Avanza, come se ogni passo fosse un atto di devozione, una resa necessaria. Lo sguardo è denso di attese, gli occhi portano dentro il peso delle cose taciute. Qui, in uno di questi luoghi smarriti, egli torna a cercare il segno nascosto, quell'eco lontano che riecheggia ancora, un riverbero persistente, il richiamo di una colpa, forse, o di una promessa infranta. Si muove come se il pavimento fosse cosparso di fragili specchi, e ogni frammento riflettesse parti di sé da cui non riesce a fuggire.
L’aria è satura, impregnata di fumo e di polvere, intrisa del respiro delle anime perdute che ancora vi vagano, e delle preghiere mai dette, un silenzio che racchiude tutto il peso delle cose irrisolte. Due squilli tremano nell’aria, prima di affondare nell’abisso del silenzio; sembrano spezzarsi come onde, lasciando solo l’eco dell’assenza. La sua figura si staglia come un’ombra scolpita dal tempo, una figura fragile eppure densa, che porta con sé il peso di un nome e di una storia, come una lama nascosta sotto il petto.
Il suo volto è velato da pensieri che nessuno saprebbe decifrare; porta i suoi medicamenti come reliquie, e a ogni passo sembra che un’antica piaga si riapra, pulsante, richiamandolo al segno sprofondato del padre. Eppure, ogni movimento sembra un rito, un sacramento che rinnova un legame lontano, quella linea spezzata, ma ancora viva, che lo riporta indietro, alla radice del suo destino.
Sotto la patina delle cose, sotto la pelle delle apparenze, si distende una terra di silenzi, di crepe profonde in cui risuona il senso della sua visita. È venuto a cercare un progetto, una ragione, la scintilla che lo riporta a sé stesso. Ogni oggetto, ogni angolo sembra offrirgli uno specchio oscuro, in cui riflettersi e perdersi ancora.
Ed è in questo perdimento che forse trova pace, come se la ricerca stessa, vana, fosse la sua unica certezza.