Negli anni ’70, il punk non era solo un genere musicale, ma un atto di ribellione, una dichiarazione politica, una rottura con il passato. E queste sei donne non erano semplici testimoni di quel cambiamento, ma protagoniste attive, pioniere che hanno aperto la strada a generazioni di musiciste venute dopo di loro. La foto di Putland le immortala in tutta la loro forza e diversità: sorrisi beffardi, sguardi fieri, pose che trasmettono sicurezza e indipendenza. Non c’è traccia di quell’immagine stereotipata della donna nella musica che per decenni aveva dominato l’industria discografica. Qui ci sono sei artiste che non hanno bisogno di conformarsi a nessun modello preconfezionato, sei personalità uniche che hanno plasmato il sound e l’estetica del loro tempo.
Il potere delle immagini: uno scatto che racconta un’epoca
Michael Putland, fotografo britannico con una carriera straordinaria nel ritrarre le icone della musica, ha catturato in questo scatto non solo la presenza scenica di queste donne, ma anche il senso di sorellanza, di appartenenza a un movimento più grande. Putland, che ha lavorato con artisti come David Bowie, The Rolling Stones, Queen e tantissimi altri, aveva la capacità di cogliere l’anima dei suoi soggetti, andando oltre la superficie e mostrando la loro autenticità.
In questa fotografia, ogni dettaglio contribuisce a raccontare una storia. Il modo in cui sono disposte, la loro gestualità, i loro abiti, tutto parla di un’epoca di fermento culturale, di un momento irripetibile nella storia della musica. C’è un’energia palpabile, una carica di libertà e sfida che ancora oggi, a distanza di decenni, continua a colpire chi guarda questa immagine.
Debbie Harry, in alto a sinistra, con il suo inconfondibile sorriso ironico, è l’incarnazione della star che ha saputo attraversare il punk, la new wave e la cultura pop senza mai perdere la sua identità. Blondie non era una semplice punk band: ha mescolato influenze, ha flirtato con la disco, ha sperimentato il rap prima che diventasse mainstream. Debbie non era solo una cantante, era un’icona di stile, una visionaria che ha saputo reinventarsi più volte.
Accanto a lei, Viv Albertine sembra quasi rilassata, come se osservasse il mondo con un misto di divertimento e distacco. Ma il suo contributo alla musica non potrebbe essere più radicale. Con The Slits ha demolito qualsiasi aspettativa su come una band femminile dovesse suonare. Il loro punk non era raffinato, non era commerciale, era puro istinto, una colonna sonora perfetta per un mondo in fiamme.
E poi c’è Siouxsie Sioux, che con il suo trucco marcato e il suo sguardo ipnotico sembra quasi scolpita nella leggenda. Non è solo un’artista, è una figura mitologica della musica. Ha trasformato il punk in qualcosa di oscuro, sofisticato, cinematico. Siouxsie and the Banshees non erano solo una band, erano un’esperienza sonora, un viaggio nelle profondità dell’animo umano.
Seduta in basso, con un bicchiere in mano e lo sguardo tagliente, c’è Chrissie Hynde. Se Blondie e Siouxsie Sioux hanno ridefinito il punk e la new wave, Chrissie ha portato il rock a un livello di raffinatezza lirica e musicale ineguagliabile. Con The Pretenders ha dimostrato che si poteva essere rockstar senza compromessi, senza atteggiamenti da macho, senza dover necessariamente seguire le regole imposte dall’industria.
Al centro della foto, Poly Styrene cattura immediatamente l’attenzione. La sua espressione è fiera, decisa, il suo outfit pratico e senza fronzoli. Con gli X-Ray Spex ha portato nel punk un senso di ironia, di critica sociale, di consapevolezza politica che pochi altri avevano. Il suo essere una donna di origine mista in un mondo musicale dominato dai bianchi non era un dettaglio secondario: era una dichiarazione di esistenza, un atto di resistenza.
E infine, Pauline Black. Elegante, composta, con lo sguardo intelligente di chi sa perfettamente chi è e cosa rappresenta. The Selecter hanno mescolato il punk con lo ska, portando nella scena britannica un sound che parlava di integrazione, di lotta contro il razzismo, di orgoglio culturale. Pauline non era solo una cantante, era una voce per una comunità, una bandiera per chi voleva un mondo diverso.
Un’immagine che continua a ispirare
Guardare questa foto oggi è come fare un salto nel tempo, ma è anche un promemoria di quanto sia stato difficile per le donne conquistare il proprio spazio nella musica. Ognuna di queste artiste ha dovuto combattere contro pregiudizi, contro etichette riduttive, contro un’industria che spesso le voleva solo come figure decorative. Ma nessuna di loro ha accettato di essere messa in un angolo.
Michael Putland, con il suo obiettivo, ha colto un momento irripetibile: sei donne che hanno cambiato la storia della musica, sei personalità uniche che, insieme, formano un quadro potente di determinazione e talento. Oggi, il loro impatto è ancora visibile ovunque: dalle band femminili che popolano la scena indie ai movimenti femministi che rivendicano lo spazio delle donne nella cultura popolare.
Questa non è solo una foto. È una dichiarazione. È un simbolo di resistenza, di creatività, di libertà. È la prova che il rock, il punk e la new wave non sarebbero stati gli stessi senza queste sei incredibili donne. E che il loro spirito continua a vivere in ogni ragazza che prende una chitarra, sale su un palco e decide di cantare la propria verità, senza paura e senza compromessi.