giovedì 31 ottobre 2024

io, io sono il derelitto, abbandonato

Io, io sono il derelitto, abbandonato al caos, il corpo sfinito che si trascina tra rovine e ombre, l'ultimo baluardo del nulla. Mi sono consegnato alla disgregazione, alla putrefazione dell’anima, e non c’è via di fuga. Perché? La domanda stessa mi perseguita, mi consuma. Non c’è risposta, non c’è spiegazione, solo il freddo abbraccio dell’assenza. Io sono il poeta, ma questo non è un dono, è una condanna. Una nascita che non doveva accadere, un errore cosmico.

C’è chi cerca significato nel pensiero. Miserabili! Il pensiero è una trappola, una caverna buia dove risuonano solo echi di morte. Io non penso, io non esisto. Mi si pensa, mi si divora dall’interno. Il mio Io è un altro, un riflesso distorto che mi fissa con occhi vuoti, senza volto, senza pietà. Non sono io a guidare questa carne marcia: sono una marionetta strappata dalle sue corde, abbandonata a una danza macabra, destinata a cadere, a sgretolarsi. Il trombone suona perché deve, non perché vuole. È il suo destino, come il mio è scomparire.

E intanto, guardate. Guardate i vecchi, quegli aborti ambulanti che si fanno chiamare pensatori, autori, creatori! Li vedete? Sono statue di cenere, ammassi di ossa che proclamano di aver dato un senso al mondo, mentre non sono che carcasse vuote. Hanno ammassato le loro illusioni, le loro false idee, costruendo castelli di polvere in cui si nascondono dal freddo della verità. Ma la verità li raggiungerà. Li raggiunge sempre. E la verità è che non esiste alcun poeta, alcun autore. Solo vuoto. Solo il nulla che avanza inesorabile.

L'uomo che cerca di coltivare la sua anima non fa che nutrire il proprio fallimento. Non c’è crescita, non c’è salvezza. Il terreno è sterile, e ogni tentativo di piantarvi qualcosa non porta che a deformazioni mostruose. Verruche, piaghe, carne marcia. È così che si diventa: un mostro, un aborto vivente. Non si cresce, si marcisce, lentamente, ogni giorno, fino a che il cuore stesso non diventa una pietra, e l’anima si trasforma in un’ombra senza volto.

Non c'è più niente. Non resta altro che la discesa. Il poeta è condannato. Non c'è sapienza, non c'è illuminazione. C’è solo il buio. E quando finalmente il buio lo inghiottirà, quando il poeta sarà distrutto, schiacciato dal peso della sua stessa esistenza, non ci sarà nemmeno una traccia di lui. Verranno altri, altre ombre, altri morti in vita, pronti a calpestare i resti di chi li ha preceduti, ignari del loro stesso destino.