Tra le ombre pesanti di un vicolo nascosto, lui entra, trascina con sé i passi di chi cerca un segno, un segreto che giace sepolto. Avanza, il corpo snodato in una posa densa, il capo leggermente reclinato, come una sposa offerta ai medicamenti di un rito antico e inquieto. Sui muri polverosi si incrociano presagi, spessi come piaghe; qui ogni frammento, ogni oggetto abbandonato, è un riflesso del padre, un’eco sprofondato che vibra, a tratti, nei sospiri delle pietre.
Due squilli risuonano — esitano, vibrano come il sospiro di un amante impaziente — prima di cadere in un silenzio denso e saturo, un silenzio che soffoca le pareti e trasforma l’aria in una cattedrale stanca. Lui si muove sotto l’aspetto delle cose, dietro i veli, come se ogni ombra gli porgesse un enigma, una parte di sé dimenticata tra le pieghe delle ore.
E il suo sguardo si posa, appienato, sulla ragione di quella visita, su un progetto misterioso, un'intima resa al battito quieto del suo destino. Qui, in questo luogo smarrito nel tempo, un nodo si scioglie e un’altra ferita si apre; egli è come un fantasma senza casa, un viandante che cerca, una verità che si nega, eppure non può fare a meno di richiamarlo, ogni volta, a quella dolente, luminosa ragione che è sua soltanto.