venerdì 22 novembre 2024

Mi sono guardato negli occhi


Mi sono guardato negli occhi, e in quel momento ho sentito una spaventosa vertigine, come se il mio sguardo fosse diventato una prigione da cui non sarei più riuscito a fuggire. Non c’era nulla di poetico né di elevato in quella visione, ma solo un oscuro vuoto che sembrava avvolgermi, accogliermi e consumarmi lentamente. Quella che avrei voluto fosse una rivelazione è diventata una condanna. Lo specchio degli occhi, così pulito, così chiaro eppure tanto ingannevole, ha restituito solo la distorta figura di un’anima perduta. Gli occhi, da sempre il rifugio di ogni segreto, non sono altro che una menzogna che l’anima si racconta per non vedere la propria finitezza. Mai prima di quel momento avevo visto tanto chiaramente l’inganno che ogni riflesso porta con sé, come se lo specchio fosse la ragnatela che avvolge ogni speranza di salvezza, un rifugio solo apparente, che si dissolve non appena vi ci si immerge troppo profondamente. Il mio sguardo, fissato a lungo nella propria pupilla, ha smesso di essere il mio e si è fatto qualcosa di estraneo, un punto di contatto con l’inferno che è la carne umana, l’abisso che pulsa al di sotto di ogni apparenza.

L'acqua degli occhi, solitamente placida e tranquilla, si è trasformata in un fango vischioso, che mi ha risucchiato nell’abisso senza che potessi reagire. Non c’era alcuna luce, alcuna risposta a quello sguardo che mi sembrava perdersi in una spirale infinita. Non esistevano rivelazioni divine, nessun messaggio di salvezza. Solo una distesa grigia, indistinta, senza nome, che assorbiva ogni pensiero, ogni speranza, come il mare che inghiotte le navi senza lasciare traccia. L’illusione di scorgere in quei profondi abissi un segno, una scintilla, una traccia di un sé perduto è svanita, perché ciò che si è mostrato è stato solo il vuoto, il punto cieco di un universo che si autodistrugge nella sua stessa assenza. Non vi era Dio in quello specchio, ma solo la macchia di un io che si dissolveva nell’oscurità senza forma. Non la visione di una verità trascendente, ma il riflesso di un'anima che non ha mai smesso di perdersi.

Sotto quel velo liquido, dove ogni pensiero si dissolveva senza lasciare traccia, ho visto solo l’ombra di un essere che da tempo non ha più un volto, che da tempo è solo un ricordo sfocato di qualcosa che non è mai stato veramente mio. Quel bambino che, immobile, continua a sopravvivere in me, come un virus che non muore mai, che non ha mai smesso di chiedere, di desiderare, di implorare un amore che non ha mai conosciuto. Quel bambino che non cresce mai, che si nutre della sua stessa miseria, che ripete senza fine il suo stesso grido, il suo stesso desiderio, come un riflesso stanco che si ripete all'infinito, senza che nessuna risposta arrivi mai. Non è innocenza, quella che vedo nei miei occhi, ma un'abissale e sterile speranza che continua a germogliare, come una pianta che non ha radici, che non può crescere, ma che non smette mai di estendere le sue foglie verso il cielo che non la accoglierà mai. L’innocenza è stata tradita da un lungo, inesorabile processo di disillusione, e al suo posto c’è solo il rimpianto che si fa carne, che si fa peso.

L’ombra di quel bambino non è altro che la traccia di un desiderio mai appagato, che non trova sollievo nemmeno nel tempo, che si ripete sempre uguale, uguale alla sua stessa inutilità. C’è qualcosa di crudele in quel desiderio, qualcosa che si nutre della propria vanità, una fame che non può essere placata, ma che non smette mai di rodersi. Lo specchio, che dovrebbe restituire il volto dell’anima, ha mostrato solo il riflesso di una sofferenza che non ha mai smesso di esistere, come una cicatrice che non guarisce mai, che non può guarire. Un amore ormai mummificato, come una lettera ingiallita che nessuno leggerà più, una promessa vuota che rimane sospesa nell’aria, ignorata dal mondo, ma che il cuore non smette mai di invocare. L’eco di un amore che non ha mai trovato forma, che non ha mai trovato respiro, ma che continua a vibrare nel silenzio delle mie ore morte.

Mi sono guardato e ho visto il riflesso di un uomo che, pur avendo smesso di cercare, non riesce a liberarsi del suo desiderio, che si fa cenere e si riaccende ogni volta, come il fuoco che arde senza mai consumarsi. Non trovo più nulla di mio in quella figura, solo la polvere di un passato che non si lascia dimenticare, l'immagine sbiadita di un sogno che non è mai stato. In quegli occhi, che un tempo erano specchio di gioia, ora c'è solo il terrore di guardarsi troppo a fondo, perché non c'è mai nulla di consolante nell'abisso. Ogni tentativo di scrutare l'anima mi risucchia più in basso, ogni ricerca di verità mi porta più lontano dalla luce. In quella profondità non c’è salvezza, ma solo il riflesso di una solitudine che non finirà mai. L’amore è scomparso, ma la sua ombra continua a seguirci, come un peso invisibile, un’angoscia che non ci lascia mai. Il mio volto, ora sconosciuto a me stesso, è solo un riflesso di un desiderio che non ha mai smesso di implorare, di bruciare. Ma nessuna risposta verrà mai da quelle acque oscure.