Giovanni Segantini, maestro della pittura divisionista, ci regala un vero e proprio gioiello con il suo dipinto "Ave Maria a trasbordo", realizzato in due versioni, di cui questa è la seconda, datata 1886. L’opera ritrae una famiglia di pastori – padre, madre e il loro bambino – mentre attraversano in barca il lago di Pusiano, nella Brianza lombarda, insieme al loro piccolo gregge di pecore. È uno spaccato di vita semplice, ancorato alla terra, ma reso spirituale dalla maestria con cui Segantini cattura il rapporto tra l’uomo e la natura.
Segantini visse in Brianza nel 1882, e in quel periodo realizzò la prima versione di questo dipinto. Ciò che rende unica la seconda versione è la maturazione della sua tecnica e della sua visione artistica, che si distacca dal mero realismo per abbracciare una dimensione più simbolica e panteistica. Questo concetto centrale nel lavoro di Segantini – la fusione tra l’uomo e l’universo naturale, quasi in una comunione spirituale – emerge con forza nell’opera.
La luce, elemento chiave del suo linguaggio pittorico, non è soltanto un mezzo per rappresentare la realtà, ma diventa una metafora della vita e dell’anima stessa. In "Ave Maria a trasbordo", la luce del tramonto si riverbera dolcemente sull’acqua, illuminando la scena con una delicatezza quasi sacra. Questa luce avvolge i personaggi e gli animali, elevandoli a una dimensione più alta, dove l’umanità si fonde con la natura in un abbraccio armonioso. Il senso di pace che pervade il quadro deriva proprio da questa luce, che sembra sospendere il tempo e lo spazio, immergendo lo spettatore in una sorta di contemplazione mistica.
In questo dipinto si leggono chiaramente i tratti distintivi dell’arte di Segantini: il realismo nelle forme, l’attenzione ai dettagli della vita quotidiana, ma anche la sua capacità di trascendere il visibile per esplorare l'invisibile. Il lago, la barca, le pecore – tutto appare come parte di un grande organismo vivente, in cui ogni elemento è in perfetta sintonia con gli altri. La natura non è più solo lo sfondo, ma diventa il vero protagonista, portatrice di un significato universale.
L’opera, dunque, non è solo un tributo alla vita rurale, ma un invito a riflettere sulla sacralità della natura e sul legame profondo che unisce l'uomo al cosmo. Segantini, con la sua visione panteistica, ci invita a guardare oltre la superficie delle cose, a cercare la luce che anima tutto ciò che vive e respira. Una luce che, in "Ave Maria a trasbordo", brilla intensamente, come un canto silenzioso alla vita stessa.