giovedì 11 settembre 2025

James Baldwin e la sfida di "Giovanni’s Room", un romanzo scomodo nella metà del Novecento


Quando James Baldwin pubblica Giovanni’s Room nel 1956, ha trentadue anni e già si è affermato con Go Tell It on the Mountain, romanzo che lo aveva inserito nel canone afroamericano emergente. La decisione di dedicare il suo secondo libro a una storia d’amore omosessuale tra uomini bianchi, ambientata in Europa e non negli Stati Uniti, è da subito percepita come una sfida. Da un lato, Baldwin rompe le attese del pubblico americano, che si aspettava un’altra narrazione legata all’esperienza nera e alle tensioni razziali. Dall’altro, affronta un tema allora ancora indicibile, o relegato alla sfera patologica: l’omosessualità.

La critica del tempo accolse Giovanni’s Room con sospetto misto a fascinazione. Era chiaro che Baldwin non stava semplicemente “raccontando una storia gay”: stava rivelando la solitudine di un mondo intero, mettendo in crisi le categorie di genere, classe, razza e sessualità. Per questo, a distanza di decenni, il romanzo è stato riconosciuto come uno dei testi fondativi della letteratura queer del Novecento.



Il protagonista e narratore, David, è un giovane americano che vive a Parigi negli anni Cinquanta. Fidanzato con Hella, una connazionale in viaggio in Spagna, trascorre il tempo tra locali gay e incontri occasionali. Una sera, conosce Giovanni, un barista italiano, e tra i due nasce una relazione intensa e claustrofobica, consumata nella stanza di lui, che diventa rifugio e prigione.

La vicenda si svolge in forma retrospettiva: David racconta la sua storia durante la notte che precede l’esecuzione di Giovanni, condannato per omicidio. Questa cornice tragica conferisce al romanzo la dimensione di un requiem: tutto è già perduto, e il narratore può solo rievocare.

Il cuore narrativo è il conflitto di David tra desiderio e paura: il desiderio di vivere l’amore per Giovanni e la paura di rinunciare al modello eterosessuale, incarnato dal progetto di sposare Hella. Questo conflitto non si scioglie mai, e la conseguenza è la rovina di entrambi i protagonisti: Giovanni muore, David resta prigioniero di sé stesso.



Giovanni non è soltanto un amante. È un simbolo. È l’uomo che vive ai margini, l’immigrato italiano che lavora precariamente, il corpo desiderante che non ha paura di mostrarsi fragile. Per David, abituato al privilegio e alla repressione, Giovanni rappresenta sia la promessa di un’autenticità, sia la minaccia di perdere il controllo.

La stanza di Giovanni, angusta e disordinata, è un microcosmo carico di senso: da un lato il luogo in cui l’amore può accadere, dall’altro la prigione che testimonia la precarietà e l’impossibilità di una vita comune. Il disordine della stanza diventa lo specchio del disordine interiore di David, incapace di accettarsi.

Giovanni incarna la figura tragica del diverso che non si piega del tutto. Pagherà con la vita questa resistenza, diventando per David e per il lettore un fantasma che continua a interrogare.



Uno dei temi più potenti del romanzo è la riflessione sulla mascolinità. David è cresciuto con un padre vedovo che gli ha trasmesso un ideale virile fatto di silenzi, forza e repressione. Ogni volta che il protagonista si avvicina al desiderio maschile, reagisce con vergogna e violenza: ne è attratto, ma subito lo rifiuta, come se ammetterlo significasse crollare.

In questo senso, Giovanni’s Room è un romanzo sulla paura: la paura di vivere fuori dalle norme, la paura di non essere riconosciuti, la paura di cedere a un amore che non può essere detto. L’omofobia non è solo esterna, è interiorizzata, e si manifesta nella fuga di David verso un matrimonio che non sente suo, e nella sua incapacità di difendere Giovanni.



La geografia del romanzo è profondamente simbolica. Parigi è la città delle possibilità, ma anche un labirinto in cui perdersi. I bar gay sono spazi di libertà vigilata, in cui il desiderio si esprime ma sempre sotto lo sguardo giudicante. La stanza di Giovanni, con le sue pareti scrostate, è il cuore pulsante del romanzo: luogo di passione e di condanna, teatro della verità e della menzogna.

Lo spazio privato diventa così il vero campo di battaglia: Baldwin mostra che l’intimità non è mai innocente, ma sempre condizionata dalle strutture sociali e culturali. La stanza è rifugio, ma non può diventare casa.



La relazione tra David e Giovanni non si sviluppa secondo il paradigma romantico della salvezza attraverso l’amore. Al contrario, l’amore è ciò che porta alla rovina. David non riesce a viverlo fino in fondo; Giovanni, che lo vive fino alla fine, viene condannato a morte. In entrambi i casi, l’amore non libera, ma distrugge.

Baldwin non offre consolazione: il romanzo non si chiude con una speranza, ma con un vuoto. L’esecuzione di Giovanni segna la sconfitta dell’autenticità in un mondo che punisce chi non si conforma. David rimane con il peso della perdita e con la consapevolezza di non aver mai avuto il coraggio di amare.



Se Giovanni’s Room è diventato un classico queer, non lo è solo perché parla di una relazione omosessuale, ma perché mette a nudo le dinamiche della vergogna, del desiderio e della repressione che appartengono a tutti. Baldwin mostra come l’identità sessuale non possa essere separata dalle altre dimensioni dell’esistenza: classe, razza, provenienza, appartenenza sociale.

Il fatto che Baldwin, scrittore nero, abbia scelto protagonisti bianchi non è casuale. Era un modo per sottrarsi all’etichetta di “scrittore nero” e affermare la sua libertà artistica. Ma era anche un modo per mostrare che le dinamiche di oppressione e di esclusione attraversano tutta la società, e non possono essere ridotte a una sola categoria.



La scrittura di Baldwin in Giovanni’s Room è densa, musicale, lirica. Il romanzo non procede tanto per azione, quanto per confessione, ricordo, scavo interiore. È un testo che si legge come una lunga meditazione, in cui la lingua si piega alla delicatezza del desiderio e alla violenza della colpa.

La prosa di Baldwin riesce a trasformare una storia individuale in una parabola universale. Ogni frase è carica di tensione, come se le parole stesse stessero cercando di dire l’indicibile. È questa forza lirica che rende il romanzo ancora oggi attuale e necessario.



Oggi, Giovanni’s Room è letto come un testo pionieristico della letteratura queer, ma anche come un grande romanzo sulla condizione umana. Le domande che pone – quanto siamo disposti a sacrificare per vivere autenticamente? come convivere con il desiderio e la paura? cosa significa essere liberi in una società che giudica? – restano centrali.

La sua attualità sta proprio nel non offrire risposte: Baldwin ci lascia in uno spazio sospeso, in cui ogni lettore è chiamato a misurarsi con le proprie solitudini e i propri desideri.



Giovanni’s Room non è solo la tragedia di un amore impossibile, ma una meditazione radicale sulla solitudine, sulla mascolinità, sul desiderio e sulla paura. Nel destino di Giovanni e nell’angoscia di David si riflette la difficoltà universale di vivere senza maschere. Baldwin, con la sua scrittura lirica e crudele, ci costringe a guardare dentro le stanze che abitiamo, e a chiederci se siamo davvero pronti a viverci senza nascondere chi siamo.