L'accelerazione tecnologica che caratterizza il nostro tempo ha generato una trasformazione radicale delle categorie attraverso cui pensiamo l'umano, il corpo e la soggettività. Cyborg, intelligenze artificiali, biotecnologie, realtà aumentate e interfacce neurali non sono più mere fantasie fantascientifiche, ma elementi costitutivi della nostra quotidianità. Questa pervasività del tecnologico ha dato vita a quello che comunemente viene definito "postumano": un orizzonte concettuale che promette di superare i limiti tradizionali dell'umano attraverso l'integrazione sempre più spinta tra biologico e artificiale, tra naturale e tecnologico.
Tuttavia, dietro le proclamazioni emancipatorie del discorso postumanista si cela una questione filosofica fondamentale che merita di essere indagata con rigore critico. Se è vero che viviamo nell'epoca del postumano, diventa urgente interrogarsi su cosa accade al corpo e al soggetto all'interno di questa trasformazione epocale. Non si tratta semplicemente di celebrare o condannare le innovazioni tecnologiche, quanto piuttosto di comprendere le logiche che sottendono alla riconfigurazione contemporanea dell'esperienza umana.
Il presente saggio si propone di sviluppare una critica filosofica del postumanismo attraverso il confronto privilegiato con l'ontologia di Gilles Deleuze. La scelta di questo autore non è casuale: la filosofia deleuzeana, con la sua concezione immanentista del reale e la sua teoria dei corpi come potenze espressive, offre strumenti concettuali particolarmente efficaci per decostruire le pretese del discorso postumanista e per delineare alternative teoriche e pratiche alle sue configurazioni egemoniche.
Genealogia del postumanismo: dalla crisi dell'umanesimo alla retorica dell'ibrido
Per comprendere adeguatamente la portata del fenomeno postumanista, è necessario rintracciarne le radici storiche e concettuali. Il postumano non emerge dal nulla, ma si configura come risposta specifica alla crisi dell'umanesimo occidentale, crisi che attraversa tutto il Novecento e che trova nelle riflessioni di pensatori come Nietzsche, Heidegger e Foucault i suoi momenti più significativi.
L'umanesimo classico, fondato sull'idea di un soggetto razionale, autonomo e padrone di se stesso, viene progressivamente messo in questione dai processi di soggettivazione moderni. La psicanalisi rivela l'inconscio, le scienze sociali svelano i condizionamenti strutturali, le tecnologie industriali trasformano i corpi in forza-lavoro. L'uomo umanistico, centrale e misura di tutte le cose, si rivela essere una costruzione storica contingente piuttosto che una verità metafisica universale.
Il postumanismo contemporaneo si presenta inizialmente come radicalizzazione di questa critica. Pensatori come Donna Haraway con il suo "Manifesto Cyborg" (1985) o Katherine Hayles con "Come siamo diventati postumani" (1999) propongono di abbandonare definitivamente l'idea di un'essenza umana stabile per abbracciare la logica dell'ibrido, del mélange, della contaminazione produttiva tra umano e non-umano.
La figura del cyborg diventa emblematica di questa nuova sensibilità: né completamente umano né completamente macchinico, esso incarnerebbe la possibilità di superare le dicotomie tradizionali (natura/cultura, mente/corpo, maschile/femminile) per aprire spazi inediti di libertà e creatività. L'ibrido postumano promette di liberarci dai vincoli biologici, dalle determinazioni identitarie, dalle limitazioni cognitive che caratterizzerebbero la condizione umana tradizionale.
Tuttavia, questa retorica emancipatoria nasconde dinamiche più complesse e problematiche. Il postumanismo contemporaneo, lungi dall'essere una semplice critica dell'umanesimo, si configura spesso come sua radicalizzazione sotto altre forme. L'idea di un soggetto che si autodetermina attraverso la tecnologia, che sceglie le proprie configurazioni corporee, che si libera dai condizionamenti naturali, ripropone in realtà il mito moderno dell'autonomia sotto le vesti dell'innovazione tecnologica.
L'ontologia immanentista di Deleuze: corpo, potenza e soggettivazione
Per sviluppare una critica efficace del postumanismo è necessario disporre di strumenti concettuali alternativi. L'ontologia di Gilles Deleuze, elaborata in particolare nell'Antiedipo (scritto con Félix Guattari) e in Mille Piani, offre una prospettiva radicalmente diversa per pensare il corpo, il soggetto e la loro relazione con il tecnologico.
L'ontologia deleuzeana si fonda sul principio dell'immanenza: non esiste un mondo trascendente di essenze o idee, ma un unico piano di consistenza popolato da intensità, flussi e divenire. In questa prospettiva, i corpi non sono sostanze definite una volta per tutte, ma composizioni instabili di forze, affetti e relazioni. Un corpo, per Deleuze, non si definisce attraverso la sua forma o la sua identità, ma attraverso ciò che può fare, attraverso la sua capacità di affettare e di essere affetto.
Questa concezione dinamica del corpo implica una revisione radicale dell'idea di soggetto. Contro la tradizione filosofica occidentale che concepisce il soggetto come sostanza pensante o come io trascendentale, Deleuze propone di pensare la soggettivazione come processo aperto, come continua reinvenzione di sé attraverso l'incontro con l'alterità. Il soggetto non preesiste alle sue relazioni, ma emerge dal campo relazionale in cui si trova immerso.
Centrale in questa prospettiva è il concetto di "divenire". Il divenire non è semplice cambiamento o trasformazione, ma processo di differenziazione che produce il nuovo. Divenire significa entrare in rapporti di composizione inediti, sperimentare configurazioni corporee e soggettive ancora inesplorate, aprirsi a possibilità impensate. Il divenire è sempre divenire-altro: divenire-animale, divenire-donna, divenire-impercettibile.
Questo approccio consente di ripensare completamente la questione del tecnologico. Le tecnologie non sono strumenti esterni che l'uomo utilizza per i propri scopi, né protesi che estendono le sue facoltà naturali. Sono piuttosto elementi di un assemblaggio complesso che include corpi umani, oggetti tecnici, discorsi, pratiche, saperi. L'importante non è determinare cosa sia umano e cosa non lo sia, ma comprendere quali tipi di divenire vengono favoriti o inibiti da specifiche configurazioni tecnologiche.
Il corpo postumano: tra protesi e potenza
L'analisi del corpo rappresenta uno dei terreni più significativi per comprendere le differenze tra l'approccio postumanista e la prospettiva deleuzeana. Il discorso postumanista propone generalmente una concezione protesica del corpo: il corpo biologico viene considerato come base materiale insufficiente che deve essere integrata, potenziata, modificata attraverso dispositivi tecnologici.
Questa logica protesica, apparentemente innovativa, ripropone in realtà una concezione molto tradizionale del rapporto tra corpo e tecnica. Il corpo viene pensato come organismo chiuso, limitato nelle sue capacità, che può essere migliorato attraverso l'aggiunta di elementi esterni. La tecnologia assume la funzione di superamento dei limiti naturali, di correzione delle inadeguatezze biologiche, di espansione delle possibilità operative del corpo umano.
Emblematico di questa tendenza è il transumanesimo, corrente del postumanismo che propone il superamento sistematico dei limiti biologici attraverso l'applicazione delle tecnologie più avanzate. I transumanisti immaginano corpi aumentati cognitivamente, potenziati fisicamente, liberati dalla malattia e dalla morte. Il corpo biologico viene considerato come versione beta dell'umanità, destinata a essere sostituita da versioni tecnologicamente superiori.
Tuttavia, questa concezione protesica nasconde una serie di presupposti problematici. Innanzitutto, essa presuppone una separazione netta tra interno ed esterno, tra corpo proprio e mondo, tra soggetto e oggetto. Il corpo viene pensato come contenitore chiuso che può essere aperto e modificato dall'esterno. In secondo luogo, essa implica una logica dell'accumulazione: più tecnologie si aggiungono al corpo, maggiori diventano le sue capacità. Infine, essa mantiene una concezione strumentale della tecnica: le tecnologie sono strumenti neutri che possono essere utilizzati per scopi diversi.
La prospettiva deleuzeana suggerisce un approccio completamente diverso. Il corpo non è organismo chiuso, ma campo aperto di forze e intensità. Non ha confini definiti, ma soglie variabili di individuazione. Non si definisce attraverso la sua forma, ma attraverso la sua capacità di entrare in composizione con altri corpi, umani e non-umani, organici e inorganici, biologici e tecnologici.
In questa prospettiva, la questione non è come potenziare il corpo attraverso protesi tecnologiche, ma come favorire processi di composizione che aumentino la sua potenza di agire e di esistere. Un corpo è tanto più potente quanto più è capace di stabilire connessioni produttive, di entrare in relazioni creative, di inventare nuove modalità di esistenza.
Il concetto di "corpo senza organi", elaborato da Deleuze e Guattari, è particolarmente illuminante in questo contesto. Il corpo senza organi non è un corpo privo di organi, ma un corpo che ha dismesso l'organizzazione organica per aprirsi a nuove possibilità di connessione. È un campo di sperimentazione che non si lascia catturare da funzioni predeterminate, ma si apre al possibile, al virtuale, al divenire.
Soggettivazione versus assoggettamento: la questione del potere
La critica deleuzeana del postumanismo non si limita alla questione del corpo, ma investe anche la concezione della soggettività. Il discorso postumanista, pur proclamando il superamento del soggetto umanistico tradizionale, ripropone spesso logiche di assoggettamento sotto forme apparentemente innovative.
L'analisi di Michel Foucault sui dispositivi di potere moderni è qui particolarmente rilevante. Foucault mostra come il potere contemporaneo non funzioni principalmente attraverso la repressione, ma attraverso la produzione di soggettività. I dispositivi disciplinari e biopolitici non si limitano a controllare i corpi dall'esterno, ma li modellano dall'interno, producendo forme specifiche di soggettività funzionali ai rapporti di potere dominanti.
Il postumanismo rischia di perpetuare queste logiche di assoggettamento sotto le vesti dell'emancipazione tecnologica. Il soggetto postumano, lungi dall'essere libero e autodeterminato, viene spesso configurato come consumatore di tecnologie, utente di piattaforme digitali, paziente di interventi biotecnologici. La sua presunta autonomia si rivela essere eterodirezione: sono i dispositivi tecnologici, con le loro logiche operative e i loro imperativi funzionali, a determinare i modi di essere e di agire del soggetto postumano.
Particolarmente evidente è questo meccanismo nel campo delle tecnologie digitali. Le piattaforme social, i motori di ricerca, gli algoritmi di raccomandazione non si limitano a fornire servizi neutrali, ma modellano attivamente la soggettività dei loro utenti. Essi determinano cosa vedere, cosa pensare, cosa desiderare. Il soggetto postumano si trova intrappolato in "bolle" cognitive, "camere dell'eco", "filtri" algoritmici che limitano drasticamente la sua capacità di esperienza e di pensiero critico.
La prospettiva deleuzeana propone un'alternativa a questa logica di assoggettamento attraverso il concetto di "soggettivazione". La soggettivazione non è produzione di soggetti già codificati, ma processo di singolarizzazione che rompe con le forme di soggettività dominanti. È creazione di nuove possibilità esistenziali, invenzione di modalità inedite di essere e di agire.
La soggettivazione implica sempre un momento di rottura, di sottrazione rispetto ai codici vigenti. Non si tratta di ribellarsi frontalmente contro il potere, ma di sperimentare linee di fuga che aprano spazi imprevisti di libertà. Deleuze parla di "esercizi di sottrazione": sottrarsi alle identificazioni imposte, alle funzioni prestabilite, alle destinazioni programmate.
Questa dinamica di sottrazione è particolarmente importante nel contesto tecnologico contemporaneo. Non si tratta di rifiutare in blocco le tecnologie, ma di sperimentare usi minoritari, pratiche devianti, appropriazioni creative che resistano alla cattura operata dai dispositivi di potere. Si tratta di inventare modalità di esistenza tecnologica che aumentino la potenza di agire piuttosto che diminuirla.
Il Divenire come Orizzonte Etico-Politico
La contrapposizione tra ibrido postumano e divenire deleuzeano non è solo teorica, ma investe anche la dimensione etico-politica. Il postumanismo, con la sua retorica dell'ottimizzazione e del potenziamento, tende a configurare l'esistenza come progetto tecnico da realizzare. L'individuo postumano deve scegliere le sue configurazioni corporee, progettare la sua identità, ottimizzare le sue prestazioni.
Questa logica progettuale nasconde una forma sottile di violenza. L'esistenza viene ridotta a problema tecnico da risolvere, la vita a oggetto da manipolare. Il corpo e il soggetto vengono pensati come materie prime da trasformare secondo progetti prestabiliti. La spontaneità, l'imprevisto, l'incontrollabile vengono sistematicamente espulsi dall'orizzonte dell'esperienza.
Il divenire deleuzeano propone un'etica completamente diversa. Non si tratta di progettare se stessi secondo modelli predefiniti, ma di aprirsi all'imprevisto, di lasciarsi trasformare dall'incontro con l'alterità. Il divenire è sempre sorpresa, evento, creazione del nuovo. Non può essere programmato né controllato, ma solo favorito attraverso pratiche di sperimentazione e di ascolto.
Questa differenza ha implicazioni politiche significative. Il postumanismo, con la sua enfasi sulla scelta individuale e sulla automodificazione tecnologica, tende a depoliticizzare la questione dell'umano. I problemi sociali vengono trasformati in problemi tecnici, le contraddizioni politiche in disfunzioni da correggere. La tecnologia assume la funzione di soluzione universale che renderebbe superfluo il conflitto sociale.
Il divenire deleuzeano, al contrario, è intrinsecamente politico. Esso implica sempre la composizione di rapporti collettivi, la creazione di nuove forme di socialità, l'invenzione di pratiche comuni. Non si diviene mai da soli, ma attraverso l'incontro e la contaminazione reciproca. Il divenire è sempre divenire-moltitudine: processo di singolarizzazione che è al tempo stesso processo di costituzione del comune.
Tecnologia e resistenza: verso pratiche alternative
La critica deleuzeana del postumanismo non conduce a una condanna della tecnologia, ma alla ricerca di pratiche tecnologiche alternative. Se è vero che le tecnologie dominanti tendono a riprodurre logiche di assoggettamento e di controllo, è anche vero che ogni tecnologia contiene potenzialità multiple che possono essere attualizzate in direzioni diverse.
La questione diventa allora: come favorire usi minoritari delle tecnologie? Come sperimentare pratiche tecnologiche che aumentino la potenza di agire piuttosto che diminuirla? Come inventare modalità di esistenza tecnologica che resistano alla cattura operata dal capitalismo contemporaneo?
Esempi significativi di queste pratiche alternative si trovano nel movimento del software libero, nelle esperienze di produzione P2P, nelle pratiche di biohacking, nelle sperimentazioni di tecnologie conviviali. Queste esperienze mostrano che è possibile sviluppare rapporti con la tecnologia diversi da quelli dominanti: rapporti basati sulla condivisione piuttosto che sulla proprietà, sulla cooperazione piuttosto che sulla competizione, sulla sperimentazione piuttosto che sul consumo.
Il concetto deleuzeano di "macchina" è qui particolarmente utile. Una macchina, per Deleuze e Guattari, non è un oggetto tecnico, ma un assemblaggio eterogeneo che mette in connessione elementi diversi: corpi, oggetti, discorsi, affetti. Una macchina funziona quando produce connessioni inedite, quando genera il nuovo, quando apre possibilità impreviste.
In questa prospettiva, le tecnologie possono funzionare come macchine creative che favoriscono processi di soggettivazione piuttosto che di assoggettamento. Tutto dipende dal tipo di assemblaggio in cui vengono inserite, dalle pratiche che le animano, dalle finalità che le orientano.
Conclusioni: per una politica del divenire
Il confronto tra postumanismo e filosofia deleuzeana rivela la complessità delle trasformazioni contemporanee dell'umano. Se è vero che viviamo in un'epoca di ibridazione crescente tra umano e non-umano, tra biologico e tecnologico, tra naturale e artificiale, questo non significa che dobbiamo accettare acriticamente le configurazioni dominanti di tale ibridazione.
Il postumanismo mainstream, con la sua retorica dell'ottimizzazione e del potenziamento, rischia di perpetuare sotto forme rinnovate le logiche di dominio e di sfruttamento che caratterizzano la modernità capitalistica. Il corpo postumano come supporto protesico e il soggetto postumano come consumatore di tecnologie rappresentano modalità di esistenza impoverite che riducono la ricchezza dell'esperienza umana a parametri tecnico-funzionali.
La prospettiva deleuzeana suggerisce alternative possibili. Il divenire come processo aperto di differenziazione, la soggettivazione come invenzione di modalità inedite di esistenza, il corpo senza organi come campo di sperimentazione rappresentano risorse concettuali preziose per immaginare e praticare forme di vita alternative.
Non si tratta di rifiutare la tecnologia, ma di reinventarla. Non si tratta di tornare a un'umanità pura e originaria, ma di sperimentare nuove modalità di divenire-umano. Non si tratta di subire passivamente le trasformazioni in corso, ma di partecipare attivamente alla loro orientazione.
Il futuro dell'umano non è già deciso. Le tecnologie non sono destini ineluttabili, ma campi di possibilità che possono essere attualizzati in direzioni diverse. La filosofia di Deleuze ci offre strumenti per resistere alle configurazioni dominanti dell'umano contemporaneo e per inventare modalità di esistenza più ricche, più creative, più libere.
In questa prospettiva, la questione del postumano diventa una questione eminentemente politica: quale tipo di umano vogliamo divenire? Quali rapporti vogliamo intessere con le tecnologie? Quali forme di vita vogliamo sperimentare? Queste domande non ammettono risposte definitive, ma richiedono una sperimentazione continua, un'invenzione costante, una politica del divenire che sappia coniugare trasformazione e resistenza, innovazione e libertà.
L'umano del futuro non sarà né l'uomo umanistico del passato né il cyborg postumano del presente, ma qualcosa di ancora impensato che emergerà dalla nostra capacità di inventare modalità inedite di esistenza. La filosofia può contribuire a questa invenzione fornendo concetti e pratiche che orientino la sperimentazione verso direzioni emancipatorie. In questo senso, pensare il postumano con Deleuze significa pensare oltre il postumano, verso orizzonti di possibilità ancora da esplorare.