giovedì 24 aprile 2025

Philip Guston: Dall’astrazione alla cruda realtà della figurazione

Philip Guston è stato uno degli artisti più significativi del XX secolo, un pittore che ha attraversato fasi stilistiche radicalmente diverse, affrontando le tensioni della sua epoca e anticipando molte delle problematiche che avrebbero caratterizzato l'arte contemporanea. Il suo percorso, dalla pittura murale al realismo sociale, fino all'Espressionismo Astratto e infine alla sua controversa figurazione tarda, è una storia di coraggio artistico e integrità intellettuale. La sua opera, riconsiderata a lungo dopo la sua morte, è oggi celebrata per la sua profondità emotiva e la sua radicale originalità.

Infanzia e formazione: un inizio segnato dalla tragedia

Philip Guston, nato Phillip Goldstein il 27 giugno 1913 a Montréal, in Canada, proveniva da una famiglia di ebrei ucraini emigrati in Nord America per sfuggire alle persecuzioni. Poco dopo la sua nascita, la famiglia si trasferì a Los Angeles, alla ricerca di una vita migliore. Tuttavia, la loro esistenza rimase segnata dalla povertà e dalle difficoltà dell'integrazione.

Uno degli episodi più traumatici della sua infanzia fu il suicidio del padre, che si tolse la vita impiccandosi nel 1923. Questo evento lasciò un segno indelebile nella psiche di Guston e si rifletterà nel suo immaginario visivo per tutta la vita, influenzando la sua sensibilità artistica e il suo senso di alienazione.

A scuola, Guston mostrò presto un forte interesse per il disegno, rifugiandosi nell'arte come risposta alla sua difficile realtà familiare. Fu profondamente influenzato dai fumetti, in particolare dalle strip surreali e poetiche di Krazy Kat

di George Herriman, così come dalla pittura metafisica di Giorgio de Chirico e dall'arte rinascimentale italiana. Frequentò la Manual Arts High School di Los Angeles, dove conobbe Jackson Pollock, con il quale sviluppò una duratura amicizia. I due giovani artisti furono fortemente influenzati dai muralisti messicani come Diego Rivera, José Clemente Orozco e David Alfaro Siqueiros, il cui lavoro sociale e politico lasciò un'impressione duratura su Guston.

Il suo primo contatto con l'arte non avvenne nei musei, bensì attraverso le immagini popolari e la cultura visiva di strada: i fumetti, i film e i murales urbani. L'idea che l'arte potesse essere una forma di narrazione visiva capace di comunicare con le masse lo accompagnerà per tutta la sua carriera.

Gli anni '30 e '40: dal muralismo al realismo sociale

Negli anni '30, Guston si immerse nel muralismo, lavorando su progetti pubblici in un periodo in cui l'arte era vista come uno strumento di cambiamento sociale. Nel 1932, realizzò un murale per il John Reed Club,

un'associazione di intellettuali e artisti di sinistra, che raffigurava scene di violenza della polizia contro i lavoratori. L'opera venne distrutta dall'FBI, che la considerò sovversiva. Questo episodio segnò una svolta nella sua concezione dell'arte, facendogli comprendere il potere sovversivo delle immagini.

Nel 1935, si trasferì a New York e ottenne un impiego nel Works Progress Administration (WPA) Federal Art Project, un programma governativo che offriva sostegno agli artisti durante la Grande Depressione. In questo periodo, sviluppò uno stile influenzato dal realismo sociale, ispirandosi all'arte di Piero della Francesca e del Quattrocento italiano. I suoi murales rappresentavano scene di vita quotidiana, operai, lavoratori in lotta e figure eroiche, in uno stile che univa monumentalità classica e una sensibilità moderna.

Uno dei suoi murales più noti di questo periodo fu quello realizzato per la sede della WPA a New York, in cui rappresentava operai e lavoratori sindacalizzati in una composizione monumentale.

L'impegno sociale era una componente essenziale della sua produzione, ma la sua ricerca artistica lo spingeva a superare i limiti del realismo tradizionale, cercando nuove modalità espressive.

Gli anni '50: l'ascesa dell'Espressionismo Astratto

Con la fine della Seconda Guerra Mondiale, Guston abbandonò progressivamente il realismo per avvicinarsi all'Espressionismo Astratto, il movimento che sarebbe diventato il simbolo dell'arte americana del dopoguerra. La sua pittura si fece sempre più gestuale e informale, caratterizzata da pennellate dense, forme evanescenti e una tensione lirica. La sua partecipazione alla Scuola di New York, al fianco di artisti come Jackson Pollock, Willem de Kooning e Mark Rothko, lo rese una figura chiave del movimento.

Nei suoi quadri astratti degli anni '50 e '60, Guston esplorò le possibilità della pittura come espressione dell'inconscio. I suoi lavori erano caratterizzati da una sensibilità cromatica intensa, con un uso dominante del rosa, del grigio e del bianco, colori che torneranno anche nella sua successiva fase figurativa.

In questo periodo, la sua carriera raggiunse il culmine: espose nei più importanti musei del mondo e ottenne il plauso della critica. Tuttavia, sentiva che l'astrazione non gli permetteva più di esprimere ciò che realmente lo tormentava.

Gli anni '60 e '70: il ritorno alla figurazione e la rottura con il mondo dell'arte

Nel 1967, in piena guerra del Vietnam e con l'America scossa dalle tensioni sociali, Guston compì un passo radicale e inaspettato: abbandonò l'astrazione per tornare alla figurazione. Questo ritorno non significava un semplice recupero del realismo, ma un'immersione in un mondo visivo crudo e allucinato.

Le sue tele iniziarono a popolarsi di figure grottesche: uomini incappucciati simili ai membri del Ku Klux Klan, piedi e mani enormi, lampadine sospese, lattine abbandonate, nuvole di fumo. Queste immagini, dipinte con uno stile apparentemente infantile e caricaturale, erano in realtà un atto d'accusa feroce contro il razzismo, la violenza e l'ipocrisia della società americana.

Quando questi lavori vennero esposti nel 1970 alla Marlborough Gallery di New York, l'accoglienza fu disastrosa. Critici e colleghi lo attaccarono duramente. Persino amici come Mark Rothko e Adolph Gottlieb lo ripudiarono. Guston, amareggiato, si ritirò a Woodstock, dove continuò a dipingere in un isolamento quasi totale.

Nonostante l'incomprensione iniziale, la sua ultima fase pittorica è oggi considerata una delle più influenti del XX secolo, anticipando la pittura contemporanea con la sua ironia tagliente e la sua crudezza espressiva.