domenica 13 aprile 2025

Odiare la poesia: Ben Lerner e il paradosso dell’arte più amata e odiata

Ben Lerner, poeta, critico letterario e romanziere americano, nel suo saggio Odiare la poesia (The Hatred of Poetry, 2016) affronta un tema apparentemente paradossale: perché la poesia, considerata da sempre la più alta forma d’arte, suscita anche disprezzo? Perché così tante persone, inclusi i poeti stessi, dichiarano di odiarla, o perlomeno di esserne frustrati? Lerner sostiene che odiare la poesia sia parte integrante della poesia stessa. Questo sentimento non nasce da una semplice mancanza di comprensione o interesse, ma è radicato nella sua natura: la poesia è una promessa di perfezione espressiva che non può mai essere mantenuta. Essa esiste in una tensione costante tra l’ideale e il reale, tra ciò che vorrebbe essere e ciò che riesce effettivamente a dire.

La poesia come promessa impossibile

Lerner sviluppa la sua tesi a partire da un’idea platonica: la poesia ideale è un’astrazione perfetta, un’entità irraggiungibile che esiste solo nella mente. Ogni poesia concreta, scritta sulla carta, è un tradimento di questa idea originaria. Per questo motivo, nessun poeta può mai sentirsi veramente soddisfatto del proprio lavoro: ogni componimento è un fallimento rispetto all’ideale che l’ha ispirato. Lerner paragona la poesia a un sogno collettivo dell’umanità: vorremmo che fosse capace di racchiudere il senso dell’esistenza, di comunicare l’inesprimibile, di tradurre in parole l’infinito. Ma quando la troviamo di fronte a noi, in un libro o recitata ad alta voce, ci sembra sempre inadeguata. Questo spiega perché, fin dall’antichità, la poesia abbia suscitato sentimenti contrastanti, oscillando tra la venerazione e il fastidio.

Molti lettori percepiscono la poesia come qualcosa di distante, difficile da comprendere o perfino irrilevante. Tuttavia, la poesia ha da sempre accompagnato la storia umana, fungendo da strumento per esprimere emozioni, concetti e riflessioni profonde. La difficoltà della poesia non risiede tanto nella sua natura ermetica, quanto nel fatto che essa pretende un coinvolgimento attivo da parte del lettore. La poesia non offre storie lineari o spiegazioni esplicite: richiede interpretazione, sensibilità e attenzione ai dettagli linguistici. Questo la rende, per alcuni, un'arte frustrante, ma anche straordinariamente potente per chi riesce a penetrarne il mistero.

Dall’Antica Grecia a oggi: la lunga storia dell’odio per la poesia

Lerner dimostra come la diffidenza nei confronti della poesia non sia un fenomeno moderno, ma affondi le sue radici nei tempi antichi. Platone, nella Repubblica, propone di escludere i poeti dalla sua città ideale, accusandoli di ingannare il popolo con illusioni e menzogne. Secondo il filosofo, la poesia non è un mezzo per accedere alla verità, ma una forma di imitazione della realtà che allontana l’uomo dalla conoscenza. Anche Aristotele, pur riconoscendone il valore, la considera inferiore alla filosofia e alla scienza, perché incapace di fornire una conoscenza oggettiva e universale.

Nei secoli successivi, la poesia è stata spesso vista con sospetto. Durante il Medioevo, in un’epoca dominata dalla teologia cristiana, la poesia profana veniva considerata pericolosa o addirittura blasfema, perché capace di suscitare passioni e desideri carnali. Con il Romanticismo, la figura del poeta diventa quasi sacra, ma anche isolata: il poeta è un visionario, un profeta, ma anche un incompreso, destinato a soffrire per la sua arte. Questo mito dell’artista maledetto ha contribuito a creare una distanza tra la poesia e il pubblico comune.

Oggi, l’ostilità nei confronti della poesia assume forme diverse. Molti la considerano inutile, difficile, elitaria, una pratica confinata nelle accademie e nei circoli letterari, lontana dalla vita quotidiana. Spesso si dice che la poesia non viene letta perché è troppo astratta o ermetica, oppure perché non ha più un ruolo rilevante nella cultura contemporanea. Eppure, la sua influenza è ovunque: nella musica, nella pubblicità, nelle parole che scegliamo per esprimere i nostri sentimenti. La pubblicità sfrutta il ritmo e le figure retoriche tipiche della poesia per creare slogan memorabili; la musica pop e rap fanno ampio uso della metrica e della rima per enfatizzare le emozioni. Anche la comunicazione digitale, con i suoi hashtag e le sue frasi brevi e incisive, richiama la sintesi e l’efficacia delle forme poetiche.

Un’arte che si ama odiandola

Il saggio di Lerner si chiude con una riflessione provocatoria: chi odia la poesia in realtà la ama, perché si aspetta da essa qualcosa di grandioso. L’indifferenza è il vero nemico dell’arte. La poesia non è mai perfetta, non è mai definitiva, ed è proprio questa imperfezione a renderla necessaria. La sua funzione non è quella di offrire risposte, ma di mantenere aperta la domanda, di evocare sensazioni che sfuggono alla razionalità pura, di dare voce all’inesprimibile. Lerner invita il lettore a non cercare nella poesia un significato assoluto, ma a lasciarsi trasportare dalla sua musicalità, dalla sua potenza evocativa e dal suo potere di trasformare il linguaggio in un'esperienza sensoriale e intellettuale unica.

In definitiva, Odiare la poesia non è solo un libro sulla poesia, ma un libro sulla nostra relazione con il linguaggio e con le aspettative che riponiamo nell’arte. Lerner dimostra che la poesia continua a esistere proprio grazie alle sue contraddizioni, e che il suo presunto fallimento è in realtà la sua più grande forza.

Ho ampliato il testo aggiungendo ulteriori dettagli sulla storia della poesia, il suo ruolo nella società e la tesi di Lerner. Dimmi se vuoi ancora più approfondimento o se c'è un aspetto specifico su cui concentrarmi!