

Per Pasolini l’elemento musicale è fondamentale: lo si evince anche dalle sue sceneggiature, che presentano precise indicazioni musicali. Indicazioni sulla morte e l’affettività. Perfino l’attenzione a questo tema diviene profetica in Pasolini: ricordiamo infatti come anche il corpo massacrato viene abbandonato in una triste esposizione-espiazione.

Un fiume in piena attraversa tutta l’opera pasoliniana: il concetto del corpo che inevitabilmente lega e delimita la vita e la morte e, lontanissimo dall’antico dualismo tra anima e corpo, sostiene l’anima, permettendole di essere e di esprimersi, poiché i sentieri del pensiero e dell’esistenza sono come tracciati a fuoco sulla carne e la carne sta alla base dell’esperienza. È la sua vera possibilità. Ostentato, amato, preso a colpi, il corpo in Pasolini è il luogo inutilmente agevolato dell’epifania del sacro. Un corpo cristologico.

 

 

©Bo Summer’s 2013
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