martedì 1 aprile 2025

August Strindberg (1849-1912): il genio inquieto che rivoluzionò il teatro, la letteratura e l'arte

August Strindberg è una figura centrale della cultura europea tra Ottocento e Novecento, un artista poliedrico che, nel corso della sua lunga e travagliata carriera, ha influenzato profondamente la letteratura, il teatro e le arti visive. Considerato il padre della letteratura moderna svedese e un innovatore radicale della drammaturgia, è stato un precursore di movimenti che si sarebbero sviluppati pienamente solo dopo la sua morte, come il simbolismo, l'espressionismo e il surrealismo.

Autore di oltre sessanta opere teatrali e più di trenta libri tra romanzi, autobiografie, saggi storici e filosofici, Strindberg è stato un intellettuale irrequieto, sempre alla ricerca di nuove forme espressive per rappresentare il tumulto interiore che lo ha accompagnato per tutta la vita. Con una personalità tormentata e un carattere ribelle, ha attraversato fasi di crisi mistiche, paranoie, periodi di isolamento e intense relazioni amorose, spesso segnate da conflitti e tensioni.

Il suo contributo alla letteratura e al teatro non si limita all'innovazione stilistica: le sue opere hanno affrontato tematiche profondamente moderne, come la lotta di classe, l'alienazione dell'individuo, la condizione della donna nella società patriarcale e le contraddizioni del progresso scientifico. Strindberg ha saputo tradurre il caos della propria esistenza in un’arte potente e visionaria, capace di scuotere e interrogare il lettore e lo spettatore con una forza che ancora oggi rimane intatta.

Le origini: un’infanzia segnata dalla perdita e dall’insicurezza

Johan August Strindberg nacque il 22 gennaio 1849 a Stoccolma in una famiglia modesta. Suo padre, Carl Oscar Strindberg, era un piccolo imprenditore, mentre sua madre, Ulrika Eleanora Norling, era un’ex domestica. La loro unione rifletteva un divario sociale che avrebbe ossessionato Strindberg per tutta la vita: la tensione tra classi, il senso di inferiorità e il bisogno di riscatto furono temi ricorrenti nella sua opera.

L’infanzia di Strindberg fu segnata dalla perdita precoce della madre, morta di tubercolosi quando lui aveva solo tredici anni. Questo evento lo gettò in una profonda malinconia e acuì il suo senso di alienazione. Il padre si risposò rapidamente con la governante di famiglia, un fatto che il giovane August vissse come un tradimento e che alimentò il suo rancore verso le figure autoritarie e le convenzioni sociali.

Strindberg era un bambino introverso e sensibile, con una precoce passione per la lettura e la scrittura. Tuttavia, il rapporto con la scuola fu difficile: considerava l’educazione tradizionale oppressiva e alienante, e già da adolescente mostrava un atteggiamento ribelle verso l'autorità. Nonostante le difficoltà economiche della famiglia, riuscì a iscriversi all’Università di Uppsala, dove studiò per diversi anni, senza però conseguire una laurea.

Gli esordi letterari e il successo di "La stanza rossa"

Dopo aver abbandonato l’università, Strindberg svolse vari lavori, tra cui l’insegnante e il bibliotecario, ma la sua vera vocazione era la scrittura. I primi anni furono difficili: le sue prime opere teatrali furono rifiutate, e per un certo periodo si dedicò alla pittura e alla critica d’arte. Tuttavia, la svolta arrivò nel 1879 con la pubblicazione del romanzo La stanza rossa, un’opera che rivoluzionò la letteratura svedese e lo rese famoso.

Considerato il primo romanzo moderno della Svezia, La stanza rossa racconta la storia di Arvid Falk, un giovane scrittore idealista che si scontra con la corruzione e l’ipocrisia della società. Attraverso una satira feroce e uno stile innovativo, Strindberg dipinge un ritratto impietoso del mondo artistico, politico e giornalistico dell’epoca. Il libro suscitò reazioni contrastanti: da un lato, i conservatori lo attaccarono violentemente; dall’altro, i giovani intellettuali lo accolsero come un manifesto di rinnovamento culturale.

Il teatro naturalista: la rivoluzione di "La signorina Julie"

Dopo il successo del romanzo, Strindberg si dedicò con maggiore intensità al teatro, diventando uno dei principali esponenti del naturalismo teatrale. Tra le sue opere più celebri di questo periodo c’è La signorina Julie (1888), un dramma che affronta i temi del potere, della sessualità e della lotta di classe con una crudezza inedita per l’epoca.

La protagonista, Julie, è una giovane aristocratica che, in una notte di festa, cede alla passione per Jean, il servo di suo padre. L’attrazione tra i due si trasforma presto in un gioco di potere distruttivo, in cui i ruoli si ribaltano continuamente, fino a un tragico epilogo. Con questa pièce, Strindberg infrange molte convenzioni teatrali: elimina la divisione in atti, riduce al minimo le didascalie e costruisce i dialoghi in modo più realistico e psicologico.

La signorina Julie fu un’opera rivoluzionaria, anticipando molte delle innovazioni che caratterizzeranno il teatro del Novecento. Il dramma ebbe un grande impatto e ispirò autori come Henrik Ibsen, Anton Čechov e Luigi Pirandello.

Il periodo infernale: crisi mistica e paranoia

Alla fine degli anni ’90 dell’Ottocento, Strindberg attraversò un periodo di profonda crisi esistenziale, segnato da allucinazioni, deliri di persecuzione e un’ossessione crescente per l’occultismo e l’alchimia. Questo periodo, che lui stesso definì il suo "Inferno", lo portò a scrivere Inferno (1897), un’autobiografia allucinata in cui descrive le sue visioni mistiche e le sue esperienze con il paranormale.

Strindberg credeva di essere perseguitato da forze oscure, e la sua mente era tormentata da paure e ossessioni che lo portarono a isolarsi dal mondo. In questo periodo, si trasferì a Parigi, dove condusse una vita errante e solitaria, frequentando circoli esoterici e studiando la chimica e la cabala.

Il teatro simbolista e l’anticipazione dell’espressionismo

Dopo il periodo infernale, Strindberg tornò alla scrittura con una nuova visione artistica. Abbandonò il realismo per abbracciare un teatro più astratto e simbolista. Opere come Il sogno (1901) e La strada di Damasco (1898-1901) introducono una narrazione onirica e frammentata, in cui i confini tra sogno e realtà si dissolvono.

Queste opere furono fondamentali per l’evoluzione del teatro moderno: il loro linguaggio visionario e la loro struttura libera anticiparono il teatro espressionista e surrealista. L’influenza di Strindberg si estese fino al teatro di Bertolt Brecht, Samuel Beckett e Eugene Ionesco.

Eredità di un genio tormentato

August Strindberg morì il 14 maggio 1912 a Stoccolma, lasciando un'eredità artistica immensa. Le sue opere continuano a essere rappresentate nei teatri di tutto il mondo, e la sua figura rimane una delle più affascinanti della cultura moderna. Innovatore instancabile, sperimentatore radicale e genio inquieto, Strindberg ha lasciato un segno indelebile nella letteratura, nel teatro e nell’arte del Novecento.