Carla Accardi è una delle figure più rilevanti dell’arte contemporanea italiana, la cui produzione artistica ha segnato una delle tappe fondamentali del rinnovamento della pittura e della scultura negli anni ‘60. La sua installazione Tenda, presentata nel 1966 alla Galleria Nazionale di Torino, è senza dubbio una delle opere che meglio sintetizza la sua ricerca, che sfida le convenzioni artistiche del suo tempo e anticipa tematiche che sarebbero diventate centrali nel dibattito sull'arte e sulla sua funzione. Con questa installazione, Accardi non si limita a proporre una nuova forma estetica, ma lancia una riflessione profonda sulla percezione dello spazio, sulla relazione tra il pubblico e l'opera e sul ruolo dell'artista nella società.
Nel periodo in cui Tenda viene realizzata, l'arte si trova in una fase di grande fermento e trasformazione. Gli anni ‘60 sono segnati dall'esplosione di nuovi linguaggi, dalla nascita dell'arte concettuale e della minimal art, e dalla continua ricerca di nuovi orizzonti da parte degli artisti, desiderosi di superare le tradizioni della pittura figurativa e della scultura classica. Accardi, che aveva aderito al movimento del Gruppo 63 e aveva già dimostrato un interesse per la sperimentazione e la rottura dei canoni tradizionali, si inserisce pienamente in questo contesto di rinnovamento. La sua arte è intrinsecamente legata a una volontà di spingersi oltre la superficie pittorica, di esplorare territori nuovi che coinvolgono il corpo e la percezione in modo diretto e sensoriale.
Tenda è un’opera che fonde pittura, scultura e architettura, e il suo impatto non risiede solo nelle forme e nei materiali utilizzati, ma anche nella relazione che l'opera instaura con lo spettatore. L'installazione è composta da un grande telo di PVC trasparente, che si dispiega nello spazio, creando un ambiente che l'osservatore è invitato a percorrere, ad attraversare. La trasparenza del materiale è un elemento fondamentale, perché dissolve il confine tra l'interno e l'esterno, tra l'opera e il mondo circostante. Non c'è più un limite netto tra la realtà dell'arte e quella quotidiana; l'installazione si fonde con lo spazio espositivo e con l'ambiente che la circonda. Questo effetto di permeabilità visiva richiama alla mente la capacità dell'arte di modificare la percezione del mondo, ma anche quella di alterare la visione tradizionale del ruolo della pittura e della scultura.
Il PVC trasparente, che nella sua leggerezza sembra quasi evanescente, è anche simbolico. L'artista, infatti, utilizza un materiale che non si impone come una barriera solida e rigida, ma che, al contrario, suggerisce fluidità e apertura, pur mantenendo un suo carattere distintivo. La Tenda, che appare come una membrana sottile, sollecita una riflessione sul concetto di confine: non un confine rigido e invalicabile, ma uno spazio che può essere attraversato, modificato, reso permeabile. La tenda, che di per sé è un oggetto che divide, ma che può anche essere aperta, diventa una metafora della possibilità di attraversare i confini, sia fisici che simbolici. In questo senso, Tenda non è solo una riflessione sulla pittura come superficie, ma un'indagine sullo spazio come luogo di interazione, di trasformazione e di sfida alle strutture di potere che spesso tendono a mantenere separati gli individui, le idee e le culture.
In effetti, la Tenda non è solo un’installazione visiva, ma un’opera che invita lo spettatore a partecipare attivamente all’esperienza artistica. Non c’è una separazione tra l’arte e chi la osserva: la Tenda è uno spazio che deve essere vissuto, attraversato, esplorato. L’esperienza sensoriale diventa il cuore pulsante dell’opera, che sollecita non solo la vista, ma anche il tatto, il movimento, e persino il corpo dello spettatore. Quest’ultimo non è più un osservatore distaccato, ma un attore che, entrando nello spazio dell’opera, modifica la sua percezione e il suo rapporto con l’ambiente che lo circonda. L’artista, in questo senso, non crea un’opera statica, ma una situazione dinamica, che mette in discussione la tradizionale fruizione dell’arte come un oggetto a cui si guarda da lontano.
Questa partecipazione attiva da parte del pubblico è ancora più significativa se la contestualizziamo nell’ambito delle riflessioni politiche e sociali che attraversano gli anni ’60. In quel periodo, infatti, l'arte non è solo un campo di sperimentazione estetica, ma anche un mezzo di espressione sociale e politica. Accardi, come molte altre figure della sua generazione, utilizza il suo lavoro per interrogarsi sul ruolo della donna nella società, sulle strutture di potere e sulla condizione di marginalità che la cultura dominante riserva alle voci alternative. La Tenda, in questo senso, non è solo un’opera che interroga la percezione dello spazio, ma anche una riflessione sul potere, sulle barriere che separano gli individui, e sulle possibilità di superamento di queste divisioni. La trasparenza della tenda non è solo un elemento formale, ma anche un invito a guardare oltre le apparenze, a scoprire ciò che spesso è nascosto, a mettere in discussione le strutture di dominio che ci separano dalla realtà.
L'artista, che aveva già affrontato la questione della condizione femminile attraverso il suo impegno personale e culturale, utilizza la Tenda come una sorta di rifugio, ma anche come una protezione, un atto di resistenza. La tenda rappresenta infatti una protezione dall’esterno, un ambiente in cui l’individuo può trovare rifugio dalle pressioni e dalle difficoltà del mondo, ma anche un luogo in cui rivelare e rendere visibili le contraddizioni e le lotte sociali. L’opera diventa così una risposta artistica a un mondo che, pur apparentemente trasparente, nasconde al suo interno forze opprimenti, ma anche la possibilità di resistenza e di liberazione.
La Tenda, in quest’ottica, non è solo un’installazione che riflette la realtà sociale e politica del tempo, ma anche un atto di impegno. Accardi, infatti, non si limita a esplorare l’aspetto estetico dell’arte, ma fa dell’arte un veicolo per interrogarsi sul ruolo dell’artista nella società e sulla funzione dell’arte stessa. Per l'artista, l'arte non è un prodotto autonomo e distaccato dalla realtà, ma un mezzo per portare alla luce le contraddizioni del mondo e per proporre nuove modalità di visione. Tenda diventa così uno strumento di trasformazione sociale e politica, che invita lo spettatore a non accontentarsi di guardare il mondo come appare, ma a guardarlo da una nuova prospettiva, che suggerisce nuove possibilità di lettura e di cambiamento.
La fotografia che ritrae Carla Accardi davanti alla Tenda, infine, non è solo una testimonianza di un momento espositivo, ma un’ulteriore riflessione sul rapporto tra l’artista e l’opera. L’artista non è più un creatore separato dall’opera, ma è parte integrante di essa. La sua presenza di fronte alla tenda, come un corpo che si fonde con l’opera, è un simbolo di un’arte che non è solo visiva, ma che è esperienza, corpo, movimento e interazione. In quest’opera, infatti, l’artista non è un osservatore esterno, ma diventa essa stessa parte di un processo in continua trasformazione, che coinvolge lo spettatore e l’ambiente circostante.
In conclusione, Tenda è una delle opere più complesse e significative di Carla Accardi, che segna non solo una rottura con le convenzioni artistiche del suo tempo, ma anche una riflessione profonda sul ruolo dell'arte nella società. Attraverso questa installazione, Accardi ha mostrato che l’arte può andare oltre le forme tradizionali, diventando uno strumento di esperienza, di riflessione e di trasformazione. La Tenda è un’opera che non solo sfida i confini dell’arte, ma che invita a interrogarsi sul mondo, sulla nostra percezione di esso e sulle possibilità di cambiarlo.