L'universo, immenso e insondabile, non è altro che il grande sipario del mistero. Ciò che l’uomo chiama “mondo” è un palcoscenico di forze incomprensibili, un mosaico frammentato dove ogni tassello si collega ad altri in un ordine che sfugge alla logica del pensiero umano. Non è il mondo a essere assurdo: esso semplicemente è. Vibra nella sua autonomia muta, nell’indifferenza glaciale delle stelle e nel ciclo senza fine della nascita e della morte. È la macchina eterna, il meccanismo che si ripete e si consuma senza una parola, senza un grido.
L'assurdo, dunque, non risiede nelle cose, ma nel cuore dell'uomo, che a quelle cose si avvicina con il suo bagaglio di sogni, di speranze, di richieste. Qui nasce il conflitto, qui il dramma: l’uomo, fragile creatura plasmata da un desiderio insaziabile di chiarezza, si trova davanti a un universo che non risponde, che non concede mai ciò che gli viene chiesto. È uno specchio nero in cui egli proietta la sua sete di senso, ricevendo in cambio solo il riflesso del proprio silenzio.
Ogni uomo porta dentro di sé un richiamo irresistibile, un’urgenza bruciante: conoscere, comprendere, dominare l’oscuro. Questo desiderio non è un vezzo né un capriccio, ma una ferita primaria dell’essere, un fuoco che divora dall’interno e che alimenta ogni pensiero, ogni azione, ogni parola. Si tratta di una sete primitiva, il grido di una creatura finita che anela all’infinito, il tormento di un’anima chiusa nei limiti della carne e del tempo che osa alzare lo sguardo verso ciò che è eterno e intangibile.
Eppure, l’universo non offre risposte. Non c'è dialogo, ma solo uno stridente contrasto. L'uomo, in tutta la sua debolezza, tenta di avvicinarsi alla verità con le sue fragili armi: la ragione, il linguaggio, l'immaginazione. Ma ogni volta viene respinto, come un naufrago che, aggrappato a un relitto, vede le onde strappargli via ogni appiglio. Le sue domande, i suoi sforzi per dare ordine al caos, non trovano eco. Il cielo rimane muto, le stelle inaccessibili, la natura indifferente. Qui si manifesta l’assurdo, in questo vuoto tra la fame di senso dell’uomo e l'impassibilità del reale.
Ma in questo scontro titanico non c'è solo dolore; c'è anche una bellezza crudele, una grandezza che non si può ignorare. L'uomo assurdo non è un semplice sconfitto, un essere spezzato dalla contraddizione: egli è anche un eroe, un poeta che sfida l’eternità con il canto, pur sapendo che quel canto svanirà nel nulla. La sua ribellione contro l’assurdo diventa il suo trionfo, il marchio della sua unicità. Egli sa che non esiste verità assoluta, eppure continua a cercarla; sa che il suo desiderio di chiarezza è destinato a rimanere inappagato, eppure lo abbraccia con tutto se stesso.
Vivere l’assurdo non significa rinunciare alla ricerca, ma accettare il paradosso, danzare nel suo cerchio di fiamme. È la condizione dell’uomo moderno: un eterno viandante, un errante che cammina tra le macerie di un mondo senza senso, ma che proprio in quelle macerie trova il coraggio di costruire la propria essenza. Questo è il suo destino, il suo martirio e la sua gloria: un perpetuo confronto tra l’oscurità del mondo e la luce inesauribile del suo spirito.