Nella Parigi della Belle Époque, tra i vapori di caffè e gli sfarzi dorati delle sale d'arte, il pittore Claude Zoret vive una vita di lussi e acclamazioni. Al suo fianco c’è Mikaël, il giovane ceco dai lineamenti delicati e dall’innocenza seducente, che lui ha preso sotto la sua ala come un protetto, un figlio, un amante. Mikaël è al tempo stesso il suo modello, la sua musa, e un enigma che Claude non sa più risolvere.
Ma ahimè, la perfezione è sempre fugace. L'equilibrio viene incrinato quando Mikaël si lascia catturare dai modi aristocratici e dagli occhi gelidi di Lucia Zamikov, una principessa russa affascinante e impenetrabile. Come un veleno, l’amore per Lucia si insinua nel cuore di Mikaël, e l’idillio tra il pittore e il giovane si sgretola, lasciando Zoret a dipingere non più il volto della bellezza, ma quello della perdita e della malinconia.
Dietro le quinte di questo dramma c’è Herman Bang, l’autore. Dandy danese e giornalista senza peli sulla lingua, Bang sa qualcosa su cuori infranti e passioni irraggiungibili. Nato su una piccola isola danese, ha visto la sua famiglia dissolversi nella follia e nella malattia, tragedie che segnano profondamente la sua vita e la sua opera. Si trasferisce a Copenaghen per studiare, ma l’università è solo una parentesi breve; ben presto l’arte lo reclama e lui si getta tra le braccia del teatro, prima come aspirante attore, poi come osservatore spietato della società.
Il romanzo "Haabløse Slægter" (Famiglie senza speranza), scandalo della letteratura danese, mette subito Bang sotto i riflettori. A poco servono le censure e gli scandali: le sue storie diventano sempre più audaci, raccontando vite dimenticate, desideri non detti e dolori sommessi. È qui che brillano i suoi racconti di "esistenze tranquille," vite che si consumano nel silenzio, donne sole e amori repressi, come la giovane moglie di un capostazione in "Ved Vejen," prigioniera di un matrimonio arido, o Tine, tragica eroina della guerra con la Prussia.
E poi c’è "Mikaël," il romanzo del 1902 ispirato al tormento dell’artista e del suo allievo, riflesso delle passioni inquiete che attraversano la vita di Bang stesso. Il romanzo ispira il cinema e affascina registi come Mauritz Stiller e Carl Theodor Dreyer, che con "Michael" del 1924 danno vita sullo schermo a quell’intreccio di desideri e rinunce.
Bang, gay in una Danimarca dove essere se stessi non era un’opzione, è un’ombra inquieta nella società del suo tempo, acclamato e isolato, circondato da scandali e incomprensioni. La sua vita, come i suoi personaggi, è una danza di perdite e passioni mai pienamente accolte.