Il 5 ottobre 2018, la sala d’aste di Sotheby’s a Londra era gremita di collezionisti, critici e curiosi, tutti in attesa di aggiudicarsi un’opera di uno degli artisti più enigmatici del nostro tempo: Banksy. Ragazza con palloncino, una delle immagini più iconiche del suo repertorio, stava per essere battuta all’asta. Stimata inizialmente per una cifra compresa tra i 200.000 e i 300.000 sterline, l’opera superò rapidamente le aspettative, raggiungendo il prezzo finale di 1,1 milioni di sterline.
Appena il martelletto del banditore sancì la vendita, accadde qualcosa di imprevedibile: un suono metallico riecheggiò nella sala e l’attenzione di tutti si spostò sull’opera. Sotto gli occhi attoniti dei presenti, la tela cominciò lentamente a scorrere verso il basso all'interno della sua elegante cornice dorata. Un meccanismo nascosto si era attivato e la parte inferiore dell’opera veniva ridotta in strisce sottili, come fosse passata in un tritadocumenti.
Il pubblico rimase per un attimo paralizzato: era uno scherzo? Un guasto tecnico? O, come alcuni iniziarono subito a sospettare, un’azione deliberata dello stesso Banksy? La sala si riempì di mormorii, alcuni scoppiarono in risate nervose, mentre i responsabili della casa d’aste si guardavano intorno increduli. L’arte si stava autodistruggendo proprio nel momento in cui veniva venduta per una cifra record.
La rivendicazione di Banksy: sabotaggio o nuova creazione?
Il giorno successivo, Banksy ruppe il silenzio pubblicando sul suo profilo Instagram un video che confermava ogni sospetto: l’opera era stata sabotata da lui stesso. Il filmato mostrava l’artista mentre, anni prima, installava un meccanismo all’interno della cornice, con l’intenzione di distruggere il quadro nel caso fosse mai stato messo all’asta. Nel post, Banksy citò Picasso: “L’impulso a distruggere è anche un impulso creativo”.La provocazione era evidente: il mercato dell’arte, con le sue speculazioni e i suoi prezzi esorbitanti, aveva trasformato Ragazza con palloncino in un oggetto di lusso per pochi eletti. Banksy, che aveva sempre operato fuori dai circuiti ufficiali, cercava di ribadire la natura effimera e provocatoria della sua arte. Tuttavia, se il suo intento era quello di sabotare il mercato, il risultato si rivelò sorprendentemente ironico: invece di perdere valore, l’opera divenne ancora più celebre e preziosa.
Dal danno al capolavoro: la nascita di Love is in the bin
Dopo lo shock iniziale, l’acquirente dell’opera, un collezionista europeo rimasto anonimo, decise di non rinunciare all’acquisto. Anzi, riconoscendo l’importanza dell’evento, accettò di tenerla, trasformandosi involontariamente in protagonista di uno dei più grandi colpi di scena della storia dell’arte contemporanea.Sotheby’s colse subito l’occasione e dichiarò che non si trattava più di Ragazza con palloncino, ma di una nuova opera nata dall’azione di Banksy: Love is in the bin (L’amore è nel cestino). Questa ridefinizione non solo salvò la transazione, ma rese l’opera ancora più unica, dandole un nuovo status. La tela, parzialmente distrutta, divenne così un’icona della contestazione artistica e della critica al sistema, pur finendo essa stessa per esserne inglobata.
Un nuovo record: la seconda vendita milionaria
La parabola di Love is in the bin non si concluse con la sua prima vendita. Il 14 ottobre 2021, la stessa opera tornò all’asta, questa volta con una base di partenza molto più alta. Nel giro di pochi minuti, la cifra schizzò a livelli inimmaginabili, con una competizione feroce tra i collezionisti. Alla fine, l’opera fu venduta per 18,5 milioni di sterline, quasi venti volte il prezzo originario.Banksy aveva forse perso la sua battaglia contro la mercificazione dell’arte? Se il suo intento era denunciare la speculazione, l’effetto ottenuto fu l’esatto opposto: la sua provocazione era diventata un evento storico, trasformando Love is in the bin in un feticcio ancora più desiderato.
L’episodio dimostrò una volta di più la capacità del mercato dell’arte di assorbire e neutralizzare anche le critiche più radicali. Banksy, maestro della provocazione, aveva creato involontariamente un cortocircuito perfetto: distruggendo la propria opera, ne aveva accresciuto il valore, generando una riflessione su cosa significhi davvero l’arte oggi.