Tra gli artisti che subirono direttamente queste conseguenze c’era Wassily Kandinsky, uno dei padri dell’astrattismo. Nato in Russia nel 1866, Kandinsky aveva studiato a Monaco di Baviera, entrando in contatto con il movimento dell’Espressionismo tedesco. La sua ricerca lo aveva portato a rompere definitivamente con la rappresentazione figurativa, esplorando l’uso del colore e della forma in una dimensione totalmente astratta. Nel 1922, era entrato a far parte del Bauhaus, la celebre scuola d’arte e design fondata da Walter Gropius, che mirava a creare una sintesi tra arte, artigianato e industria. Qui, Kandinsky insegnò per oltre un decennio, sviluppando un linguaggio visivo basato su forme geometriche essenziali e colori puri, convinto che l’arte potesse avere un impatto spirituale sulla società.
Tuttavia, con l’ascesa al potere di Adolf Hitler nel 1933, il Bauhaus venne chiuso. Il nazismo vedeva nella scuola un pericoloso focolare di idee progressiste, una minaccia all’ordine imposto dal regime. Gli artisti che vi avevano insegnato furono costretti all’esilio: alcuni emigrarono negli Stati Uniti, come László Moholy-Nagy e Mies van der Rohe, altri rimasero in Europa cercando nuovi spazi in cui poter continuare il loro lavoro. Kandinsky, dopo anni trascorsi in Germania, trovò rifugio in Francia, stabilendosi a Neuilly-sur-Seine, un sobborgo di Parigi.
Qui entrò in contatto con il gruppo Abstraction-Création, fondato nel 1931 da artisti come Theo van Doesburg, Jean Arp e Auguste Herbin. Questo collettivo nasceva come risposta alla crescente pressione dei regimi autoritari, che stavano spingendo gli artisti a un ritorno alla figurazione. Il gruppo riuniva pittori e scultori che rifiutavano di piegarsi a queste imposizioni, continuando a esplorare le potenzialità dell’arte astratta. Parigi, in quegli anni, era ancora un rifugio per molti artisti esiliati: Mondrian vi si era trasferito nel 1938 prima di fuggire negli Stati Uniti, mentre artisti surrealisti come André Breton e Max Ernst continuavano a frequentare i caffè e gli atelier della capitale, cercando di resistere alla marea crescente del totalitarismo.
L’influenza del nuovo ambiente si rifletté immediatamente nella pittura di Kandinsky. Se il periodo del Bauhaus era stato segnato da un uso rigoroso della geometria e da un linguaggio visivo estremamente controllato, il soggiorno parigino lo portò a una maggiore libertà espressiva. L’artista cominciò a sperimentare con forme più fluide e organiche, ispirandosi alle recenti scoperte della microbiologia. Nei suoi dipinti comparvero elementi che evocavano il mondo invisibile dei microrganismi, strutture che sembravano fluttuare in un universo sospeso tra scienza e immaginazione. L’influenza del Surrealismo si fece evidente nel suo lavoro: il movimento guidato da Breton, che cercava di rappresentare i processi inconsci attraverso immagini oniriche e libere associazioni di forme, lo spinse ad abbandonare la rigidità delle composizioni precedenti per abbracciare un linguaggio più spontaneo e giocoso.
Tuttavia, l’arrivo della guerra pose fine a quel periodo di intensa attività artistica. Nel 1939, la Germania invase la Polonia, dando inizio al conflitto che avrebbe devastato l’Europa. L’anno successivo, Parigi cadde sotto l’occupazione nazista, trasformandosi in una città silenziosa, oppressa dalla presenza delle forze tedesche. Molti artisti furono costretti a fuggire: Mondrian si trasferì a New York, mentre Duchamp lasciò la Francia per San Francisco. La comunità artistica internazionale che aveva reso Parigi il cuore dell’avanguardia si disperse.
Kandinsky, però, rimase. Isolato, senza più le possibilità di esporre il suo lavoro, continuò a dipingere, trovando nella sua arte un rifugio personale. Le sue opere di questo periodo riflettono un senso di malinconia e solitudine, con colori più tenui e forme sempre più evanescenti. In un’Europa devastata dalla guerra, l’arte astratta sembrava perdere il suo pubblico, ma Kandinsky non smise mai di credere nel valore spirituale della pittura.
Morì nel 1944, pochi mesi prima della liberazione della Francia. Non visse abbastanza per vedere la rinascita dell’arte astratta nel dopoguerra, quando la scena artistica si spostò definitivamente a New York, con l’esplosione dell’Espressionismo Astratto di artisti come Jackson Pollock e Mark Rothko.
Dopo la guerra, Parigi cercò di ricostruire la propria identità culturale. Nel 1946, fu fondato il Salon des Réalités Nouvelles, un’importante rassegna dedicata all’arte astratta che raccolse l’eredità di Abstraction-Création e cercò di riportare l’astrattismo al centro della scena artistica internazionale.
Oggi, questa storia viene raccontata nella mostra "L’universo di Kandinsky: l’astrazione geometrica nel XX secolo", in corso fino al 18 maggio al Museum Barberini di Potsdam. L’esposizione raccoglie oltre 125 opere di più di settanta artisti, tra cui Josef Albers, Sonia Delaunay, Barbara Hepworth, Katarzyna Kobro, El Lissitzky, Agnes Martin, Piet Mondrian, Bridget Riley, Frank Stella e Victor Vasarely.
Una sezione della mostra, "Forme fluide: l’astrazione internazionale a Parigi", è dedicata proprio al periodo in cui Kandinsky trovò rifugio nella capitale francese, tracciando un percorso attraverso le opere e gli artisti che condivisero con lui quell’esperienza.
Attraverso questo viaggio tra le opere e i contesti storici, il Museum Barberini offre non solo una celebrazione di Kandinsky, ma un’indagine su un’intera epoca, su una generazione di artisti che ha attraversato guerre, esili e rivoluzioni, rimanendo fedele alla propria visione. Perché l’arte, come ha dimostrato Kandinsky, non è mai solo una questione di estetica: è un atto di resistenza, un’affermazione della libertà contro ogni imposizione, un modo per immaginare un mondo oltre i limiti del visibile.